Cospirazioni e tradimenti
Abbandonata l’ ambientazione da Seconda Guerra Mondiale, Treyarch ha esteso la trama di Call of Duty: Black Ops a periodi storici più lunghi e raramente trattati in uno sparatutto: la guerra fredda, il Vietnam e le cospirazioni. A rendere il tutto ancora più interessante ci pensa la storia incentrata sul protagonista, Alex Mason, soldato scelto del gruppo speciale Black Ops e raccontata partendo dal lui stesso, vittima di un losco figuro intento a strappargli una verità che nemmeno lui crede di conoscere. La scena introduttiva con una donna che elenca una serie di numeri ad un microfono fa subito salire la temperatura. Subito dopo, seduto su una sedia da laboratorio, con le mani legate, il giocatore si ritrova nei panni del protagonista, cercando di ricordare il significato di quei numeri come vuole il suo aguzzino, che nel frattempo lo sottopone ad una barbara tortura con l’elettroshock.
E’ così che grazie a questi flashback la storia viene rivissuta dalla parte di Alex Mason, attraverso le missioni da lui svolte a cavallo tra i primi anni ’60 e il 1968, con un rimando al 1948, in cui le superpotenze di Usa e Russia si sono imbattute nella piccola ma ostica Cuba, capitanata da Fidel Castro e bersaglio della prima missione.
La scelta di porre Castro come obiettivo della prima missione, e quindi con un rimando al mondo reale, fantapolitico o meno che sia, ha permesso a Treyarch di raccontare una storia ovviamente fittizia ma dannatamente credibile e affascinante. Non è per niente semplice raccontare fatti realmente accaduti in giro per il mondo e in momenti termporali diversi, citando ad esempio l’ex Presidente americano Kennedy, il capo di stato sovietico Kruchov, e incastonarli delicatamente in un mosaico storico-narrativo credibile. Il rischio di cadere nel paradossale è stato sempre in agguato, ma Treyarch è perfettamente riuscita in questa operazione, creando un prodotto con una trama, che da ogni punto la si guardi ha coerenza e drammaticità.
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