Misfit Village e Nordcurrent Labs hanno recentemente pubblicato il nuovo gioco ambientato nell’universo SCP. Il titolo? Go Home Annie, un thriller psicologico contorto caratterizzata da una storia alquanto originale. Come dipendente della Fondazione SCP (un’organizzazione segreta responsabile della cattura, del contenimento e dello studio di vari fenomeni paranormali, soprannaturali e altri fenomeni misteriosi, noti come “anomalie” o “SCP”, mantenendo al contempo la loro esistenza nascosta al resto dell’umanità), sarete chiamati a testare eventi paranormali creati artificialmente, risolvere enigmi, interagire con anomalie e scoprire i segreti della Replication Division. Il gioco è disponibile ora su Steam a 19.50 €.
Versione testata: PC (Steam)
Chi vi scrive, è sempre stato affascinato dalla Fondazione SCP e le sue tematiche. Un qualcosa che è possibile ritrovare sia in altri titoli videoludici (vedasi Control ad esempio) e sia in ambito cinematografico e similari, come nei film Old di M. Night Shyamalan e It Follows di David Robert Mitchell (e del suo atteso sequel They Follow), nonché in alcune serie tv cult, ed in particolare in diversi episodi di X-Files e Fringe. Tutti prodotti in cui è possibile rinvenire un SCP che può essere un oggetto, una creatura, un’anomalia o un umanoide che infrange le regole della natura.
Una storia assurda!
Dal momento in cui Go Home Annie inizia, verrete catapultati in un viaggio surreale che confonde i confini tra realtà e anomalia. All’inizio, l’ambientazione è una casa apparentemente normale, ma quando vi accingerete a ricreare i video e a mettere insieme le scene, capirete che questa casa è tutt’altro che normale. È una ricreazione di un’anomalia, legata alla misteriosa Replication Division della Fondazione SCP. Il gioco non perde tempo a immergervi nella vastissima tematica SCP e l’ambientazione iniziale prepara il terreno per un’avventura intrigante e piena di enigmi.
Una volta completati i compiti in casa, la storia cambia radicalmente. Annie si ritrova di nuovo nella realtà, o almeno nella versione della realtà voluta dalla Fondazione SCP. È qui che inizia il vero mistero. La Replication Division funge da hub in cui le anomalie vengono trovate, catalogate, ricreate (il che va in netto contrasto con il motto dell’organizzazione “Secure, Contain, Protect“) e studiate, ma è anche dove le domande personali di Annie iniziano a prendere forma. Perché è stata reclutata in questa oscura organizzazione? Qual è il suo collegamento con le anomalie, in particolare la prima che abbiamo incontrato nel gioco, la casa con un bambino in soffitta? Il viaggio di Annie è un viaggio orientato all’auto-scoperta, ma è anche una ricerca di risposte sul padre scomparso e sul suo legame con le anomalie. Le anomalie non sono solo oggetti o eventi, sono profondamente intrecciate con il suo passato e la sua identità. Questa dualità rende la storia intima e allo stesso tempo espansiva, mantenendo il giocatore attento e desideroso di scoprire la verità.
Una attenzione che viene spesso sconvolta e spezzata da un senso di disorientamento nel gioco, davvero troppo elevato (continuate a leggere per capirne di più); si tratta di un elemento ricorrente (e voluto) circa la strana situazione che sta vivendo in prima persona Annie. Mentre si esplora la Replication Division, ci si sente come una sorta di pezzo, di una componente di qualcosa decisamente più grande, fuori portata e incomprensibile. Ogni stanza, ogni anomalia è un vero e proprio puzzle da risolvere.
Ciò che rende questa struttura narrativa così avvincente è il modo in cui gradualmente si intensifica. La casa rappresenta solo l’inizio; man mano che il gioco procede, la portata si amplia, portandovi più in profondità nella storia di Annie e nel suo “particolare” legame con le anomalie. Tuttavia, questa escalation introduce anche un senso di caos, specialmente verso la fine, quando il gioco si sposta all’esterno. Le sequenze di guida e inseguimento sono tanto emozionanti ma anche altrettanto disorientanti, portandoci – più e più volte – a chiederci cosa fosse reale e cosa fosse un prodotto della mente fratturata di Annie. Questa ambiguità narrativa – a nostro giudizio – rappresenta sia un punto di forza che di debolezza dell’esperienza. Da un lato, ci ha trasmesso in modo efficace il disorientamento di Annie, dall’altro, ci ha lasciato una elevata sensazione di smarrimento e di poca chiarezza verso la fine.
Gameplay
In generale Go Home Annie è un gioco piuttosto lineare e basato sulla storia, quindi il fulcro del prodotto sta nel seguire (attraverso una visuale in prima persona) in gran parte gli obiettivi indicati con qualche rompicapo da risolvere qua e là (a dire il vero perfettamente bilanciati e mai tendenti alla frustrazione) e alcune sequenze platform (a volte fin troppo psichedeliche) che prevedono anche sezioni furtive e, cosa più interessante, l’uso della videocamera. La videocamera non funziona come ci si aspetterebbe. A volte mostra ciò che all’apparenza non c’è. Ad esempio, potrebbe mostrarvi la soluzione di un puzzle irrisolvibile o la posizione di un oggetto di cui avete bisogno in un’area in cui magari non ci siete ancora stati o addirittura di “richiamare” persone che non fanno parte del presente. Quando il segnale inizia a disturbarsi, sta a significare che c’è qualcosa che dobbiamo assolutamente controllare con attenzione. In alcuni casi, basta soltanto cercare nell’area circostante, in altri, bisogna ricreare proprio la scena proprio come mostrato dalle cassette. Sebbene l’utilizzo, in termini di tempo, è piuttosto limitato, il concetto e le meccaniche legate alla videocamera, è piuttosto interessante. Ci sono anche alcune scelte di dialogo nel corso del gioco, ma non sembrano avere alcuna influenza sull’esito finale di Go Home Annie. Abbiamo apprezzato anche il modo in cui il gioco ci ha immerso nell’azione. Inizia compassatamente in modo tale da comprendere l’atmosfera e le meccaniche, ma gradualmente aumenta, introducendo nuove sfide e ambienti. Il cambio di ritmo ha mantenuto l’esperienza fresca e coinvolgente dall’inizio alla fine anche se alcune meccaniche e tematiche potevano essere approfondite maggiormente.
Grafica e audio
Go Home Annie – considerando soprattutto il prezzo budget a cui viene proposto – ha un aspetto fantastico dal punto di vista grafico. Colori, texture e illuminazione sono fatti molto bene e contribuiscono davvero a creare un’atmosfera giusta e inquietante. L’unica parte deludente relativamente all’aspetto grafico è relativa ai modelli dei personaggi i quali non ci sono sembrati particolarmente dettagliati e autentici. In termini audio – invece – qui possiamo dire che il lavoro dello sviluppatore è stato a dir poco eccellente. Il sound design sembra quasi vivo (cambia e reagisce in modi da rendere gli ambienti dinamici e imprevedibili) ed è finemente curato sotto tutti i punti di vista (tanto da sembrare che i suoni riecheggino e rimbalzino nella testa), dagli scricchiolii nella casa iniziale al ronzio dei macchinari nella Replication Division, l’audio riesce davvero a trascinarvi nel mondo del gioco creando una consapevolezza spaziale che è allo stesso tempo inquietante e accattivante e andando pertanto ad amalgamarsi perfettamente nel gameplay. Il doppiaggio altresì merita una menzione speciale. Purtroppo manca completamente la localizzazione in italiano ma quella inglese ci ha sorpreso. È davvero raro che un gioco “low budget” offra performance audio di prim’ordine, ma Go Home Annie invece non ha nulla da invidiare a titoli di più alto profilo e spessore. I personaggi (anche quelli che hanno avuto un tempo limitato sullo schermo), in particolare Annie, prendono vita attraverso le loro voci, aggiungendo profondità, tensione, curiosità, emotività e riuscendo anche a condividere al meglio il senso di disorientamento che stanno vivendo nel corso della storia.
Commento finale
Se vi piacciono i misteri da svelare in ambientazioni inquietanti e che non sono quel che sembrano, Go Home Annie, fa proprio a caso vostro. Non si tratta semplicemente di risolvere enigmi ma bensì di comprendere il viaggio psicologico e interiore della protagonista, un viaggio incredibile e stratificato ricco di profondità, tensione, curiosità e emotività che vi farà vivere una storia tanto inquietante quanto intrigante. Nonostante un elevato senso di disorientamento – soprattutto verso le battute finali di gioco – Go Home Annie, grazie anche a meccaniche ben realizzate e all’eccelso sound design, il tutto impreziosito da un doppiaggio eccellente, riesce a distinguersi dalla massa rappresentando – nelle poco meno di quattro ore necessarie per completarlo – un’esperienza assolutamente da non perdere.