Le dieci domande e i tre giuristi, a quando le tre campanelle in piazza Garibaldi?

Probabilmente la questione interessa a pochissimi cittadini, quando mi riferisco a pochissimi cittadini, parlo del 10 % degli italiani, che tradotti in cifre significa, con grossa approssimazione, circa sei milioni di italiani.

A me interessa per niente, ma prima che vi affrettiate a dire “allora perchè ne parli”?, vi risponderò nell’unico modo che mi viene in mente: in questo paese se non si parla di Berlusconi non si esiste, il peggio è che sembra ormai un virus che ha attecchito sull’intera società, dallo strato più basso a quello più in alto e sù ancora. A questo punto vi starete chiedendo, paventando per me un’accenno di follia post-vacanza, a cosa mi riferisca o più correttamente a quale delle innumerevoli atrocità commesse dal premier mi stia riferendo. Non vi terrò sulle spine, non sono così matto da pensare che continuiate a sprecare il vostro prezioso tempo a leggere le farneticazioni di tutti coloro i quali continuano a chiedersi se il Presidente del Consiglio alla veneranda età di settant’anni vada ancora a letto con donne avvenenti, se lo faccia ‘pro bono’ oppure pagandole, se sia possibile o no che intrattenga relazioni con ragazze giovanissime a decine di chilometri di distanza e senza che la zelante stampa italiana, la cui professionalità proprio non si discute, abbia mai sospettato nulla, cosicché improvvisamente, spunta la ‘letizia’ di turno.

Non sono nella condizione di discutere le scelte editoriali dei grandi quotidiani di questo paese, ma non posso esimermi dal notare che la gente ama il pettogolezzo più di ogni altra cosa, a ben vedere i grandi uomini politici dell’ultimo periodo, rectius i più popolari, sono quelli più addentro alla spirale del gossip: il periodo di Sarkozy e la bella Carlà, Zapatero e la questione dei matrimoni tra persone dello stesso sesso, l’elezione del presidente americano Obama (checchè se ne dica è stato anche quello un grande circo mediatico, la curiosità per il primo presidente nero era tantissima, forse superiore alle aspettative del cambio di governo, si vendevano migliaia di copie per ogni piccola sciocchezza, dai vestiti della moglie Michelle alle nuove scuole dei bambini, se non fosse così è difficile spiegarsi perchè proprio in questi giorni, il Giappone, la seconda economia del mondo, che ha eletto il primo ministro Hatoyama dopo circa cinquant’anni di dominio incontrastato del partito conservatore, non è stato degnato minimamente dell’interesse della stampa mondiale se non per i banali servizi di rito).

D’accordo andiamo vengo al sodo, mi sembra assolutamente giusto che ciascuno impieghi il proprio tempo a leggere di gossip e di questioni irrilevanti per la vita collettiva del paese, ma quando questo lo fanno tutti i principali media del paese, a cui per inciso concorriamo tutti a causa dei copiosi contribuiti che eroga il sistema, specialmente in un periodo di crisi, un pò le scatole girano. Non tanto e non solo perchè lo fa Annozero e Repubblica, ma quando a tutto ciò si accodano persone di grandissimo valore e a cui dovrebbe andare la stima indiscussa per il lavoro svolto al servizio del diritto e del paese, in tutta sincerità non si rinviene più il bandolo della matassa. Cercherò di farvi comprendere meglio a cosa mi riferisco.

Avete mai letto le dieci domande di Repubblica al presidente Berlusconi a seguito dell’affaire Noemi Letizia? Se non lo avete fatto siete tra quei pochi a cui non interessa un fico secco dei problemi realmente importanti della vita di questo paese quindi ve le mostro:

 

[Ve le rispondo io, così vi sentite soddisfatti: 1) Me lo hanno presentato, qualche anno fa, ho settant’anni ricordo poco, chiedetelo al mio assistente guarda sull’agenda e ve lo dice; 2) Come sopra, sicuramente tre o quattro volte; 3) Politiche ed economiche e poi è una persona simpatica; 4) Se si discutessero le candidature solo con i membri dei partiti il lavoro dei leader mondiali sarebbe circa un decimo di quello che è; 5) Quando me l’ha presentato il padre; 6) Quando me l’ha presentata il padre e alla festa di 18 anni; 7) Mi occupo della mia famiglia, non mi occupo del futuro di Noemi in particolare, ma del futuro dei giovani italiani in generale quando sono al governo; 8) No, ma se lo avessi fatto, l’ho fatto già diverse volte perchè nelle mie aziende faccio lavorare chi mi pare, in poltiica invece già ci sono i figli dei figli e i nipoti dei nonni, quindi se la aggiungo non faccio un torto a nessuno; 9) Quando ci sono problemi di eredità si può dire di tutto; 10) Guardate la precedente, aggiungo che la cura potrebbe essere qualche scelta patrimoniale a favore dei suoi figli.]

Ora, a presindere dal contatore “stile fine del mondo” a cui Repubblica ha pensato bene di fare ricorso per mostrare da quanti giorni queste domande difficilissime non sono state risposte, quello che sconcerta è che le stesse domande sono state riprese dai media di mezzo mondo senza che nessuno si sia degnato di provare a risponderle, e senza che nessuno, e dico nessuno, abbia mai paventato l’assurdità di tali domande. Ma è ovvio è una provocazione! Allora perchè continuare ad aggiungere a queste dieci sciocche domande altrettante sciocche domande tanto da provocare un’azione giudiziaria e poi dolersi di essa? (prima di continuare vi elenco le nuove 10 domande):

 

L’APPELLO DEI TRE GIURISTI

L’attacco a “Repubblica”, di cui la citazione in giudizio per diffamazione è solo l’ultimo episodio, è interpretabile soltanto come un tentativo di ridurre al silenzio la libera stampa, di anestetizzare l’opinione pubblica, di isolarci dalla circolazione internazionale delle informazioni, in definitiva di fare del nostro Paese un’eccezione della democrazia. Le domande poste al Presidente del Consiglio sono domande vere, che hanno suscitato interesse non solo in Italia ma nella stampa di tutto il mondo. Se le si considera “retoriche”, perché suggerirebbero risposte non gradite a colui al quale sono rivolte, c’è un solo, facile, modo per smontarle: non tacitare chi le fa, ma rispondere. 

Invece, si batte la strada dell’intimidazione di chi esercita il diritto-dovere di “cercare, ricevere e diffondere con qualsiasi mezzo di espressione, senza considerazioni di frontiere, le informazioni e le idee”, come vuole la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948, approvata dal consesso delle Nazioni quando era vivo il ricordo della degenerazione dell’informazione in propaganda, sotto i regimi illiberali e antidemocratici del secolo scorso.

Stupisce e preoccupa che queste iniziative non siano non solo stigmatizzate concordemente, ma nemmeno riferite, dagli organi d’informazione e che vi siano giuristi disposti a dare loro forma giuridica, senza considerare il danno che ne viene alla stessa serietà e credibilità del diritto.


Franco Cordero

Stefano Rodotà

Gustavo Zagrebelsky

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Carmine Iovino
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In rete: TUTTOLOGO // Appassionato di Videogames e NERD tourettico // Nella vita: Avvocato Penalista

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