Recensione DreadOut 2, terrore indonesiano e fotocamere digitali

Orrore, fantasmi e magia sono elementi piuttosto ordinari del folklore indonesiano, spesso riversatosi in molti loro prodotti di intrattenimento tra cui lo stesso DreadOut originale. Circa dieci anni fa, la software house indipendente Digital Happiness realizzava la propria opera di esordio, nella forma di un survival horror di stampo classico, sfruttando le suggestioni della propria cultura, l’appeal delle ambientazioni asiatiche e un gameplay che strizzava l’occhio alla saga di Project Zero. Sebbene con tutti i limiti di una produzione quasi amatoriale, il titolo riscosse un buon successo al punto di portare alla realizzazione dello standalone Keepers of the Dark e, dunque, ad un vero e proprio sequel.

A distanza di oltre tre anni dalla sua prima release su PC (via Steam), seguita dall’approdo su PlayStation ed Xbox, DreadOut 2 si appresta ad infestare l’ibrida Nintendo. Ma al di là degli anni passati dal rilascio, sarà riuscito il modesto team di Digital Happiness ad affinare la formula del capostipite e, soprattutto, riuscire a modernizzarlo anche nel contesto del frizzante panorama indie?

DreadOut 2 sarà disponibile dal 18 Gennaio per Nintendo Switch (tramite eShop).


Versione testata: Nintendo Switch


Linda Meilinda o… Hamilton?

Come ogni horror che si rispetti, l’inquietudine deve far parte della formula perfetta per trasmettere le giuste sensazioni al pubblico. E DreadOut 2, in questo senso, decide di giocarsi carte interessanti… quantomeno sulla carta.

Dopo un succinto riassunto degli eventi principali del predecessore, la produzione Digital Happiness ci riporta nei panni di Linda Meilinda, la studentessa miracolosamente sopravvissuta agli orrori del primo capitolo. Una vittoria ottenuta a caro prezzo, non solo per i suoi compagni perduti, ma anche per il rischio di aver liberato una minaccia ancora più grande. Il prologo della nuova avventura porta la ragazza proprio nella sua scuola, in una notte lugubre, in cui molti studenti sembrano essere scomparsi ed altri si comportano in modo bizzarro… mentre creature si aggirano.

Linda è tornata ad affrontare nuovi orrori.

Non vi diremo molto altro della storia di DreadOut 2 anche perché, siamo sinceri, è raccontata piuttosto male. Il titolo infatti, dopo la misteriosa prefazione, si apre ad una ambientazione open world in cui sarà possibile esplorare non solo la scuola di Linda ma anche il resto della cittadina asiatica, incappando in una serie affascinante di orrori della cultura indonesiana derivanti direttamente dal folklore e dai racconti più famosi. Peccato che manchi spesso una chiara direzione nella narrativa. Anche la protagonista non convince pienamente, tra abilità combattive, fragilità fisiche ed una capacità quasi spettrale di correre a velocità sonica: più che una studentessa, a tratti ci è sembrata una Sarah Connor.

Sulla carta, la produzione indipendente vuole essere un ricco e sfaccettato caleidoscopio di influenze e brividi, ma finisce con l’essere godibile più nel singolo dettaglio che nella visione d’insieme. Parte del problema è legato non solo alla sceneggiatura complessiva, ma anche ad un comporto tecnico fin troppo modesto in rapporto alle aspirazioni. Il porting su Nintendo Switch ha il merito di preservare un’ottima fluidità generale e pregevoli effetti di luce, ma gli intoppi non mancano e soprattutto in modalità Portatile ci siamo trovati a dover scendere a compromessi con una risoluzione piuttosto bassa.

La scuola di Linda è di chiara ispirazione indonesiana e non poteva essere diversamente.

Selfie col fantasma… e se non basta, ecco il selfie stick!

DreadOut 2 tuttavia non nasconde una certa ambizione anche nelle introduzioni alla formula ludica.

Se il predecessore strizzava l’occhio a PROJECT ZERO prendendo in prestito la meccanica di combattimento legata all’uso delle fotografie (qui sostituite da un moderno smartphone con una batteria da millemila miliardi di mAh), DreadOut 2 si spinge oltre. Introduce infatti, accanto ai nemici incorporei, anche quelli dotati di una fisicità concreta. In questi casi, anziché scattare istantanee, dovremo ricorrere al buon vecchio olio di gomito e fustigare i nemici con quante più mazzate possibili.

Vi ricorda Project Zero? Esatto.

Un bel modo di variare il gameplay (ed evitare una sensazione di eccessivo deja vu) ma forse si sarebbe dovuto fare qualcosa di più in termini realizzativi. Ad essere infatti ancora piuttosto imprevedibili sono le hitbox dei nemici, così come le collisioni, restituendo sequenze di gameplay non esattamente fluide. Se ci aggiungiamo una risposta agli input che oscilla tra la pigrizia e l’iperattività, il quadro non è esattamente incoraggiante.

Una circostanza che dispiace, soprattutto al netto di quanto di buono gli sviluppatori hanno voluto inserire nel titolo. A partire dal già citato doppio sistema di combattimento, che rende gli scontri sempre dinamici, passando per l’impostazione open world ricca di sub quest e piccole grandi chicche per gli amanti degli horror orientali. In un certo senso, abbiamo visto in DreadOut 2 persino alcune attenzioni che sono mancate al recente porting di PROJECT ZERO: Mask of the Lunar Eclipse. Il che ci ha reso ancor più amaro buttare giù il boccone, una volta che ci siamo resi conto dei limiti della produzione.

I nemici corporei possono essere trattati con efficaci e risolutivi approcci fisici.

Planet Terror

Arrivati a questo punto avrete dunque compreso la nostra amarezza nel parlarvi di DreadOut 2.

Non ci troviamo di fronte ad un titolo pessimo, senza idee o passione. Anzi, tutt’altro. Pur con modesti mezzi, gli sviluppatori di Digital Happiness hanno fatto decisi passi avanti rispetto al primo capitolo e i fan della serie ne saranno indubbiamente entusiasti. A colpire è indubbiamente l’atmosfera che permea la produzione, così come la voglia di inserire tante piccole grandi novità capaci di omaggiare i classici del genere horror ma anche, a tratti, di avanzare qualche nuova prospettiva. Se poi avete un certo feeling con il folklore indonesiano e le sue incredibili leggende metropolitane, DreadOut 2 può realmente essere un prodotto più unico che raro.

Gli scontri fisici sono una bella introduzione la cui realizzazione è un po’ altalenante.

Tuttavia, dobbiamo anche fare gli avvocati del diavolo, per cui non possiamo soprassedere davanti ad alcune mancanze oggettive.

Le idee introdotte, così come il miglioramento tecnico generale, sono concetti inseriti su una giusta intuizione, ma altresì con una realizzazione contraddittoria complice il budget ridotto. Graficamente il titolo a tratti risulta gradevole soprattutto per direzione artistica e giochi di luce, ma appare altrettanto scarno e semplicistico in tantissimi altri frangenti. Il sistema di controllo appare reattivo ma si scontra spesso con collisioni approssimative ed interazioni lente. I combattimenti sono vari, ma peccano nella gestione delle hitbox e nel bilanciamento generale. La storia sarebbe teoricamente interessante, se non fosse narrata senza quasi pathos o trasporto, al punto da rendere a tratti incomprensibili cosa fare (o dove andare) per proseguire. Insomma: Digital Happiness ha un evidente buon fiuto, ma deve ancora focalizzare parecchie cose per massimizzare i propri sforzi.

L’atmosfera c’è ed è evidente.

Commento finale

DreadOut 2 segna il ritorno dei talenti di Digital Happiness nel mondo dei survival horror. Rispetto al passato, la formula è stata ampliata: tuttavia, persistono brutture tecniche ed un game design a tratti più oscuro della storia raccontata. L’avventura di Linda è ricca di spunti interessanti e lugubri, ma si affanna ed inciampa in un’ambizione fuori parametro rispetto ai mezzi e risultati raggiunti. In un mondo, come quello indipendente, in cui a volte si riescono ad ottenere risultati eccelsi che sanno coniugare risorse ed aspirazioni, la produzione indonesiana resta un esperimento incoraggiante ma ancora lontano dal giusto equilibrio per essere ricordato dal grande pubblico.

6.5

DreadOut 2


DreadOut 2 segna il ritorno dei talenti di Digital Happiness nel mondo dei survival horror. Rispetto al passato, la formula è stata ampliata: tuttavia, persistono brutture tecniche ed un game design a tratti più oscuro della storia raccontata. L'avventura di Linda è ricca di spunti interessanti e lugubri, ma si affanna ed inciampa in un'ambizione fuori parametro rispetto ai mezzi e risultati raggiunti. In un mondo, come quello indipendente, in cui a volte si riescono ad ottenere risultati eccelsi che sanno coniugare risorse ed aspirazioni, la produzione indonesiana resta un esperimento incoraggiante ma ancora lontano dal giusto equilibrio per essere ricordato dal grande pubblico.

PRO

Le suggestioni horror indonesiane sono affascinanti | Si ispira a Project Zero, a volte svecchiandone con merito la formula | Tante idee, tra open world, side quest e duplice sistema di combattimento |

CONTRO

Tecnicamente grezzo, soprattutto in modalità Portatile | La storia tende ad essere confusionaria ed inconcludente | Gli input alternano schizofrenia e bradipsichismo |

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