Recensione Catherine


L’evoluzione di Atlus

Si può notare sin da subito che Catherine è un’opera del Persona Team, sin dai primi secondi durante i quali il logo Atlus compare macchiato di sangue, con un effetto sonoro profondo e inquietante che mette a dura prova il subwoofer dell’impianto audio del giocatore.
Questo è un tocco di classe che si dimentica subito, mentre si viene coccolati dalle citazioni di Shakespeare durante i brevi caricamenti, mentre si può navigare menu al limite del folle, mentre si viene accompagnati dalla colonna sonora composta dal talento Shoji Meguro.

L’introduzione del titolo, mette subito a proprio agio il giocatore, presentando una trasmissione televisiva intitolata “Golden Playhouse” anticipata da un breve filmato che si ispira molto agli anime contemporanei.
Durante l’avventura, la narrazione non interattiva avviene con un mix di scene create dal motore di gioco e filmati di qualità assoluta, creati dal più celebre “Studio 4°C“, famoso per moltissimi lungometraggi come “Memories“, “Spriggan” e “Animatrix“.

Il dualismo delle due tecniche potrebbe spiazzare all’inizio, soprattutto perché la transizione da una tecnica all’altra è netta e molto spesso è improvvisa, a metà di una scena con un solo brevissimo caricamento si può passare da uno stile visivo all’altro.

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Il character design è un’evoluzione di quello classico di Atlus la limpidezza e la cura di ogni elemento dello scenario è a dir poco sorprendente.
Il dettaglio di ogni personaggio, dal battito di ciglia, al graffio sulla pelle, alla cura e all’invecchiamento della stessa è tutto curato in ogni minimo particolare.

La colonna sonora del titolo non è criticabile visto che il talentuoso compositore Shoji Meguro è riuscito confezionare un mix di generi che si amalgamano in modo perfetto tra loro, inoltre ogni livello di gioco disporrà di un pezzo del tutto nuovo senza riciclare cosi elementi musicali.

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