Recensione Max Payne 3


Dalla neve al sole

Le strade grige del New Jersey, con la pioggia o la neve, erano i luoghi che si sposavano con l’animo freddo e senza scrupoli del primo Max. In questo terzo capitolo invece prendono il posto le calde e assolate giornate brasiliane con le luci della notte e la musica elettronica in discoteca. Le ambientazioni, sebbene si provava un certo timore per la loro scelta, sono invece inserite degnamente nel contesto della storia, tanto che difficilmente potrete vedere robe simili in altri titoli.

Il motore Euphoria, unito al engine Rage, è stato potenziato in modo incredibile e la sua capacità di mostrare su schermo una grande quantità di poligoni ben renderizzati e con texture in alta definizione, a cui si aggiungono effetti di ogni genere, come fiamme, neve, piggia, e particellari convincenti, così come le animazioni dei personaggi, lascia molto spesso a bocca aperta. Il framerate è abbastanza solido, ancorato ai 30fps nella maggior parte dei casi mentre in rari momenti perde qualche colpo. La versione Playstation 3 ha il medesimo neo, solo che lascia comparire questo calo in altri momenti, soprattuto nelle scene all’aperto. In entrambi i casi siamo di fronte ad una grande gioia per gli occhi. Se poi a questo si aggiunge un certo tasso di distruttibilità, il piatto è servito.

Impressionante notare come la gestione fisica di ogni colpo a segno provoca un diverso comportamento del corpo. Così come le animazioni dei movimenti di ogni personaggio, ricche di varietà e soprattutto senza discontinuità, lasciando sbalorditi proprio per il fatto di vedere movimenti realistici.

Ogni ambientazione non è mai trascurata. Lo studio Rockstar si è impegnata a curare i particolari e a renderli vivi, soprattuto le fasi di gioco nelle “favelas”, che denotano il massimo per impatto visivo di tutta la produzione. Non è possibile girare e muoversi a piacimento. Si passa da un punto ad un altro passando tra contesti di estensione variabile. Certo non sono stretti corridoi ma nemmeno ampie mappe, anche perché lo ricordiamo non è un free-roaming. Per invogliare a girare in lungo e in largo, gli sviluppatori hanno disseminato varie oggetti che è possibile esaminare come giornali, foto, statue, ecc., o raccogliere come i pezzi di armi in oro, i quali, una volta trovati, fanno mostrare l’arma cromata d’oro. I volti riescono da soli a far capire gli stati d’animo dei personaggi, proprio il sudore visibile sul volto di Max fa capire ad esempio quando la tensione sta salendo.

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La componente sonora è ben realizzata con effetti audio diversi per ogni bocca di fuoco, rumore di vetri infranti, urla dei malcapitati e così via. Le musiche sono splendide anche se poche. Un arsenale non vastissimo, ma certamente reso credibile dall’effetto audio che dal rinculo dell’arma. La colonna sonora infatti non contempla molti brani, ma riescono ugualmente a sposarsi alla grande con la scena che si vive in quel momento. Un brano in particolare è stato eseguito da un rapper brasiliano e la si ascolta durante la visita alle “favelas”, mentre per il resto della storia, il tappeto musicale del tema principale e di altre due diverse sfumature, conducono il giocatore a fondersi con le angoscie e le paure di Max. Il tema è stato eseguito dal gruppo Hayden, sfruttando molto il suono stridulo dei violini, come ad accostarlo al lento lamento dell’anima dannata di questo ex poliziotto in cerca di redenzione.

Peccato per la mancanza del parlato in italiano che conferma il tallone d’Achille delle produzioni Rockstar, ostinate a lasciare solo quello originale. La perdita dei dialoghi in italiano costringe quindi a leggere i sottotitoli che appaiono lunghi (anche più di un frase su due righe è inaccettabile) e per giunta di colore grigio quando si tratta di riportare i pensieri del protagonista, divenendo in questo ultimo caso molto difficili da decifrare.

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