Perché Gigi D’Alessio? Intervista agli autori di Zannablù

Quattro chiacchere con i Dentiblu, che ci hanno svelato il “segreto del nome”! Ah… (cit.)

Saremo sinceri: quando Star Comics ci ha proposto di intervistare i Dentiblù la nostra reazione iniziale è stata molto biblica: “Mi hai chiamato, eccomi!”. Nel momento in cui ci hanno rivelato che sarebbe stata solo un’intervista a distanza, però, il nostro entusiasmo è scemato ed il primo commento è stato: “Ah…” Eppure, superata la delusione iniziale per non poter incontrare Barbara di persona, i suoi interventi su queste “pagine” sono stati tanto interessanti ed illuminanti da farci chiedere come abbiamo potuto dubitare, anche solo per un momento, della bontà di questo e-meeting. Ah.. sì certo, anche quelli di Stefano sono stati buoni… sì.

ThePorkingDeadInsomma, scherzi a parte il loro ultimo lavoro, The Porking Dead, ci ha tenuti con un sorriso da ebeti sulla faccia dalla prima all’ultima pagina e le loro risposte in questa lunga intervista non sono state da meno.

Ora bando alle ciance e mano ai caffè: dopo questa introduzione inutile che ci siamo sentiti in dovere di scrivere solo per giustificare il nostro “stipendio”, visto che non abbiamo dovuto metter penna su un’intervista che si è praticamente scritta da sola, vi presentiamo Biondone76 (?!?) e BellaTopolina, in arte Dentiblu!

Partiamo con le dovute presentazioni: i Dentiblù dopo 14 anni sono ormai noti, sia come autori che come editori. Chi sono però le persone dietro questo nome? Qualche informazione la si può trovare in rete e sugli albi, ma c’è qualche “segreto” che potete svelare in esclusiva ai lettori di 4News? Etimo del nome (o ipotesi etimologiche con annessa storia su un classico bar-ritrovo, cliché biografico di ogni collaborazione artistica), ruoli nella creazione del fumetto (chi si occupa del disegno e chi della sceneggiatura?), aneddoti su periodi difficili superati grazie a, non so, un cinghiale che vi ha attraversato la strada… Sbizzarritevi pure senza preoccuparvi della lunghezza della risposta, non abbiamo i vincoli della carta stampata.

Oh mamma, siamo naturalmente portati alla logorroicità, ma dopo la quinta parola già ci sembra di sentire il rumore delle mandibole dei lettori che si spalancano per sbadigliare. Ma per sbizzarrirci possiamo provare col format “le dieci curiosità sui Dentiblù”. E un bel caffè forte per i lettori.

dentiblu1) Chi siamo? “Un uomo e una donna” è un po’ generico. “Due coniugi” fa troppo personale. “Una coppia artistica” ci fa montare la testa. “Stefano e Barbara” può andare quasi bene. Un amico, anni fa, ci definì “un branco di pazzi” anche se siamo solo in due e, se non si vuole, è un modo piuttosto azzeccato, nonostante a volte ci incravattiamo (Stefano, non Barbara, che al più si mette gli orecchini) e ci fingiamo persone serie per fare i creativi fighi delle multinazionali buone o gli editori navigati nel mare in tempesta della distribuzione italiana. Ecco, andiamo sul “branco di pazzi”. Ma non ditelo ai nostri committenti.

2) L’etimo del nome ci viene chiesto sin dalle nostre primissime comparse in pubblico. No, per carità, non intendiamo svilire la domanda, anzi… è forse una delle prime che vengono in mente. Peccato che le volte che abbiamo dato la risposta seria abbiamo notato sguardi fissi, sorrisi morenti e voci che pronunciavano con secca mestizia il termine “Ah.” Preferiamo ricordare piuttosto quando un Maestro del fumetto italiano, di cui non facciamo il nome perché altrimenti sembra che ci vogliamo gloriare di aver condiviso con lui simposi e vacanze romane, ci disse “Dentiblù. Complimenti, è un nome che si fa ricordare.” Al che rispondemmo qualcosa tipo “Ma grazie, Giorgio, è davvero un onore che il re di topi e paperi ci faccia un simile complimento”. Però non vi diciamo chi era.

3) Ok, sappiamo che siete delusi se non ci siamo sbottonati neppure un po’ con l’etimo del nome. Sapete cosa? Ve lo diciamo. Così imparate una buona volta a chiedercelo. Allora… taaanto tempo fa non esisteva l’internet se non nelle basi militari e/o nei laboratori degli scienziati e/o fra i geek più geek del mondo, ma la gente voleva comunque rimorchiare stando seduta comodamente in una poltrona o al bar-ritrovo (lo volevate? Eccolo!) e alcuni locali si dotarono dunque dei vintagissimi “Videotel”. Qualche anno dopo si sarebbe parlato di chat, ma allora non ci si poneva neppure il problema. Ebbene, ancora sotto le mentite spoglie di Stefano e Barbara, mentre sgranocchiavamo noccioline o alzavamo il gomito con qualche invereconda bibita semi-alcolica, ci divertivamo a imperversare su quelle chat svolgendo il ruolo che oggi si potrebbe tranquillamente definire “troll”. Quindi, in mezzo a nickname che da soli volevano essere avances in bianco destinate a tutto l’altro sesso, ne avevamo scelto uno con l’intento di spiazzare. Andò a finire che accanto a Biondone76 o OcchiBlu o BellaTopolina, iniziò a comparire questo enigmatico “Denti Blu” (poi compattato nello pseudonimo odierno) dal quale i malcapitati utenti si vedevano pervenire celie di vario tipo e che vi risparmieremo per onor di decenza. Ecco qua il vero etimo. “Ah.”

4) Scemo chi legge.

5) Il lavoro per la creazione di un fumetto è piuttosto articolato, ma col tempo ci siamo ben divisi i ruoli. Il concetto di base nasce da un brainstorming fra noi due che può durare anche settimane (vabbè, in maniera piuttosto rarefatta… non stiamo settimane a un tavolo a parlare) e anche alcune gag “si accumulano” in questa fase. Molte non vedranno mai la luce, altre verranno ripescate. Da lì stendiamo scaletta e trattamento: la prima è spesso di Barbara, il secondo è ancora a quattro mani. La fase successiva sarebbe la sceneggiatura, ma anziché dilungarci in descrizioni (dato che comunque è tutto ancora inter nos e non c’è un gran bisogno di mettere “a bella copia”) abbozziamo direttamente le vignette in uno storyboard. Questo ci permette ben quattro cose: la prima è renderci conto se un concetto è davvero disegnabile o meno. Lavorando su altri progetti con sceneggiatori esterni, a volte ci è capitato quello che non aveva una grande immaginazione visiva e ci richiedeva cose tipo “due quadrighe che corrono una gara fra due schiere di folla, in mezzo alla quale un allibratore prendeva una scommessa”. E qui ci andava bene perché al di là della complessità e della cacofonia visiva, la cosa era ancora disegnabile. Quando invece si dovevano vedere gli dei dell’Olimpo che dall’alto osservavano l’assedio di una città greca e bisognava far notare dettagli sia degli dei che degli assedianti, nasceva un po’ di malanimo. La seconda cosa è sfruttare la freschezza di espressioni e pose abbozzati al volo, con la famosa parte destra del cervello. A volte diventano la base vera e propria del successivo disegno, seppure realizzato più metodicamente. La terza cosa è la possibilità di vedere direttamente l’ingombro dei testi nei balloon. La quarta ce la siamo dimenticata, abbiamo scritto troppo nel frattempo. “Ah.”

6) Periodi difficili? Beh, niente è una passeggiata, ma finché siamo motivati non ci spaventano neppure le sfide più complesse. Fu ad esempio una bella incognita prendere e partire per il San Diego Comicon con quattrocento copie di “Pigsty of the Caribbean” da spacciare nell’area Small Press, ma rimandiamo ad altre sedi gli aneddoti sull’episodio. Più brutti i periodi di scoraggiamento, anche se col tempo abbiamo adattato il palato sia al dolce che all’amaro: una quindicina di anni nel settore ci dà l’illusione di esser vecchi e saggi (anche se poi non è proprio così). Proprio per questo ricordiamo bene quando agli inizi, a pochi mesi dall’uscita del numero zero di Zannablù, eravamo in albergo durante una piccola fiera di settore. Barbara scoppiò a piangere, facendo mente locale sul fatto che nonostante tutti gli sforzi, a nessuno importasse di noi. Era vero, certo: alla fine eravamo una delle tantissime proposte di lavori da esordienti. Ma adesso saremmo molto più propensi ad affrontarla con un “embeh?” e a inventarci qualcosa.

7) Barbara ha un fenicottero di peluche a cui è molto affezionata. Il simpatico pennuto è riuscito a tenere a bada il suo desiderio di maternità per alcuni anni. Ora invece è la vittima sacrificale di due deliziose fanciulle che hanno preso il suo posto.

8) Stefano fa di tutto per superare il provincialismo endemico dell’ambiente in cui è cresciuto e per questo si finge intenditore di single-malt col whisky dell’ipermercato, fa il fotografo navigato solo perché ha una reflex e ascolta musica alternativa, o almeno finché Barbara non gli impone di spegnere la radio. Ah, i suoi trascorsi da studente di Economia laureato con lode lo spingono a fare il sapientone su Facebook ogni volta che qualcuno parla di debito pubblico, sovranità monetaria e mercato del lavoro. Speriamo riesca a trovarsi un hobby decente.

9) Il nostro studio è una stanza di circa tre metri per tre, con quattro computer, due tavolette Cintiq, un tavolo da disegno, un armadio, degli scaffali, libri, carta, pavimento, soffitto e altre cose utili a fare fumetti. Come ci entrano le nostre ingombranti persone in mezzo a tutta questa roba? Questo è un mistero anche per noi.

10) Se a uno di noi viene chiesto “che lavoro fai?”, la prima cosa che risponde è un sospiro. Poi qualche istante di silenzio per decidere se rispondere “disegnatore” o “editore” e prepararsi al corollario di domande che seguiranno. Nei casi più estremi c’è anche la tentazione di rispondere “cartongessista” e chiuderla lì.

Zannablù è il “Vostro” personaggio ed in questi anni si è reso protagonista di innumerevoli avventure e parodie. Ce n’è una in particolare che amate più delle altre o a cui siete più affezionati? E, oltre all’epopea tolkeniana, quali altre parodie sono nate da vera ammirazione per le storie che vi apprestavate a mettere alla berlina?

Stefano: quando si parla di preferenze vado sempre in crisi, perché mi danzano davanti tutti i distinguo che potrei fare e i diversi criteri di classificazione. Forse i miei, da piccolo, mi hanno chiesto il fatidico “vuoi più bene a mammà o a papà” e ho rimosso l’episodio. Ma mi butto: io sono particolarmente affezionato a “Le Fiabe Deficienti di Zannablù”. Non posso dire che è l’albo migliore di tutti, dato che è estremamente sui generis, né quello che fa più ridere (perché ad esempio, con storie tipo “Kill Pig” o “Spider-Mad”, letteralmente me le faccio e me le rido). Ma l’esperienza di scrivere fiabe demenziali tutte in rima, inventarci una storia che facesse da trait-d’union e studiare un modo del tutto diverso per illustrarle il libro, ficcarci dentro cameo e strizzatine d’occhi “per molti ma non per tutti” è stata una bella sfida e sono molto contento del risultato.

Barbara: Uh, ce ne sono diverse che amo e non è facile scegliere: sono tutti figli che ho cresciuto con dedizione! Ma c’è da tirare fuori un titolo e uno solo, direi “Zannablù non deve morire” che recentemente ho riportato a colori nella raccolta “Il Signore dei Porcelli… non deve morire”. E’ la storia di Zannablù che… muore. Detto così non sembra granché divertente, ma lo è davvero. Il nostro cinghiale visita l’Inferno, che appare come un connubio tra un trenino delle paure e la tangenziale di Milano, poi il Purgatorio con il suo sapore Voodoo, poi l’altissima montagna del Paradiso e la sua atmosfera zen, fino a raggiungere l’ufficio personale di Colui Che È. Tutto questo per colpa di una tigre un tantino aggressiva, che diciamolo, per me è stato il personaggio più divertente da disegnare in tutta la mia carriera. Questo fumetto è il mio preferito, seguito a ruota da “Il Trono di Spiedi”, “Le Fiabe Deficienti di Zannablù”, “Spider-mad”, “Kill Pig”, “The Porking Dead” e “Il cimitero del Vampiro Mannaro”. Ma anche tutti gli altri non li disdegno. Insomma, lo ammetto: io sono la più grande lettrice di Zannablù… il che è preoccupante…

Come pensate cambierà il vostro lavoro ora che il cinghiale, animale selvatico per eccellenza, è entrato nell’allevamento Star Comics? Per quanto possibile, fate finta che la domanda non verrà mai letta dall’ufficio stampa dell’allevatore (senza offesa, rimango nella metafora campestre).

Ok, se fingiamo quello, allora possiamo dire che con Star Comics la situazione adesso ci ricorda il classico cliché da film, con lui e lei a letto che si fumano una sigaretta e si chiedono “com’è stato?”. La risposta è ovviamente “bellissimo”, poi per il prosieguo bisogna vedere se il telefono squillerà di nuovo o meno. Scherzi a parte (anche perché, finzione a parte, lo staff di Star Comics è qui che legge… a proposito, ciao carissimi!), è prematuro pensare se le cose cambieranno o meno. L’esperienza è stata stimolante: con la loro supervisione abbiamo anche osato un po’ di più, tanto avevamo chi ci avrebbe contenuti. Eppure ci hanno dato grande libertà e Zannablù ha conservato fino all’ultima molecola del suo DNA. Dal canto nostro, contiamo di aver fatto bella figura con l’ottimo esordio dell’albo a Lucca Comics & Games 2014, con le sue 1300 copie vendute. Vediamo adesso se il popolo delle edicole si avvicinerà alla nostra creatura, dato che lì è terreno quasi completamente vergine per noi.

Passiamo a The Porking Dead: da fan della serie originale non ho potuto non notare che, volenti o nolenti, avete dovuto sorbirvi anche alcune delle peggiori puntate degli zombie maratoneti. C’è stato un momento in cui vi siete chiesti: “ma chi ce lo fa fare?” E c’è stato, durante la trasformazione in maiale, un personaggio che vi ha procurato più grattacapi degli altri?

Michael Rooker 2013 02 croppedEffettivamente, nel corso delle varie stagioni, si sono viste puntate in cui l’evento più eccitante era Rick che si soffiava il naso o Michonne che sbadigliava, ma alla fine la parodia si nutre tanto del bello quanto del meno bello. Alla “maializzazione” siamo piuttosto avvezzi, oramai, anche se va detto che certi connotati non sono poi tanto compatibili col model tipico del maiale o del cinghiale. Per questo è andata a finire che per certi personaggi abbiamo violato un po’ i canoni e si è perso un tantino di “maialità”. Come fare, ad esempio, a conciliare i rocciosi lineamenti di un Michael Rooker con le paffutezze dei nostri suini? Il “Merlo” che ne è venuto fuori è tanto distante sia dall’uno che dall’altro punto di riferimento. Ma alla fine, magari, ha comunque il suo perché.

Tra zombie “obiettori di coscienza” e cinghiali che mangerebbero volentieri un panino al prosciutto, quanto c’è di satira sociale, piuttosto che semplice antropomorfizzazione, nel cannibalismo di Zannablù? Insomma, la dieta dei personaggi è un semplice ricalcare le abitudini alimentari umane o c’è, dietro alle risate, qualcosa di più profondo nello stomaco del vostro cinghiale?

Grazie per la domanda, effettivamente la satira sociale è sempre stata un ingrediente importante per le storie di Zannablù e siamo lieti che con The Porking Dead riesca a venir fuori. La parodia è una delle forme della satira, il cui succo è quello di dissacrare un’opera che è sotto gli occhi di tutti. Tuttavia il nostro stile non è tanto quello di scimmiottarla e schernirla scena per scena, quanto piuttosto stravolgerla sin dalle fondamenta con una chiave di lettura del tutto sui generis che potrebbe quasi rendere superflua la conoscenza dell’originale. Ma ammettiamo che la nostra voglia di satira non si ferma lì. La satira politica è però fin troppo “ideologica” per i nostri gusti e ci cimentiamo malvolentieri. Invece, con la satira sociale ci andiamo a nozze, anche perché è la più democratica di tutte: parla delle persone e noi stessi ne siamo potenziali vittime. Si dice che ognuno di noi sia tutt’altro che unico, ma abbia settantamila repliche in tutto il mondo. Magari non è proprio così, ma potrebbe essere qualcosa di molto simile. Per noi, ad esempio, è quasi routine star dietro a un banco nelle fiere di fumetto e da lì abbiamo una visuale privilegiata sull’umanità che ci passa davanti. Le conclusioni che ne traiamo sono, sì, che ognuno di noi è a suo modo unico, ma anche che, presi in blocco, possiamo essere tipizzati con un’accuratezza insospettabile. A fronte dello stesso input si contano decine e decine di reazioni pressoché identiche e l’immagine dei settantamila cloni sembra meno lontana. I social network poi sono l’ennesima riprova, forse addirittura più accentuata che nel mondo reale, data la mancanza di ritegno di chi sta dietro una tastiera e tutti quei meccanismi di emulazione che si innescano. Quindi da lì a prendere i vari filoni di pensiero – ognuno a suo modo rispettabile, per carità – a portarli all’estremo nei nostri personaggi, è davvero un attimo. E, per lo stesso motivo per cui non abbiamo la pretesa di essere gli unici senza i settantamila replicanti, così non intendiamo risparmiare nessuno: stigmatizziamo (con ilarità, s’intende) un comportamento e il suo contrario, ognuno a suo modo è un inetto e un gran figo, dipende dai punti di vista. Abbiamo colpito qua e là, in The Porking Dead, ma senza un male o un bene assoluto. D’altronde siamo toscani e qui un insulto può anche arrivare a significare “ti voglio bene”.

È arrivato ora il momento della domanda più importante di tutte, il quesito che mi impedisce di prendere sonno la notte: ma con tutti i cantanti italiani tra cui potevate scegliere… Gigi D’Alessio… perché proprio Gigi D’Alessio?

La domanda è talmente importante che sarebbe riduttivo dare una sola risposta. Ne diamo quattro, ne scegliete una e poi ci dite se l’accendiamo:

a) Questo è quello che si chiedono tutti quando sentono passare una sua canzone alla radio.

b) Non dovreste chiederlo a noi. Dovreste chiederlo a Gigi D’Alessio.

c) Ma non è Gigi D’Alessio! È Jiji D’Alexis! Come vi vengono in mente certe cose?

d) 42.

zanna-giggi

Un’ultima domanda d’obbligo: quali sono i progetti Zannablù per il 2015? Nel post-vacanze, intendo… e non vale rispondere “altre vacanze”!

No no, basta vacanze. Semmai una trasferta ludico-terapeutica su qualche spiaggia assolata dell’emisfero sud. Ma le due creature e il fenicottero di peluche richiedono troppa attenzione, sicché rinunciamo a monte. Per quanto riguarda Zannablù (e per cercare di essere seri, almeno un po’), il 2015 vedrà concludersi la saga “Le Cronache del Porcomondo”, col quarto e ultimo volume della miniserie. Vale a dirsi che dal 2016 in poi, le storie a soggetto originale di Zannablù si svincoleranno dalla continuità che si era creata con questo esperimento di serialità. Esperimento che a nostro avviso avrebbe anche funzionato, se non fosse per quei lettori che attendono la conclusione della miniserie prima di iniziare a leggersi il primo volume… Poi, come da consuetudine, la stagione autunnale sarà il turno della parodia, anche se al momento ci sono fin troppe cose in divenire per sapere quale coniglio tireremo fuori dal cappello. Intanto i nostri lettori non mancano di darci i suggerimenti più disparati. Noi ne siamo sempre lieti, anche le volte in cui ci invitano a parodiare opere conosciute solo dal relativo autore e da sua madre. Vedremo cosa succederà.

Vi ringrazio per la disponibilità e spero di avere l’occasione di incontrarvi di persona prima o poi.

Speriamo davvero anche noi. A meno che non ti dobbiamo dei soldi. Grazie mille per averci lasciato sparlare.

 

THE PORKINGDEAD©2014 Stefano Bonfanti, Barbara Barbieri, Edizioni Star Comics srl. Tutti i diritti riservati

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