Recensione Outcast Second Contact

Il ritorno di un classico, per sottrarlo all’ingiusto oblio.

Se vi ricordate di Outcast, siete della brave persone, e per più di un motivo. Era il 1999, c’erano già vari The Legend of Zelda in circolazione, e console di tutto rispetto. Erano gli anni dei primi platform, di giochi ignoranti, delle sale gioco con i grandi classici: ma voi eravate lontani da tutto questo per dedicarvi tranquillamente al gaming su PC, dove arrivò in esclusiva, appunto Outcast. La cosa più simile a un The Legend Of Zelda, a suo tempo, che sia mai arrivata su Personal Computer.

Avevate scelto di dare una chance, insomma, a un titolo fin troppo bistrattato. Alzi la mano chi ha più di 15 anni e che ha sentito nominare il gioco almeno un paio di volte. Ecco, appunto. Eppure a suo tempo Outlast era un mezzo fenomeno. Ma perchè? Perchè era il primo vero e proprio titolo action open world che si fosse mai visto in assoluto, offriva una libertà d’azione (quasi) senza precedenti, piccole meccaniche sparatutto e soprattutto una trama profonda, originale e interessante, da buon sci-fi anni Novanta.

Speriamo di avervi dato un’idea dei motivi per i quali una remastered di Outcast avrebbe avuto senso, eccome, già da alcuni anni – già sulla scorsa generazione di console. Abbiamo dovuto aspettare il finire della current gen, ma non si può dire che non ne sia affatto valsa la pena. Outcast Second Contact si porta sulle spalle qualche problemino di ottimizzazione e controlli di troppo, ma è l’occasione giusta per riscoprire un classico.

Ci salveranno gli Ulukai

Cutter Slade è l’ultima speranza dell’umanità. E già questa frase si colloca alla perfezione nei disaster movie e nelle trame di videogames e film degli anni 90, ma soprassediamo. Un gruppo di scienziati pazzi ha studiato i viaggi dimensionali e le varie teorie inter dimensionali, fino a creare un passaggio tra il nostro mondo e un universo parallelo, attraverso una sonda hi-tec. Il problema è che poi la sonda s’è rotta, e adesso tra il nostro mondo e un altro pianeta si è creato una sorta di imbuto. Indovinate quale dei due mondi sta venendo risucchiato verso l’altro? Esatto, la solita fortuna terrestre…

Ma non c’è problema, perchè un robusto, ignorante e dal grilletto facile ex marine dal passato tormentato è pronto a salvare la situazione e a sbarcare il lunario. Quando il governo manda un elicottero a prelevare Cutter Slade al bar già all’angolo, lui non si fa troppi problemi: sarà una toccata e fuga tra il nostro mondo e l’altro, basta che non gli fanno perdere troppo tempo. E così, messa insieme una squadra improvvisata tra personaggi tutto pronti a ricoprire i classici clichè del caso, la missione per salvare la Terra ha inizio.

Ma le cose si mettono subito male. Sull’altro pianeta – lo si era già intuito dai filmati introduttivi- c’è vita. Sia amichevole che aggressiva. Cutter finisce disperso in un villaggio di esseri pacifici, che vedono il lui l’Ulukai, una sorta di messia giunto per salvarli dalla schiavitù. Sul pianeta Adelpha, infatti, è in corso una guerra sanguinosa tra guelfi e ghibellini del posto che potrebbe portare alla morte di tantissimi abitanti. Ma Cutter può benissimo gestire una sonda rotta e una guerra civile contemporaneamente: del resto ha due mani a disposizione.

Un open world vasto e profondo… ai suoi tempi

Non abbiamo dubbi che ai suoi tempi Outcast sia stato un open world eccellente. Del resto, essendo il primo, non è che in giro vi fossero chissà quali avversari. Il problema è che oggidì praticamente l’80% dei giochi in uscita sono open world. Da un lato, quindi, si rivela il ruolo importantissimo che ebbe al tempo Outcast, dall’altro è chiaro come la concorrenza sia diventata spietata. E in un contesto simile, Outcast Second Contact, a parte i furori e le gioie dei nostalgici, quali frecce ha al suo arco?

Non molte, purtroppo. Il gioco è stato rivisto nel comparto tecnico e grafico, ripulito, e sembra brillare di luce nuova sia su console che su PC. Purtroppo è una luce il più delle volte solo apparente. A un’occhiata più vicina e attenta, texture di qualità molto elevata si accompagnano ad altre comprate dagli sviluppatori dell’usato, alcuni modelli poligonali sono grezzi e squadrati, e le animazioni facciali dei personaggi semplicemente risultano inguardabili.

Qualche problemino sembra averlo anche l’audio, con tonalità alte e basse che si alternano secondo una logica più casuale che studiata, e i rallentamenti sono all’ordine del giorno, fastidiosi e incalzanti.

I controlli poi non è che siano stati studiati chissà quanto per portare Outcast Second Contact su console (su PC già va meglio). Alcuni comandi e combinazioni di tasti, quali l’apertura dell’inventario e quelli per impugnare le armi e fare fuoco, sono quanto meno discutibili. Va detto che dal momento in cui abbiamo provato il gioco gli sviluppatori e Bigben Interactive si sono prodigati in patch correttive, quindi la situazione dovrebbe essere già migliorata.

Anche se non abbiamo avuto modo di provare con calma tutti gli interventi ci sembrava già che le cose andassero molto meglio quando abbiamo istallato le patch. Resta il fatto che Outcast Second Contact, anche se non può rivaleggiare con gli action e open world odierni, resta un titolo “importante” e godibile, che almeno una volta andrebbe provato dai fan di tutte le età. Magari, meglio se su PC.

Commento Finale

L’opera di rimasterizzazione di Outcast Second Contact non è riuscita al meglio, e c’è qualche problemino di troppo sul fronte tecnico e dei controlli di gioco. Ciò non toglie che il titolo sia godibile, importante e che attualmente vada giocato nella veste più moderna rispetto alla precedente. Le patch correttive uscite in fretta ma regolarmente sottolineano l’amore del team Appeal e dei distributori di Bigben Interactive, che con somme limitate hanno dato nuova vita a un grande classico del passato. Le avventure di Cutter Slade forse tra altri dieci anni vedranno un nuovo lavoro di revisione, ma per il momento vivono una seconda vita, più bella della prima nell’apparenza, identica nella sostanza.



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