Recensione The Evil Within 2

Il ritorno del terrore!

Shinji Mikami, Capcom e Resident Evil. Un legame indissolubile, forse paragonabile soltanto al rapporto Hideo Kojima, Konami, Metal Gear Solid. Entrambi menti rivoluzionarie nel mondo videoludico ma entrambi ormai ben lontani dai fasti di un tempo. Kojima, come ben sappiamo, ha praticamente chiuso ogni rapporto con Konami, mentre Mikami dopo i grandi successi avuti con Resident Evil, Resident Evil 2, Resident Evil 3: Nemesis, Resident Evil 4 e Dino Crisis, per quasi dieci anni non è riuscito più a sfondare. La redenzione, se così si può chiamare, si è avuta soltanto nel 2010. Mikami decise di creare un nuovo team: Tango Gameworks, acquistata poi da ZeniMax Media, che fra gli altri possiede anche Bethesda Softworks, l’idea? Lavorare su un nuovo survival-horror: Project Zwei, noto in seguito come The Evil Within.

The Evil Within, conosciuto in Giappone come Psychobreak e pubblicato proprio da Bethesda nel 2014, ci metteva nei panni di Sebastian Castellanos in un’ambiente inquietante e carico di mistero. Omicidi brutali, pozze di sangue e inspiegabili presenze paranormali. E’ soltanto l’inizio di ciò che di lì a poco avrebbe atteso il buon Sebastian. Il plot narrativo di The Evil Within, volutamente, era stato tenuto nascosto, dando quindi al giocatore quella sensazione di suspense e di ansia che al contempo lo spingeva nei meandri della follia e della morte ad indagare e a scoprire sempre di più, raccogliendo tasselli e costruendo un puzzle che alla fine del gioco aveva senso, sì se aveva un senso. Ricordo le sere di ottobre passate a giocare a The Evil Within; da fan accanito di Resident Evil, ero abituato a titoli horror e simili, ma ciò che Mikami è riuscito a fare con The Evil Within va davvero oltre. L’ansia a mille, il timore di essere scoperti, un passo falso ed eri MORTO. Creature stranissime, che ti lasciavano davvero basito alla loro vista e il doverle affrontare, bè, faceva davvero accapponare la pelle.

“Un vero gioco “survival horror” è un gioco in cui il giocatore affronta, e vince, la paura”

Shinji Mikami

Questo era The Evil Within, un titolo horror, con tanti riferimenti all’ultimo grande successo targato Mikami: Resident Evil 4 e non solo. The Evil Within aveva molto in comune con il gioco pubblicato inizialmente in esclusiva Nintendo GameCube ed è riuscito a soddisfare una buona fetta di pubblico grazie a un’avventura solida, un plot narrativo scorrevole, che non veniva quasi mai interrotto e da un gameplay che riprendeva elementi classici del genere e elementi del tutto nuovi, combinandoli piuttosto bene.

Il fascino della paura

Ed eccoci, a tre anni di distanza a vivere di nuovo un’esperienza intensa e angosciante. The Evil Within 2 e fra noi, Mikami nel ruolo di producer e John Johanas nei panni di director. Un gioco che riprende le solide basi del predecessore ma promettendo un’esperienza meno lineare. All’inizio di questa terrificante avventura, ambientata qualche anno dopo i fatti narrati in The Evil Within ritroviamo Sebastian Castellanos. E’ diverso, visibilmente provato dagli eventi del primo capitolo, ormai solo e che cerca invano di dimenticare cosa ha vissuto. Ritroviamo anche Juli Kidman, che coinvolge nuovamente Sebastian per indagare su quanto fa l’organizzazione Mobius, anch’essa con tanti punti di contatto con una storica organizzazione che gli amanti di Resident Evil conoscono bene: l’Umbrella Corporation. Sinistri esperimenti, analisi e raccolta di dati su cavie. Una di esse è proprio la figlioletta di Castellanos e proprio per questo Sebastian accetta malgrado di ritornare nuovamente nello STEM.

STEM, una sorta di “radice” neurale, già presente nel primo The Evil Within, e che stavolta ha come obiettivo la cittadina fittizia di Union. Ciò che inizialmente doveva essere un ambiente idilliaco è stato trasformato in una visione distorta di una cittadina americana di provincia. Questo è successo perché l’intera cittadina di Union è stata creata nello STEM usando una mente pura e incontaminata come base (o Nucleo): Lily, proprio la figlia di Sebastian. Ma quando Lily scompare nello STEM, il mondo virtuale perde il suo Nucleo e la distruzione ha così inizio. Toccherà a Sebastian trovare sua figlia e portarla fuori dallo STEM, prima che il sistema collassi.

Benvenuti all’inferno – atto secondo

La trama di The Evil Within 2, rispetto a quella del predecessore, risulta essere più lineare e meno confusa andando non soltanto ad approfondire le vicende di Sebastian, della sua famiglia ormai distrutta e di Lily ma coinvolgendo la Mobius e i malcapitati impiegati della stessa che si trovano all’interno della “radice” neurale.  Il plot narrativo mantiene gli stessi canoni del primo capitolo, inizialmente il ritmo sarà abbastanza compassato, per poi diventare sempre più frenetico e ritmato, coinvolgendo il giocatore fino alla fine. Se ricercate però un’avventura survival-horror pura, ci dispiace dirlo ma Tango Gameworks con The Evil Within 2 ha deciso di sperimentare. Il ritmo infatti verrà “spezzato”, c’è da dire fortunatamente in pochissimi momenti, giusto il tempo di intercettare, attraverso un nuovo strumento: il comunicatore che rileva voci dal passato, una trasmissione e andare a raccogliere utili provviste o dare una mano a qualche membro del Mobius.

Tale scelta però, riduce drasticamente quel senso di angoscia e di ansia che The Evil Within ci aveva dato, portando il sequel ad essere un prodotto più accessibile al grande pubblico e non soltanto indirizzato, a quella schiera di fan, anche se davvero fitta, amanti dei classici survival. Quindi se volete, quasi, vivere un’esperienza horror classica, dovrete per forza di cose selezionare sin da subito il livello più elevato. Quando avrete completato il gioco potrete accedere al new game plus, che come altri titoli, anche non per forza horror, ci metterà davvero alla prova, con scorte limitate, nessun potenziamento o abilità e salvataggi striminziti.

La mente di un bambino

Ma passiamo al gameplay. È cambiato rispetto a The Evil Within? Per niente. Poiché il sistema di gameplay si era dimostrato già molto solido all’epoca, Tango Gameworks, ha deciso di non stravolgerlo mantenendolo così com’era. Il buon Sebastian continua ad avere movenze impacciate soprattutto quando per forza di cose dovremo darci alla fuga e proprio da questo punto di vista si percepisce come la scelta sia stata voluta dal team di sviluppo. Non si tratta quindi di un limite tecnico, ma di volontà intrinseca nel team di sviluppo. Fra le tante promesse decantante in questi mesi, una su tutte aveva incuriosito i fan: meno linearità e più libertà esplorativa. Sarà stata mantenuta?

Ci sono ancora sezioni lineari e sbarramenti evidenti, ma sono presenti anche aree esplorabili. L’idea degli sviluppatori, riabbraccia l’intento di offrire un prodotto più su vasta scala, quindi meno cupo e meno teso del predecessore. Ecco quindi che la libera esplorazione abbassa un po’ il ritmo e inoltre permette la raccolta di utili file oltre al poter compiere le già citate quest secondarie. Inoltre, la scelta di spezzare il ritmo, si ripercuote sul gameplay anche per un altro aspetto, infatti sarà il giocatore a decidere come e in che modo proseguire. Se evitare quella zona o se rischiare di trovarsi svariati nemici alle calcagna. Migliore risulta essere il sistema di copertura, fondamentale se vogliamo conservare qualche pallottola o purtroppo abbiamo poche munizioni a disposizione. Attenzione, utilizzatele sempre con cautela, quando potete, datevela a gambe, eviterete di sprecare munizioni inutilmente.

“Fuggire, non è da codardi”

Rimanere a secco sarà comunque difficile, a meno che non iniziate a sparare all’impazzata. Il titolo comunque a più riprese fa capire al giocatore, praticamente dai primi istanti, di gestire oculatamente le risorse e di utilizzare le azioni furtive. The Evil Within 2 spinge molto sugli attacchi alle spalle e dai ripari per eliminare un’eventuale minaccia. Utilizzare anche l’ambiente a nostro favore sarà fondamentale, non tanto contro i nemici standard, mai pericolosi e piuttosto “facili” da uccidere ma contro i boss (molto ispirati), individuare bidoni esplosivi, scie di benzina e opportunità ambientali, sarà importantissimo per rimanere vivi.

Oltre a tali aspetti, è stato migliorato anche il sistema di progressione del protagonista e di sviluppo delle armi. Nel primo caso, attraverso una melma verde, ottenibile sconfiggendo le orrende creature, Sebastian potrà migliorare la sua prestanza fisica, danni subiti, fatica, scatto, abilità combattive, furtività, nel secondo caso invece, ci sono delle strutture inaccessibili ai mostri, un po’ come le stanze in cui era possibile salvare tramite la macchina da scrivere in Resident Evil e qui Sebastian, su un comodo banco da lavoro, potrà migliorare il proprio arsenale e creare utili munizioni e oggetti.

Ecco come ti servo la paura

Il comparto tecnico di The Evil Within funziona bene. L’evoluzione dell’id Tech 5 si chiama STEM Engine. Sono state eliminate le fastidiose bande nere a favore di un’azione a tutto schermo. Il sistema di illuminazione e gli effetti particellari, sebbene non facciano gridare al miracolo, sono sicuramente stati realizzati meglio rispetto al primo capitolo. Le ambientazioni, soprattutto interne, hanno davvero tanti dettagli e nel complesso, salvo alcune eccezioni, risultano essere buone. L’Engine ha permesso al team di sviluppo di sbizzarrirsi con illusioni ottiche, cambi repentini, giochi di luce, tutti elementi che uniti alla direzione artistica, fanno di The Evil Within 2, un bel gioco, tetro, oscuro e oppressivo. Buono il lavoro svolto sui modelli poligonali dei personaggi e dei boss, anche se, a tratti, presentano ancora alcune espressioni poco convincenti. Doppiaggio e sonoro, il gioco è interamente doppiato nella nostra lingua, il recitato è apprezzabile anche se avendo giocato il primo capitolo in inglese, ritengo che il doppiaggio italiano sia un filino inferiore. Ottimi infine gli effetti audio e la colonna sonora, davvero ispirata. Gli estenuanti caricamenti del primo capitolo sono stati ottimizzati e risultano esser quasi fulminei.

 

The Evil Within 2
8.4 / 10 4News.it
Acquista suAmazon.it
Disponibile suPS4, XBOX One, PC
Pro
    - Storia convincente
    - Ottima progressione del personaggio
    - Impegnativo quanto basta
Contro
    - Qualche sbavatura tecnica
    - Non cambia tantissimo rispetto al primo capitolo
Riassunto
The Evil Within 2, rappresenta un bel passo in avanti per il brand. È un survival-horror convincente, sicuramente meno angoscioso e tetro del precedente capitolo, in quanto pensato più per il “grande pubblico”, ma sicuramente i fan del genere e non solo lo apprezzeranno e non poco. Il gameplay resta solido, grazie anche ad una direzione artistica con i controfiocchi, forse manca quella trovata creativa che avrebbe potuto portare sui livelli di eccellenza la produzione, ma possiamo ritenerci soddisfatti. Tango Gameworks, anche con un Mikami in veste di producer e non di director, ha fatto centro e speriamo, anche se l’influenza del buon Shinji in The Evil Within 2 si è fatta sentire, che magari possa ritornare in prima persona ad occuparsi di un possibile terzo capitolo.
Gameplay
Grafica
Sonoro
Longevità
Giudizio finale

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Riccardo Amalfitano
Riccardo Amalfitano
Videogiocatore sin dalla "tenera" età, amante anche di manga, cinema e serie TV. Ho dimenticato qualcosa? Sicuramente!

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