Un dantesco inferno di lussuria
Versione testata PS Vita.
Ci sono alcuni giochi che possono essere valutati ancor prima di essere giocati. Basta un’occhiata alla copertina e a qualche screen e probabilmente hai già intuito di che pasta sono fatti. Si può infatti capire molto dal modo in cui un publisher decide di venderti un prodotto e, con un po’ di attenzione, non è nemmeno troppo difficile azzeccare qualche previsione: target di riferimento, profondità delle meccaniche di gioco, caratteri dei personaggi…
Ci sono poi delle volte in cui ti arriva un videogioco, accendi la console e dopo qualche ora inizi a pensare che forse, anzi, quasi sicuramente, hai preso una bella cantonata. Ti ritrovi così tra le mani qualcosa che, nel bene o nel male, non è affatto quello che ti aspettavi.
Criminal Girls: Invite Only è uno dei classici esempi in cui abbiamo iniziato una partita con un certa disposizione mentale (e fisica) ma ben presto ci siamo dovuti ricredere. Il titolo, remake rivisto, adattato e, purtroppo, censurato di un gioco per PSP uscito nel 2010 solo in Giappone, si è dimostrato, infatti, ben lontano dalla “giappominkiata” perversa che ci eravamo aspettati in un primo momento.
Beh, forse non così lontano…
Lasciate ogne speranza, voi ch’intrate
Vieni svegliato a suon di ceffoni in quella che ha tutta l’aria di essere una prigione: a quanto pare ti sei addormentato sul tuo nuovo posto di lavoro, il primo giorno. Sei nei guai, infatti ti becchi subito un altro ceffone, tanto per gradire. Ma che tipo di lavoro hai accettato? Non dovevi fare il guardiano in uno zoo o qualcosa di simile? La donna di fronte a te, che si diverte a prenderti a sberle, si chiama Miu Manase e ti introduce subito ai tuoi compiti. Scopri allora che nelle celle non ci sono animali selvatici, o meglio, non letteralmente. La tua sovrintendente ti spiega che le quattro ragazze di fronte a te (tre sono scappate, ma non sembra di grande importanza) sono le anime di giovani peccatrici, finite all’Inferno per le proprie colpe. E no, non sei morto anche tu, sei solo in una sorta di sogno (o incubo?) indotto per portare a termine la tua missione.
Ti è stata infatti assegnata la rieducazione di queste “piccole” delinquenti, passate a miglior vita troppo giovani per essere considerate delle vere e proprie criminali. “Reformation” è il nome del programma di riabilitazione e recupero di cui hai accettato di prendere parte. Il tuo compito? Guidare e motivare (punire, nella versione giapponese, ndr) queste peccatrici attraverso diverse prove, in quella che è a tutti gli effetti una torre infernale su quattro livelli principali.
Qualcosa però non va come previsto – ti pareva!? – ed il tuo mentore è costretto a lasciarti da solo al tuo triste destino di educatore, ancor prima che la prova vera e propria abbia inizio. Prima di andarsene, però, ha avuto giusto il tempo di spiegarti come motivare le delicate fanciulle che ti sono state affidate… a colpi di frusta!
Acquitrini, fuoco e ghiaccio: chiamatemi Virgil!
Non fatevi ingannare però: i mini-giochi da sexy cabinato, con strumenti più o meno fetish, giustificano pienamente l’indicazione “vietato ai minori” del Pegi, ma finiscono anche per distogliere l’attenzione da quelli che sono gli spunti più interessanti del lavoro di Nippon Ichi Software. Punire le ragazze (scusate ma non abbiamo mai visto nessuno “motivare” i sottoposti con manganelli elettrici o simili, ndr) è un passatempo che può risultare più o meno piacevole a seconda della propria sensibilità e capacità di scindire realtà e finzione, non il fulcro dell’esperienza ludica. Ci sono sì 4+1 diverse tipologie di punizioni, che sfruttano i due pannelli touch di PlayStation Vita (quello posteriore è un po’ più fastidioso da gestire), ma questi servono principalmente a sbloccare gli attacchi e le abilità sopite delle ragazze, così da poter affrontare i vari combattimenti senza soccombere. Che poi permettano anche di diradare la nebbia sugli artwork che ritraggono le fanciulle in abiti e cosplay succinti, beh, questo non è che un diversivo per attrarre la parte più peccamonisa del videogiocatore.
Se si va oltre la rosea umidità della lotta alle tentazioni, ecco che appare, allora, la vera essenza di Criminal Girls: un dungeon crawler rpg, con combattimenti a turni del tutto originali ed una trama che attinge a pieni mani dalla Divina Commedia, finendo per citarla anche direttamente. Il cammino di redenzione delle “ragazze criminali” diventa così il nostro personalissimo viaggio attraverso scenari di chiara ispirazione dantesca, dalla palude (Stigia) degli iracondi al deserto di fiamme che ospitava i violenti, passando per le gelide acque del Cogito ove Dante condannò i traditori (non è un caso, quindi, che la terza prova abbia a che fare proprio con un inganno). Il tutto è condito da quel pizzico di follia tutto nipponico – che altro non è se non un diverso modo di approcciarsi al mondo – il quale permette agli sviluppatori di buttare nel mixer anche qualche cliché italico (mafia) e di porre, quale apice delle sofferenze umane, i traumi della vita scolastica.
Non abbiamo ovviamente un intreccio da Oscar (il genere si è retto tranquillamente per anni anche senza alcun accenno narrativo), ma le vicende di Ran, Alice, Sako, Himekami e di tutte le altre ragazze, riescono a creare una sorta di empatia con il giocatore, il quale finirà per forza di cose, tra una frustata e l’altra e qualche sessione di solletico, per affezionarsi a quelle povere anime prave.
Desideri dannati
Assolutamente da manuale la componente esplorativa, che ci costringerà ad attraversare in lungo in largo i quattro piani di ciascun livello della torre, così da svelare la mappa, l’ubicazione delle infermerie (l’hub dove riposare, salvare, punire e fare acquisti) e quella dei molteplici scrigni. Il loro numero e le ricompense che offrono rappresenteranno sempre un giusto incentivo a percorrere palmo a palmo ogni centimetro dei dungeon. Tra quelle più gradite, segnaliamo i CM, ovvero la moneta del gioco utile sia a comprare oggetti sia a finanziare le punizioni, e le abilità combinate: oltre agli attacchi standard e alle varie skill, infatti, ciascuna peccatrice può accedere a due diversi attacchi combinati, che possono essere offensivi o di supporto, magici oppure fisici.
Dopo un tot numero di punizioni (5 per l’esattezza), le ragazze formuleranno inoltre una specifica richiesta al nostro alter ego, che dovrà accontentarle non solo per ridurre il costo delle sessioni motivazionali e di quello in MP per l’utilizzo delle abilità, ma anche per approfondire il background e la personalità dei vari personaggi. Uno di questi desideri, per esempio, ci porterà alla ricerca proprio della Commedia dantesca!
Come accennato in precedenza, il cardine del gameplay si fonda invece su un sistema di combattimento davvero originale e, per certi versi, sconcertante: prendendo come base un classico rpg a turni, caratterizzato da incontri casuali e boss progressivamente più potenti, Criminal Girls abbandona il classico meccanismo di selezione degli attacchi, puntando su un approccio “a scelta ridotta” davvero convincente. Se da un lato, infatti, l’impossibilità di avere accesso a tutte le abilità dei nostri personaggi può inizialmente disorientare, dall’altro la decisione di puntare tutto sulla rotazione dei personaggi (possibile una sola sostituzione prima di ogni turno), l’utilizzo di un singolo oggetto e, soprattutto, di un singolo attacco/abilità tra quelli che le quattro ragazze in campo decideranno di proporci, permette di superare la noiosa monotonia dei combattimenti contro i mostri più deboli. La strategia va così improvvisata e adattata al nemico di volta in volta, puntando su pattern di rotazione più o meno fissi e che possono dipendere non solo dalla situazione di salute delle ragazze (curarle, ad esempio, potrebbe far loro modificare la mossa stabilita), ma anche dalle possibili combinazioni che potrebbero eseguire con le compagne.
Anche e soprattutto le boss fight, dannatamente dure fin dai primi livelli, richiederanno così una perfetta conoscenza delle nostre protette, nonché un briciolo di fortuna ed un adeguato e oculato utilizzo degli oggetti, per sopperire a qualche imprevisto nell’attuazione della nostra strategia. Spesso sarà utile anche qualche game over prima di riuscire a capire lo schema di attacco del nemico, le reazioni che potrebbe suscitare sul nostro team e le nostre effettive possibilità di vittoria senza ulteriori sessioni di allenamento sul campo.
Nonostante tutto questo, però, una certa tendenza a riciclare i mostri più deboli, che talvolta differiscono solo per colore e debolezza elementale, unita ad una troppo esigua varietà del seppur discreto level design, contribuisce a vanificare parte degli sforzi profusi nel diversificare le sessioni di combattimento.
Che occhi grandi che hai…
I gloriosi sprite a 32bit…
Degli artwork in pose più che ammiccanti abbiamo già detto ed è inutile rimarcare quanto sia gradevole la resa dei disegni statici, in 2 dimensioni, su PS Vita. Testimone del peso degli anni è, invece, la versione chibi in movimento dei personaggi, ovvero sprite in stile 32-bit che poco si addicono alle qualità delle portatili dell’attuale generazione, dove persino i Pokémon hanno scoperto l’esistenza della terza dimensione. L’origine PSP del materiale originario risulta così piuttosto evidente in molti scenari e nelle animazioni degli scontri, ma è soprattutto nella gestione dei menù che questo porting pecca di una certa pigrizia: se, infatti, i mini-giochi sono stati restaurati per sfruttare le caratteristiche della “next-gen”, ciò non si può dire di tutto per tutto il resto, dove il touchscreen rimane assolutamente vergine. Un piccolo sforzo in più, almeno nei menù principali, sarebbe stato senza dubbio gradito.
Molto orecchiabile, infine, la colonna sonora che, ai motivi lenti e gravi delle esplorazioni, alterna temi più movimentati nel corso delle battaglie. Entrambe le tipologie si adattano bene ad un rpg, permettendo al giocatore di immergersi nel mondo di gioco senza annoiarlo con musiche troppo monotematiche. Ottima la “recitazione” dei personaggi sia con doppiaggio originale giapponese che con quello inglese.
Non fosse per una gestione bizzarra del “vero” finale, sbloccabile solo attraverso l’inserimento di un codice durante i titoli di coda, anche la longevità non sarebbe affatto male: 20-25 ore circa per la prima run, più il tempo necessario per assistere ai vari finali, portare a termine gli scenari segreti e sbloccare tutte le immagini bonus. Non prevista, invece, la possibilità di affrontare una nuova partita in modalità New Game Plus.
Commento finaleCriminal Gils: Invite Only va ben oltre l’apparenza da harem game leggero e un po’ sadico che traspare dai suoi “Motivate Time”. Nippon Ichi Software ha infatti inserito, all’interno del più classico degli rpg dungeon crawler, un sistema di gioco particolare, in grado di sopperire, almeno in parte, alla naturale ripetitività congenita nei combattimenti a turni. Senza rinunciare, tra l’altro, ad un livello di difficoltà adeguato e alla possibilità di imbastire delle strategie nel bel mezzo dei scontri più duri. Con un buon mix di cultura occidentale e orientale, che spazia con leggerezza tra le varie visioni dell’aldilà, questo porting propone anche una cornice coinvolgente e tutt’altro che banale alle vicende narrate. Peccato per i cinque anni di ritardo rispetto alla versione giapponese: il peso dell’età della versione originale inizia a farsi sentire.
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Pro | Contro |
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– Sistema atipico di combattimenti a turni
– Buona curva di difficoltà
– Graditi riferimenti alla letteratura italiana
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– Scenari ed alcuni mostri riciclati
– Pannelli touch non sempre impeccabili nei minigiochi
– Il passato PSP è difficile da mascherare
– Non localizzato in italiano (Jap/Eng; sub Eng)
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Voto Globale: 80 |