Recensione Gears of War: Judgment

Vostro Onore, sono innocente!

La sequenza iniziale che si manifesta dinnanzi ai giocatori è preoccupante e inusuale: all’interno di un’aula di tribunale, la squadra Kilo composta dal tenente Damon Baird, il soldato Augustus Cole, la cadetta Onyx Sofia Hendrik e dal membro della dismessa UIR Garron Paduk si trova al cospetto della corte marziale presieduta dal colonnello Ezra Loomis. Le accuse che pendono sulla squadra Kilo sono molto pesanti; si parte da tradimento, passando per codardia e finendo con la classica ciliegina sulla torta: furto di tecnologia militare segreta. Il processo tiene luogo poche settimane dopo il temibile Emersion Day, ovvero 14 anni prima delle vicende narrate nel primo capitolo di Gears of War.

Si tratta quindi di un prequel che ha l’onere di gettare luce sugli avvenimenti antecedenti la trilogia che abbiamo potuto apprezzare in questi anni. La campagna principale è composta da diversi capitoli, ognuno dei quali è legato alle singole testimonianze degli imputati. Ci troveremo infatti a vestire i panni di ogni singolo componente della squadra Kilo durante la propria arringa difensiva tramite l’utilizzo di sequenze flashback.

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A differenza degli scorsi capitoli, in Gears of War: Judgment sono stati quasi del tutto eliminati i dialoghi tra i protagonisti principali e le scene di intermezzo, a favore di un’azione di gioco più frenetica e senza tempi morti. Nonostante questo interessante espediente narrativo, la trama di gioco si rivela abbastanza scontata e con un finale prevedibile, senza alcun colpo di scena.

halvo_bay

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