Introduzione
L’anno che stiamo vivendo ha profondamente stravolto le nostre abitudini. Infatti, ci stiamo sempre più abituando a nuove realtà ed a nuovi modi di agire e di pensare. Uscire, scoprire, viaggiare sembrano ormai delle parole avulse al nostro vocabolario. E se vi dicessimo che invece esiste un modo per scoprire nuove e misteriose realtà? Viaggiare fra regni medievali in lotta fra loro, visitare città post-apocalittiche o vagare fra lande desolate che raccontano la storia di un’eredità perduta. Tutto questo è possibile grazie al gioco di ruolo, la cui più famosa incarnazione è senza dubbio Dungeons & Dragons, abbreviato in D&D.
Da fenomeno di nicchia a fenomeno globale
Dungeons & Dragons, pubblicato nel lontano 1974, è ancora oggi tremendamente attuale. La sua storia, costellata da varie edizioni che ne hanno modificato e stravolto nel tempo la struttura e le meccaniche, è giunta al quinto episodio, ovvero quella quinta edizione che ne ha, ancora una volta, esaltato il successo a livello internazionale ed intergenerazionale. Infatti, i giocatori di D&D sono di tutte le età, dai neofiti più giovani, catturati dall’immediatezza con la quale si può iniziare a giocare, ai veterani di tante battaglie, il cui spirito è magari legato ad una profondità di gioco che può essere virtualmente infinita.
Al giorno d’oggi D&D spopola su Twitch dove alcune campagne vanno avanti da anni e sono seguite puntualmente da una marea di appassionati nel mondo. Tantissime personalità dello spettacolo, soprattutto “made in USA”, giocano sovente di ruolo, o meglio, ruolano con passione, aiutando l’espansione di un fenomeno che sta conquistando sempre più persone. La Wizards of the Coast, azienda proprietaria del marchio Dungeons & Dragons, ha annunciato per il 2020 un incremento delle vendite di D&D del 65% in Europa rispetto all’anno precedente. Un chiaro segnale che questo è davvero un periodo d’oro per lo storico marchio.
Iniziare a giocare
Dungeons & Dragons è come la creta: può essere modellato in qualsiasi forma si voglia. I partecipanti al gioco possono infatti preferire un approccio semplice, ad esempio un gruppo di personaggi che affrontano un’avventura da completare in una singola sessione di gioco (definita, in questo caso, un’avventura one-shot) come per esempio potrebbe essere difendere il piccolo forte di un isolato villaggio dall’assalto di spaventosi orchi, oppure uno più complesso. Quest’ultimo prevede più sessioni di gioco e i giocatori saranno chiamati a portare a termine più imprese altisonanti, collegate fra loro, che li facciano diventare degli eroi riconosciuti in tutto il regno (in questo caso, si parla di campagna).
Creazione del personaggio
In ogni caso, il giocatore deve prima creare il suo personaggio: potrebbe voler interpretare un rozzo guerriero nano, abituato a risolvere i suoi problemi a colpi d’ascia, oppure un colto mago elfo, studioso dei segreti della magia, oppure ancora un misterioso ladro umano, sfuggente e dalla parlantina sciolta con la quale riesca sempre a cavarsi fuori dalla situazione più complicata, oppure ancora un devoto ad un’entità malvagia appartenente ad una semisconosciuta razza esotica.
Il Manuale del Giocatore contiene una collezione di razze e classi che un giocatore può scegliere per dare vita al proprio personaggio. Questi potrà essere ulteriormente caratterizzato attraverso sottorazze, sottoclassi, abilità ed allineamento (la bussola morale del personaggio). In questo modo ogni personaggio, anche se appartenente alla stessa razza o classe di un altro, sarà comunque profondamente differente da quest’ultimo. Ed è proprio qui che risiede la magia di D&D: si può dare vita ad un personaggio che rispecchi l’aspetto, il carattere o le scelte di chi l’ha creato oppure che sia tutt’altro. Si può spaziare con la fantasia e dare vita ai personaggi più incredibili.
Gli strumenti di gioco
Dopo aver creato, grazie all’aiuto del Manuale del Giocatore, il proprio personaggio, si passa poi ad annotare tutte le sue informazioni e abilità sul principale strumento di gioco, ovvero la scheda del personaggio. Si parte dai punteggi di caratteristica che si traducono poi in tutta una serie di abilità nelle quali il personaggio risulterà più o meno capace. Prendiamo l’esempio di un forzuto barbaro: costui avrà sicuramente un alto punteggio di Forza, che gli consentirà di trasportare più peso e di causare più danni ai nemici con le armi pesanti. Ce lo immaginiamo però dotato di scarsa Intelligenza, il che lo renderà non tanto brillante nei ragionamenti o nel risolvere indovinelli e enigmi ambientali.
Ecco, ogni personaggio avrà dei pro e dei contro e questo è parte integrante del divertimento. Non è plausibile che un personaggio eccella in tutto ciò che fa. Il segreto quindi è quello di creare un party (gruppo di personaggi) equilibrato e dotato di abilità, caratteri e sfaccettature diverse. Ma veniamo all’altro strumento di gioco che incarna l’essenza di Dungeons & Dragons: il dado. Anzi, i dadi! D&D prevede la possibilità che l’esito di praticamente qualsiasi azione che un personaggio voglia intraprendere possa essere decisa da un lancio di dado. Quello più utilizzato è il famigerato d20.
L’utilizzo dei dadi
Mettiamo che due personaggi vogliano passare inosservati agli occhi di un gruppo di guardie. A questo punto effettueranno una prova di furtività, ovvero lanceranno il d20 e sommeranno (o sottrarranno) il loro modificatore di furtività, un bonus (o malus) indicato in scheda e derivante dai loro punteggi di caratteristica scelti inizialmente. Questo risultato determinerà in che modo svolgeranno la loro azione, ovvero se riusciranno a passare inosservati o meno. Questa stessa meccanica di gioco si applica quando, ad esempio, un personaggio voglia effettuare un attacco per colpire un nemico.
Di norma, con un tiro di dado pari a 20 si avrà un successo critico, ovvero un’azione riuscita talmente bene da avere risvolti estremamente positivi, mentre con un tiro pari a 1 si avrà un fallimento critico, ovvero un’azione fallita nel peggiore dei modi e che potrebbe portarsi appresso altri nefasti strascichi.
Ma, hey, come fa un giocatore a sapere se effettivamente il suo personaggio è riuscito a passare inosservato oppure a colpire il nemico? Semplice, con l’aiuto di un altro giocatore, che svolge il ruolo di Dungeon Master.
Il Dungeon Master
Vi starete chiedendo “quanti giocatori servono per giocare a D&D?” e la risposta è che si può iniziare a giocare già da 2 persone, anche se un gruppo di 5 è spesso considerato come l’ideale. A prescindere da quanti siano i componenti del vostro gruppo di gioco, però, una cosa è necessaria. Uno di essi deve svolgere il ruolo di Dungeon Master, reso anche come DM o Master. Costui è usualmente il giocatore che dimostra il maggior interesse per il gioco o semplicemente il più esperto. I suoi compiti comprendono gestire (e impersonare) i PNG (personaggi non giocanti), i nemici e gli eventi che accadono nel mondo di gioco, come ad esempio stabilire l’esito delle azioni dei personaggi.
“La prima regola di Dungeons & Dragons è che in questo gioco non si vince”
Giocando anche nei panni dei nemici, potrebbe sembrare quindi che il Master sia l’avversario dei giocatori e che costoro debbano sconfiggerlo, ma non è così. La prima regola di Dungeons & Dragons è che in questo gioco non si vince, ma si vive un’esperienza che il Master condivide con i giocatori. Non è quindi a loro contrapposto ma vive insieme a loro questo incredibile viaggio. Certo, per fare il Master bisogna avere una conoscenza quantomeno basica delle regole di gioco, delle sue meccaniche e situazioni così da poter gestire il susseguirsi degli eventi. Per fare tutto ciò egli è aiutato dalla presenza di un manuale a lui dedicato chiamato proprio Guida del Dungeon Master.
Tuttavia egli non si limita a giocare con i giocatori e ad applicare le regole. Infatti, dietro al suo iconico schermo che nasconde i suoi appunti e le informazioni di cui ha bisogno, il Master può tranquillamente decidere di piegare il gioco e le regole alla sua volontà. Facciamo un esempio: dicevamo prima di due personaggi che volevano passare inosservati agli occhi delle guardie. Il DM stabilisce (tenendo quest’informazione per sé) che soltanto chi riuscirà ad ottenere un 15 o più alla prova di furtività riuscirà a passare inosservato. Tuttavia, potrebbe decidere di premiare un giocatore che abbia ruolato (in questo caso interpretato) la scena in modo creativo o dettagliato, nonostante abbia totalizzato, diciamo, un 13. Insomma, è lui a tirare le fila del gioco.
Ovviamente deve esserci buon senso, ed andrebbero evitate pretese ridicole ed eccessive, sia da parte dei giocatori (pretendere, ad esempio, di scalare la montagna più alta del regno senza attrezzature solo perché si è fatto un punteggio alto al tiro di dado) sia da parte del Master (essere troppo punitivi o permissivi con i propri giocatori) concentrandosi sul godersi il divertimento dando il meglio di sé stessi.
Mondi di gioco
Che storia può essere giocata? Semplice, qualsiasi! Infatti, il Master può scriverne una di proprio pugno, utilizzando altre risorse messe a disposizione. Ad esempio il Manuale dei Mostri, che contiene la descrizione e le caratteristiche di tutta una serie di creature, piccole e grandi, docili e fameliche, che egli potrà inserire a piacimento nelle sessioni di gioco. Oppure potrà utilizzare una delle innumerevoli storie, ufficiali e non, acquistabili in formato cartaceo o digitale. Per quanto riguarda l’edizione attuale di D&D, esistono storie a tema fantasy medievale, vampiri, post-apocalittiche e via dicendo. La rete brulica di manuali homebrew (non ufficiali) con nuovi mostri, razze, classi, poteri e personalizzazioni.
Esperienza di gioco ad hoc
L’essenziale per giocare a Dungeons & Dragons è: una scheda del personaggio, dei dadi, una matita e… la fantasia della vostra mente. Esistono tanti materiali aggiuntivi che possono essere utilizzati per rendere il tutto più autentico, più realistico o più immersivo, ma questo è assolutamente opzionale. Infatti tiles, mappe quadrettate, miniature ed altri oggetti implementano l’esperienza di gioco con nuove sensazioni ma, ripetiamo, non sono necessarie allo svolgimento del gioco. Lo stesso Master potrebbe decidere di preparare del materiale da dare ai propri giocatori. Ad esempio immagini che rappresentano i PNG, mappe di gioco eccetera, ma anche questo è del tutto facoltativo. Alcuni oggetti potrebbero non aggiungere nulla all’esperienza di gioco o addirittura creare confusione fra i giocatori al tavolo. Bisognerà quindi valutare quali strumenti utilizzare e quali no.
Ruolare dal vivo e online
Un altro aspetto fondamentale dell’esperienza di gioco è stabilire se le sessioni di gioco verranno giocate dal vivo, a casa del Master o di un altro giocatore, o verranno effettuate online. Esistono vari siti e piattaforme che permettono lo svolgimento in rete di una campagna. In quest’ultimo caso va specificato che una sessione di Dungeons & Dragons dal vivo è in grado di trasmettere emozioni più autentiche. Purtroppo, incontrarsi di persona non sempre è possibile o semplice, quindi ben venga la possibilità di organizzarsi in modo fluido.
Problemi e spunti al tavolo di gioco
Diciamolo chiaramente: il giocatore che non offre del cibo o una birra ghiacciata al Master è destinato a vedere il suo personaggio patire le pene dell’inferno!
Scherzi a parte (mica tanto!) ci sono alcune tematiche o comportamenti che potrebbero minare l’esperienza complessiva di gioco: se la storia proposta dal Master risultasse troppo complicata, i giocatori potrebbero perdersi nei meandri della stessa, mentre se egli non fosse preparato adeguatamente ed avesse bisogno di controllare i manuali ad ogni tiro di dado, il ritmo della sessione crollerebbe vertiginosamente andando a minare l’attenzione dei giocatori, che si annoierebbero non poco.
D’altro canto, anche i giocatori possono dare grane al gruppo, pur senza accorgersene necessariamente. Ad esempio, un giocatore più esperto potrebbe monopolizzare l’attenzione al tavolo da gioco facendo tutto da sé, mentre dovrebbe lasciare il giusto spazio a tutti i componenti del party. Un giocatore più introverso potrebbe far fatica ad esprimere le sue sensazioni rimanendo poco coinvolto nella sessione, ed andrebbe quindi aiutato dai giocatori più spigliati affinché possa divertirsi pienamente.
Un altro tipo di giocatore potrebbe essere distratto, magari dall’uso dello smartphone. Stabilire un codice di condotta comune può essere un modo pratico per evitare che questo giocatore continui a distrarsi e che faccia distrarre gli altri giocatori, andando a minare il suo divertimento (e conseguentemente quello di tutti gli altri). In generale, l’unico comandamento al tavolo deve essere quello di divertirsi, cercando di dare il meglio di sé stessi sia come singoli che come gruppo.
Il palcoscenico è dei personaggi
È bene che il Master tenga sempre a mente che i protagonisti della storia sono i giocatori, e quindi non dovrebbe sostituirsi a loro prendendosi le luci della ribalta. Gli stessi PNG, per quanto possano essere ben caratterizzati, dovrebbero restare sullo sfondo, perché il palcoscenico è dei giocatori e dei loro personaggi. Se un giocatore si dimostra particolarmente in serata, oppure affronta una situazione in modo creativo e sorprendente, il Master può donargli ispirazione. Si tratta di una meccanica di gioco volta a fornire dei bonus ai tiri di dado del giocatore in questione. Questo è uno strumento del Master per far capire ad un giocatore che si sta ben comportando ed è uno stimolo per i giocatori ad affrontare la sessione in modo partecipativo.
Non ci sono limiti
Se il vostro gruppo di gioco è affiatato e ognuno ha lo spirito giusto, non esiste sfida che non sarete in grado di affrontare. Nessuna impresa vi sarà preclusa e nessun nemico sarà invincibile. Per non parlare del fatto che sicuramente, durante le ore di gioco, verranno a crearsi diverse situazioni. Da quelle divertenti e comiche a quelle serie, tristi e drammatiche, proprio come nell’arco di una vita accadono eventi negativi e positivi.
L’importante è saper prendere il buono da ogni cosa, perché non è detto che non ci si possa rialzare dopo una sconfitta, anzi, a volte ruolare può perfino insegnarci qualcosa che ci porteremo dietro nella nostra vita. L’altra nostra vita.
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