Recensione Roots of Insanity

Follia mentale.

Versione testata: PC.

Il genere horror, si sa, è ormai saturo da qualche tempo e, in termini di indie, sono pochissimi gli sviluppatori che riescono ancora a realizzare titoli in grado di offrire un’esperienza quantomeno degna di atmosfera e gameplay ad hoc. Spesso, molti team indipendenti tendono a creare giochi horror che adottino la “semplice” ma efficace formula di Outlast, puntando quindi sull’esplorazione di ambienti cupi e sui jump scares; con il tempo, però, questa “moda di massa” ha portato il mercato videoludico ad ospitare titoli indie horror fin troppo simili tra loro che propongono la solita minestra riscaldata decine e decine di volte, con il risultato di avere quasi l’impressione di ritrovarsi sempre lo stesso prodotto fra le mani, solo cambiato di qualche virgola.

In questa categoria rientra anche Roots of Insanity, realizzato dal team Crania Games: il titolo, di per sé, avrebbe potuto avere il potenziale (seppur minimo) di “svettare” su tanti altri suoi colleghi, ma purtroppo l’idea di fondo si è presto rivelata abbastanza superficiale e di scarsa qualità per riuscire ad intrattenere a dovere.

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Ospedale o manicomio?

Il gioco inizia con un brevissimo prologo utile ad introdurre la trama e il ruolo del nostro protagonista che risponde al nome di Riley McClein, uno sfortunato medico che ha perso la madre anni addietro e che soffre di epilessia. Dopodiché, verremo catapultati direttamente nel nostro studio situato all’interno di quello che dovrebbe essere un ospedale, ma l’ambientazione decisamente tetra e decadente ricorda più uno scantinato degli orrori.

Da questo momento avrà inizio la nostra avventura, che si è rivelata piuttosto breve dato che abbiamo terminato il gioco in appena 2 ore senza andare di fretta, esplorando pertanto gli ambienti proposti in cerca di una decina di documenti che fungono da collezionabili, sebbene siano praticamente fini a sé stessi e l’utilità principale è quella di allungare (di poco) il brodo. La trama, se sviluppata in modo più adeguato e approfondito con personaggi di un certo spessore, avrebbe potuto suscitare anche un discreto interesse, ma già dopo una mezz’oretta è facile comprendere dove voglia andare a parare, scadendo rapidamente nel dejà-vu.

screen 4In termini di gameplay, purtroppo la situazione non migliora: il nostro unico obiettivo, a conti fatti, sarà vagare per cupi corridoi e stanze generalmente scarne e prive di oggetti utili fino al termine del gioco, niente di più e niente di meno, e non ci saranno nemmeno enigmi o boss a rendere più interessante il tutto. La nostra esplorazione dell’ospedale verrà presto “vivacizzata” dalla presenza di zombi praticamente tutti identici che possono fregiarsi di una I.A. insufficiente, al punto da risultare quasi inoffensivi a difficoltà Normale. Non avremo bisogno di armi particolarmente potenti per eliminarli, in quanto basterà sempre colpirli una volta con il coltello, indietreggiare leggermente per evitare il loro attacco e ripetere il tutto. L’unica arma da fuoco che avremo a disposizione (e solo in un paio di occasioni) sarà una pistola, che però si rivelerà essere superflua e abbastanza imprecisa a medio raggio. Il problema è che non c’è alcuna ragione per utilizzarla, in quanto i nemici possono essere abbattuti facilmente con un’arma bianca. Molto particolare, inoltre, è la gestione di questo poverissimo arsenale: se vogliamo servirci del coltellino, saremo costretti a giocare in prima persona come, effettivamente, è stato pensato il titolo, mentre per impugnare la pistola saremo forzati a subirci la terza persona. E sì, “subire” è il verbo esatto, in quanto gli spari sono letteralmente un pugno negli occhi: niente fuoco dalla canna, niente rinculo, nessuna animazione; spegnendo le casse/cuffie, pare di avere un’arma giocattolo. E per illuminare le zone buie, indovinate un po’, potremo fare affidamento su niente di meno che… una telecamera. Vi ricorda qualcosa?

Tecnicamente, Roots of Insanity non sarebbe nemmeno male: il motore grafico utilizzato è l’Unreal Engine 4 e, nonostante non sia stato proprio sfruttato al massimo, è molto ben ottimizzato e fluido, in quanto con un AMD FX-8350, una R9 380 da 4GB e 16 GB di RAM abbiamo avuto modo di giocare stabilmente a 60 fps con settaggi impostati su Ultra (sebbene il titolo non richieda una configurazione hardware particolarmente potente per essere giocato in modo degno). Il problema, purtroppo, sta nella presenza di parecchi bug/glitch o sbavature che minano abbastanza pesantemente l’esperienza di gioco, uno dei quali è proprio la totale assenza di animazioni per la pistola. Per quanto concerne il comparto audio, gli effetti sonori sono di buona fattura e la soundtrack contribuisce, nei limiti, a trasmettere un leggero senso di ansia e terrore, che purtroppo svanisce presto per i motivi sopra citati.

Commento finale

Roots of Insanity, in fin dei conti, si lascia giocare ed è un titolo indie horror che, per una decina di euro, saprà trasmettere qualche brivido ai più sensibili. Purtroppo, però, anche i ragazzi di Crania Games si sono lasciati influenzare dalla “febbre di Outlast”, realizzando l’ennesimo gioco che ne eredita buona parte del gameplay e sa troppo di dejà-vu. I pochi nuovi elementi introdotti, inoltre, avrebbero potuto rendere leggermente più interessante l’esperienza ma non sono stati sviluppati a dovere, con tutto ciò che ne consegue, e la longevità è ridotta ad appena due ore. Dalla sua parte, Roots of Insanity vanta un discreto comparto tecnico che può contare sull’Unreal Engine 4, che sebbene non sia stato sfruttato al massimo delle sue capacità offre un’ottima ottimizzazione. Insomma, un maggiore periodo di incubazione avrebbe perlomeno dato modo di organizzare meglio le idee.

Pro Contro 
– Tecnicamente discreto
– Riesce a trasmettere qualche brivido, seppur raramente
– Molto breve
– Gameplay povero
– L’ennesimo clone poco riuscito di Outlast
  Voto Globale: 55 
 
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