Le prime impressioni su Outlast 2

Chi ha paura dell’Arizona?

Versione testata PlayStation 4.

Era un inizio settimana del tutto tranquillo, il sole splendeva e gli uccellini cantavano felici. Poi, eccola lì: inaspettata, inannunciata, terribile, sul PlayStation Store di PS4 compare la demo di Outlast 2. Il cuore, per un momento si ferma. Memore del primo capitolo, che ancora non fa dormire serenamente la notte. Memore dell’orrore, della malattia che trapelavano da quell’infame ospedale psichiatrico, da quell’horror in prima persona che era stato sviluppato davvero bene, forse troppo bene per dei poveri recensori. Ma la demo era lì, e aihmè, la professionalità ha preso il sopravvento ancora una volta: l’abbiamo provata per voi. Sarete responsabili della nostra scomparsa, se l’uomo nero verrà a prenderci questa notte.

Sono sempre loro, i Red Barrels, creatori già del primo capitolo di questo nuovo survivol horror psicologico. Ma tutto il resto è cambiato, protagonisti, luoghi, storie, tabula rasa. Restano solo le meccaniche di gioco interessanti e funzionali del predecessore, e l’atmosfera. Un’atmosfera terrificante, malata, e quindi perfetta.

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Benvenuti in Arizona

La demo offre un quarto d’ora di gioco appena. Come si suol dire: breve ma intenso. Molto intenso. Si comincia con poche frasi a schermo per spiegarvi chi siete e cosa ci fate lì. Niente di troppo complicato o difficile da credere: un viaggiatore che proseguiva con la moglie incinta. Poi l’incidente, le urla… e quando riprendente i sensi è già notte fonda. Già troppo tardi.

Vi ritrovate soli, nel deserto dell’Arizona. In una mano vi resta una piccola videocamera portatile con visione notturna, nell’altra solo ferite. Davanti a voi, poco al di là di una discesa sterrata, un piccolo insediamento abitato (insediamento abitato è un complimento fatto a quattro baracche in croce). Tutto attorno a voi, a chiudervi in trappola, dirupi scoscesi. Non si torna indietro, si può solo andare avanti. Ma bastano pochi secondi e con una stretta alla gola vi accorgete che qualcosa non torna. Perchè tutte le porte sono sbarrate? Perchè non ci sono luci nelle case? E chi vi spia dall’ombra? Imbracciate la telecamera e provate a guardare, perchè presto cominceranno degli incontri. Incontri molto, molto particolari

C’è un racconto di Stephen King dotato di rara perfezione, sia narrativa che tematica. Si chiama I Figli del Grano, recuperatelo, ne vale la pena. La trama è molto semplice: una coppia si perde nel deserto, arriva in una cittadina abitata circondata da sterminati filari di grano, per scoprire che lì la civiltà è finita e i bambini del posto, in preda ad una crisi religiosa dalle pieghe molto poco tolleranti, hanno sterminato gli abitanti e preso il controllo. Togliete i bambini e il grano, aggiungete il deserto e abitanti del posto adulto. Mantenente la crisi religiosa da pieghe che qui diventano pseudosataniche. Ecco Outlast 2. I richiami alla narrazione Kinghiana sono evidenti, forti. Anche qui c’è un orrore che ha preso il sopravvento sulla cittadina (come anche in It, e in Desperation, dello stesso autore). C’è il male, e viene fuori da tutte le parti, c’è la paura. E sono narrati in prima persona dagli occhi di un estraneo che si ritrova sperduto nella cittadina.

Nei pochi minuti a disposizione, telecamera alla mano, busserete alle porte, farete “irruzione” in alcune abitazioni, sperimenterete tutte le meccaniche che il titolo ha da offrire (e probabilmente offrirà) nella versione finale in arrivo l’anno prossimo. Cercherete di capire dov’è finita la vostra compagna, perchè attorno a voi è tutto così sbagliato, correrete, urlerete, vi nasconderete, vedrete cose che non sono molto belle (i bambini stiano alla larga, qualcuno pensi ai bambini!) fino a finire l’esperienza con il fiato in gola. Ah, già: lungo il percorso prenderete una quindicina di infarti. Ma ne vale la pena.

Commento finale

Outlast 2 punta tutto su tre fattori: le meccaniche del predecessore, l’atmosfera nefasta e magica dell’Arizona, e quel piccolo filo conduttore che potremmo chiamare “narrazione”. Bisogna andare avanti, per capire perchè siamo lì. Bisogna nascondersi, per non fare una brutta fine. Bisogna indigare, per fare luce su alcuni aspetti del nostro passato che, non è chiaro come, hanno qualcosa a che fare con la nostra presenza nel luogo maledetto. C’è qualcosa che sta accadendo in quella cittadina nel deserto, ed è qualcosa di oscuro e pericoloso. Voi ci siete dentro fino al collo, cari. Buona fortuna. Noi nel frattempo iniziamo a contare i giorni che mancano prima del rilascio ufficiale.

Aspettative Perplessità
– La demo in sè è ottima per diversi aspetti (storia, setting, meccaniche, …)
– Speriamo questi aspetti vengano mantenuti e perfezionati
– Una maggiore varietà alla lunga gioverebbe
– L’interpretazione deve essere difficile, ma non impossibile
– Graficamente diversi aspetti vanno perfezionati
 
 

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