The Nun, la Vocazione del Male – Un horror vecchio stile

Uscito nelle sale italiane da pochi giorni, il quinto film dell’universo narrativo di The Conjuring, The Nun, è pronto per fare il salto di qualità.

Da quando uscì nelle sale The Conjuring, i più attenti avevano sicuramente notato che la pellicola avesse del grande potenziale, magari meritevole di una serie. Ebbene, l’anno successivo il titolo ricevette uno spin-off, Annabelle, e poi addirittura un seguito, Il Caso Enfield, nel quale, per la prima volta, appariva Valak. Senza troppi fronzoli o giri di parole, è un’entità che – cinematograficamente parlando – è entrata nel cuore dei molti fan e dei cultori di questo genere. Non solo loro: infatti, è uno dei pochi elementi apprezzati anche da chi l’horror non riesce a digerirlo, nemmeno sotto tortura o comunque per errore.

Per questo motivo, Warner Bros ha ben pensato di affidare una pellicola stand-alone per la suora infernale lasciando la regia ad Hardy, coadiuvato da Wan. Sebbene il regista delle precedenti pellicole non abbia un ruolo dominante, la mano, le idee, il suo stile si avvertono durante la visione del film. Inoltre, e non è banale né da dire né da mettere in pratica, la pellicola si collega perfettamente con l’universo narrativo dal quale lei proviene.

“Finit hic, Deo”.

Hardy, Wan e Safran hanno ben pensato di iniziare la narrazione con una scena molto raggelante. Due suore, nell’antica Abbazia di Santa Carta, in Romania, stanno aprendo una porta in un disperato tentativo di prevenire qualcosa di terribile. Questa porta reca la scritta in latino “Finit hic Deo”, qui finisce Dio. Dopo ciò, la suora che è entrata nella porta ne fuoriesce coperta di sangue e quasi impossibilitata a camminare, lascia una chiave alla sua sorella e viene trascinata nel buio con violenza. Quindi, quest’ultima, si reca nella sua stanza, di fronte a quella porta, lega una corda a un’estremità del suo letto e si impicca, chiedendo perdono a Dio. Da dietro, invece, si può notare la figura di Valak, esile e allo stesso tempo imponente, avvicinarsi spegnendo ogni candela e rovesciando il crocifisso nella stanza della suora.

Un avvio monumentale, in pompa magna e che consegna al pubblico la prima di mai abbastanza apparizioni del demone. Tuttavia, The Nun non si basa sull’incutere paura, nel vero senso della parola, bensì cerca costantemente di inquietare, angosciare e incutere timore.

I jumpscare, molto presenti nella pellicola, sono tutti citofonati e pochi sortiranno il vero effetto; tuttavia, ciò non implica che una scena sia fatta male. Tutt’altro, le scene funzionano e i comportamenti di tutti i personaggi sono coerenti con l’evolversi della narrazione. Una nota negativa, purtroppo, è il far parlare per un breve momento Valak. Sebbene faccia esattamente ciò che un demone deve fare – ossia instillare disperazione e dubbio -, il farlo parlare lo “umanizza”, facendo scemare il pathos che si crea nella situazione in quanto il suo stato di superiorità viene abbattuto con un comportamento che non gli appartiene.

“Il male si è abbattuto su di noi”.

Al contrario delle pellicole principali, basate su storie vere e verosimili, The Nun, così come fece Annabelle, presenta la dicitura all’inizio “Questi eventi si sono svolti nel 1952”, sebbene di ufficiale o documentato nella realtà non ci sia assolutamente nulla. Questa libertà narrativa fa sì che vengano aggiunti elementi forzati alla pellicola, come l’esistenza di Cristo data per certa. O ancora, l’effettiva efficacia di un rituale di evocazione.

Ai più realisti questo potrebbe dare fastidio, nonostante in realtà queste forzature non facciano scemare il “sense of wonder” dello spettatore. Tutt’altro, sono proprio queste tarature a dare un peso e un senso alla storia, e pertanto funzionano benissimo nella logica del film.

Dispiace invece che Valak appaia poche volte a schermo, in quanto l’idea di Hardy è quella di far capire allo spettatore che lui è sempre presente, è permeato nel monastero. La sua presenza è pervasiva, di un’onnipotenza che solamente un’entità non umana potrebbe avere. E in questo riesce benissimo il lavoro svolto dalla produzione, consegnando a chi guarda il titolo un sempre presente senso di smarrimento, angoscia e disperazione. Lui è lì, e ce lo sai. Lo sai anche prima che appaia alle spalle di un personaggio o che si girino i crocifissi a indicare che è nella stanza.

Tuttavia, ciò sfuma nel finale. Infatti, nonostante il film funzioni alla grande, il finale è molto più insipido e meno pauroso di tutto il resto. Ed è proprio questo che non funziona. Quando Valak è a schermo per scene prolungate, la sua imponenza scema. Quasi come un effetto inverso, meno lo vedi più funziona. Vuoi il trucco, vuoi delle espressioni non troppo terrificanti, la sua presenza prolungata non fa l’effetto voluto; tutt’altro. La sua angosciante presenza poteva culminare con vera e propria disperazione nelle sue apparizioni.

“Hai sempre fallito”.

Da tenere in considerazione, il cast è ben scelto e ottimo per la pellicola. Oltre a un cameo della bellissima Charlotte Hope, passata da scene di sesso sfrenato in Game of Thrones al ruolo della casta e pura suora di clausura in The Nun, gli attori sono sempre nella parte e mai danno un senso di fuori luogo.

Demiàn Bichir è sempre nella parte, e il suo Padre Burk, un esorcista del Vaticano, non è mai banale ma sempre sul pezzo. Jonas Bloquet, invece, ci consegna un ottimo Francese, ben caratterizzato e perfettamente collegato. Senza considerare che il suo è un personaggio importantissimo per il franchise.

Bonnie Aarons è sempre sublime nel suo ruolo di Valak, nonostante in alcuni punti il trucco sia molto rivedibile. Infine, Taissa Farmiga è semplicemente perfetta. Il suo personaggio è il migliore riuscito, e non solo. Difatti, suor Irene è molto simile, sia per capacità che per aspetto a Lorrain Warren. Chi lo sa se in futuro il suo personaggio non verrà nuovamente sfruttato per continuare a scoprire questa analogia? Inoltre, Taissa è, nella realtà, la sorella di Vera Farmiga, l’attrice che, appunto, interpreta Lorrain Warren nel filone principale di questo universo.

Conclusione.

The Nun è assolutamente un film che deve essere visto, sia dai cultori del genere sia da chi non apprezza l’horror. Certo, non è esente da difetti o da buchi, ma, nel recente panorama cinematografico, è una perla che deve essere apprezzata e goduta a pieno.

Cristian Cantalamessa
Cristian Cantalamessa
Laureato in amministrazione aziendale, collaboro per passione. Cerco sempre di portare e far usufruire di contenuti interessanti, spero di riuscirci. Buona lettura, per chi vorrà!

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