Recensione Miitopia

Nintendo Switch è ormai alla ribalta, ma la Casa di Kyoto non ha dimenticato la lucrosa portatile che dall’ormai lontano 2011 ha continuato a trainare le vendite di tantissimi software, ed ecco quindi arrivare Miitopia. Sebbene il pensionamento sia ormai dietro l’angolo, anche da troppo tempo, Nintendo 3DS vende talmente bene che è uscita sul mercato l’ennesima nuova versione, il New Nintendo 2DS. Nel frattempo Nintendo continua a regalare perle su perle ai possessori della portatile: una delle ultime è stata Ever Oasis a Giugno, la cui recensione potete trovare sulle nostre pagine come al solito.

Ma c’era un titolo che da un anno aspettava di arrivare da noi abbandonando il Giappone: Miitopia. Come lascia immaginare il nome, è l’ennesima sperimentazione legata a un brand lanciato una decina di anni fa da Nintendo Wii: ovvero i Mii. Buffi avatar/controparti virtuali dei giocatori, i Mii sono stati protagonisti di circa duemila titoli su Nintendo Wii, e poi anche su Nintendo 3DS (su Switch sono ancora in ombra, per il momento). L’ultimo esperimento è stato Miitomo su Smarpthone, una sorta di social network non troppo riuscito. Ma con Miitopia, sottospecie di Animal Crossing semplificato ed edulcorato, si riprova a portarli alla ribalta con un titolo tutto per loro.

Sotto con questi Mii allora, ancora una volta!

Una trama prevedibile

Un villaggio di campagna di campagna, dove la vita scorre lentamente e con tranquillità. Siamo a Verdalboria e tra poco la pace sarà soltanto un lontano ricordo: un malvagio e anonimo personaggio, intenzionato ad espandere la propria ombra sul tutto il regno, decide di apparire e rubare tutte le facce degli abitanti, distribuendole in giro per il continente e attaccandole sul corpo di vari mostri. Sul serio, non vi stiamo prendendo in giro.

Il nostro compito, e quello del nostro Mii di pari passo, sarà quello di sconfiggere queste creature e riportare il volto e la pace agli abitanti di Verdalboria. Trama strampalata, quella di Miitopia: il suo svolgimento e i personaggi previsti sono tutti improntati a facili clichè, col re e principesse da salvare, stregoni raminghi, amuleti magici e poteri nascosti. C’è però anche qualcosa di positivo in tanta “banalità”: ogni personaggio in Miitopia parte senza un aspetto definito, il quale può essere preso in prestito sia dai Mii presenti nella memoria della console sia da quelli suggeriti dal gioco stesso, il che potenzia enormemente sia l’immedesimazione del giocatore sia la sua fantasia.

Maghi, Guerrieri… ma poca azione

Se la trama di Miitopia è tutto sommato un grande impasto di luoghi comuni e spunti già visti (e rivisitati) un discorso non meno debole riguarda gli aspetti del gameplay. Pensato palesemente per un pubblico casual, Miitopia è stato livellato talmente verso il basso da diventare quasi un non-gioco. Un jrpg che si rispetti si basa su tre elementi cardine: esplorazione, sviluppo dei personaggi e battle system. Per ciò che riguarda l’esplorazione, essa è totalmente inesistente all’interno di Miitopia: al giocatore viene offerta una mappa molto simile a quella vista, per esempio, negli ultimi giochi in 2D di Super Mario. Selezionata la zona, il party inizierà ad avanzare in automatico (non c’è nemmeno bisogno di muovere il circle pad…) all’interno di un livello che si sviluppa lungo un singolo asse.

Di tanto in tanto, il manipolo di eroi si troverà di fronte ad un bivio: è questo l’unico momento in cui il giocatore diventa parte attiva, decidendo quale direzione dello svincolo imboccare. In ogni caso, tale scelta servirà a ben poco, visto che ogni possibile percorso si concluderà con l’arrivo presso la locanda della zona, luogo dove riposarsi, riempirsi lo stomaco e lasciare che i membri del party si conoscano meglio.

Fortunatamente qui entra in campo lo sviluppo dei personaggi: in Miitopia sono presenti sei possibili “lavori”. Si tratta dei canonici guerriero, ladro, sacerdote e mago nero, accompagnati dalla classe del cuoco e da quella del cantante. A parte questo, Miitopia non offre nessuna possibilità di personalizzazione dei personaggi, nessuna scheda di sviluppo o punti abilità da spendere per sviluppare questa o quell’altra skill. L’unica, sterile personalizzazione ottenibile risiede nelle pietanze con cui nutrire gli affamati guerrieri: se le varie costolette di Goblin, funghi trifolati e frullati di mostri risulteranno essere di gradimento ai membri del party, le loro caratteristiche ne gioveranno, aumentando di alcuni punti percentuali.

Mancano addirittura i negozi dove comprare equipaggiamento e armi: saranno gli stessi personaggi a chiederli al giocatore durante i momenti di pausa alla locanda. Durante le sessioni trascorse alla taverna, poi, i personaggi lasciati a dormire nella stessa stanza potranno cementificare il loro rapporto, accompagnando questa crescita personale con scenette sì simpatiche e divertenti, ma ripetitive oltre ogni misura. Aumentando il grado di intesa fra i vari eroi, questi svilupperanno alcune abilità da poter utilizzare in cooperativa durante le battaglie proposte.

Così come altri titoli appartenenti allo stesso genere, Miitopia permette agli utenti la possibilità di controllare in duello soltanto il protagonista. Non c’è però modo di stabilire una strategia comune: i membri del party agiranno secondo la loro volontà, senza che ci sia modo di limitare atteggiamenti stupidi e deleteri. Serve un esempio? Il mago userà subito tutti i punti magia per bruciare il mostro più debole presente nel dugeon, arrivando quindi al boss sprovvisto di risorse. E voi non potrete farci nulla.

Commento finale

Miitopia è un titolo indirizzato ai più piccoli, o agli adulti che cercano un GDR che lo sia soltanto di nome. Battaglie, avventure e relazioni tra personaggi possono tranquillamente essere vissute col pilota automatico, complice il livello di difficoltà ai minimi storici. Per i bambini magari sarà anche un modo di avvicinarsi a un genere incredibilmente complesso nei suoi picchi più alti, ma Miitopia resta per i “giocatori” l’ennesima produzione che cerca di mettere Mii ovunque improvvisando alla bell’e meglio un videogioco dove c’è tanto video ma poco gioco. Decisamente da recuperare a un prezzo più abbordabile.



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