Quando a Gennaio del 2022 Sony ha ufficialmente svelato i piani per il suo visore next gen, ha accompagnato l’annuncio con uno spettacolare trailer dedicato ad un gioco ambientato nel mondo di Horizon, una delle IP più celebri del mondo PlayStation e chiara dimostrazione della sua intenzione di scommettere fortemente sulla VR.
Horizon Call of the Mountain, quindi, non è solo il primo grande tripla A a sbarcare in VR dai tempi di Half Life Alyx ma, nelle intenzioni di Sony, anche un vero e proprio banco di prova per il suo visore di seconda generazione.
Se i ragazzi di Firesprite siano riusciti nell’impresa di regalarci il primo grande tripla A dei Sony studios, lo scoprirete solo leggendo fino alla fine la nostra recensione.
Horizon 1.5
Gli eventi di Horizon Call of the Mountain si collocano cronologicamente a cavallo tra Horizon Zero Dawn e Horizon Forbidden West e, sebbene ci sia spazio anche per un cameo di Aloy, il gioco ha un nuovo protagonista, Ryas, membro della sanguinaria tribù di Carja ribelli del re-sole Jiran, i “Carja delle Ombre”.
Il nostro alterego è stato catturato dai Carja Hami e Kavad e sta per essere trasportato dalla prigione in cui è rinchiuso, dinanzi a Marad Il Giusto che intende offrirgli un’opportunità: essere giudicato per i crimini commessi dalla sua tribù, oppure provare a redimersi accettando una missione particolare. Durante il trasporto, tuttavia, la barca viene attaccata da “qualcosa” e il nostro Ryas si troverà da solo. Prima però di poter scegliere se scappare o affrontare il suo destino, Ryas viene ricatturato da Hami e trasportato a forza davanti al re, dove apprenderà il motivo per cui è stato convocato e la missione che il re ha deciso di affidargli.
Free solo
Prima della scadenza dell’embargo, viste anche le poche immagini trapelate, il sospetto che Horizon Call of the Mountain fosse solo uno showcase per le potenzialità grafiche di PlayStation 5 e del nuovo visore o un insieme di mini games, era molto fondato. Per fortuna non è stato così: Horizon Call of the Mountain è un gioco completo con una longevità di circa 8 ore, senza considerare le attività secondarie come le sfide di allenamento, la raccolta dei collezionabili presenti nel gioco, la caccia ai trofei (elementi di cui parleremo tra poco). Una longevità apparentemente bassa per gli standard dei giochi flat ma sicuramente molto buona per i titoli VR dove mediamente ci attestiamo intorno alle 5-6 ore, salvo rare eccezioni .
Sebbene non manchino fasi di combattimento con l’arco, di cui parleremo più avanti, il fulcro del gameplay ruota intorno alla scalata. Ryas è un Carja delle Ombre scalatore e proprio a causa alla sua abilità è stato scelto per portare a termine una missione suicida che potrà dargli la possibilità di riscattare la sua libertà e allo stesso tempo ritrovare suo fratello Urid.
Se avete giocato a The Climb e The Climb 2, saprete che l’attività di scalata in VR è sempre foriera di una certa soddisfazione e Call of the Mountain non è da meno. Il merito è delle meravigliose visuali offerte dal gioco e dal buon level design che non mette mai in difficoltà il giocatore ma allo stesso tempo offre una buona varietà di situazioni, tra salti, arrampicate su corda e su roccia.
All’inizio della nostra scalata ci ritroveremo a scalare a mani nude: le rocce scalabili sono sempre indicate con una pitturazione in bianco, mentre le corde che è possibile utilizzare, in colorazione gialla. Nel corso del gioco poi, avremo la possibilità di costruirci utilizzando i tavoli da lavoro alcuni attrezzi come le piccozze che ci serviranno a scalare particolari rocce impossibili da scalare a mani nude.
Questi due elementi ci hanno ricordato da vicino Tomb Raider e il reboot del 2013 sebbene proprio la meccanica delle piccozze sia la più debole tra quelle introdotte nel gioco. Per utilizzarle è necessario infatti accedere alla ruota delle armi con il pulsante cerchio sul controller destro e triangolo su quello sinistro e poi selezionarle con lo stick analogico. Una volta selezionate, occorre tenere premuto il tasto R1 ed L1 per poterle tenere salde in mano. Questi passaggi risultano particolarmente fastidiosi durante le fasi in cui è necessario effettuare un salto. In alcuni punti, infatti, per proseguire nella scalata, occorrerà effettuare dei salti attraverso la pressione dei tasti R1 e L1 e il contemporaneo avvicinamento rapido dei due controller al petto. Si attiverà a questo punto una sequenza slow motion che ci permetterà di recuperare le nostre piccozze dalla ruota delle armi. Capite bene quindi che effettuare la procedura è un po’ macchinoso, e avremmo preferito di gran lunga un pulsante di accesso rapido allo strumento, come accade ad esempio con l’arco che è accessibile semplicemente portando la mano sinistra alla spalla sinistra e premendo il tasto L2.
Peraltro una volta equipaggiato l’arco non occorre tenere premuto il pulsante L2 per continuare la presa e quindi non capiamo il perché di questa differenza con la piccozza. Anche il meccanismo attraverso il quale è possibile riporre le piccozze nell’inventario è differente rispetto a quello previsto per l’arco. Mentre in quest’ultimo caso è sufficiente riportare la mano alla spalla e cliccare L2, con le piccozze nove volte su dieci questo sistema non funziona, e vi ritroverete a lasciarle cadere e a proseguire senza badarvi più di tanto, visto che le stesse saranno puntualmente presenti nuovamente nel vostro inventario. E’ un piccolo dettaglio ma che spezza decisamente la sospensione dell’incredulità, un elemento che dovrebbe essere sempre presente in qualsiasi gioco e in particolare in quelli altamente immersivi come i giochi VR.
Nel complesso, tuttavia, questa parte del gameplay di Call of the Mountain funziona e, sebbene come abbiamo già detto, non rappresenti mai una sfida eccessiva per il giocatore, è decisamente godibile.
Nel corso del gioco, vi troverete ad esempio a dover scalare aree sorvegliate da alcune “vedette” e quindi a cercare riparo dietro a delle assi, oppure a sollevare o abbassare dei carretti per coprire la visuale alle macchine e provare a passare inosservati. Abbiamo trovato estremamente godibili questi segmenti “stealth”, soprattutto se vi si approccia con un atteggiamento realistico senza lanciarsi allo sbaraglio.
Combat system ridotto all’osso
Le fasi di combattimento, nell’economia generale del gioco, sono davvero limitate ed estremamente semplificate, ma a nostro avviso si tratta di una scelta ben calibrata del team di sviluppo anche in vista del target principale del gioco.
Le fasi di combattimento contro le macchine di Horizon Call of the Mountain si svolgono tutte in una sorta di arene che, una volta raggiunte, daranno origine allo scontro. La visuale si blocca sul nemico al centro dell’arena e avrete possibilità di muovervi solo molto lentamente (con la levetta sinistra o agitando le braccia, a seconda del sistema di locomozione che avrete selezionato all’inizio) oppure effettuando schivate con la levetta analogica destra.
Così come in Horizon Zero Dawn e Forbidden West, le bestie meccaniche sono dotate di punti corazzati e di punti deboli, ad esempio le batterie per gli spazzini o l’occhio per le vedette, che se colpite dalle vostre frecce determineranno un colpo critico. La percentuale di danno inferta viene mostrata attraverso un numero ed è sempre una bella soddisfazione vedere il counter del danno crescere a dismisura quando si colpiscono questi punti deboli.
Le “arene” sono tutte ben integrate nel design dei livelli grazie ad una serie di abili stratagemmi, come ad esempio il crollo di un ponteggio che impedisce di allontanarsi dall’area e cosi’ via.
Il giocatore avrà a disposizione un arco, fornitogli direttamente dai Nora, e un arsenale infinito di frecce tradizionali. Più avanti nel corso dell’avventura avrete accesso ad altri tipi di munizioni come vampa e tuono che vi permetteranno di creare frecce elementali attraverso un sistema di crafting decisamente ben fatto. Una volta imbracciato l’arco, basterà infatti ruotare il polso verso sinistra per avere accesso al menù di fabbricazione. A questo punto, selezionata quelle di nostro interesse, dovrete assemblarvele da soli, montando ad esempio il piccolo serbatoio di vampa e la punta sulla parte anteriore e le piume sul retro. In totale nel corso del gioco esplorando i contenuti delle casse sparpagliate in giro, avrete la possibilità di raccogliere cinque diversi tipi di munizioni di fabbricazione così da avere sempre piena di frecce speciali la vostra faretra.
Attività secondarie
Come abbiamo detto Horizon Call of the Mountain offre anche alcune interessanti attività secondarie. E‘ possibile ad esempio lanciarsi nella ricerca dei bersagli scudo, disseminati in un certo numero in ogni segmento della mappa e che dovremo colpire con il nostro arco per sbloccare il relativo trofeo, oppure nella raccolta di collezionabili in forma di reliquie appartenenti alle varie tribù del mondo di Horizon. Queste potranno poi essere osservate accedendo alla sala di Marad dal livello che funge da Hub di gioco.
Proprio attraverso l’Hub di gioco, che si sbloccherà a partire da un certo momento dell’avventura in poi, sarà possibile attivare il viaggio rapido verso le missioni affidateci, accedere alla zona di allenamento, dove potrete cimentarvi in cronoscalate a tempo, oppure in una gara di mira con l’arco e anche avventurarvi in un Safari, che vi permette di godervi le splendide ambientazioni del gioco magari mostrandole ai vostri amici spettatori sulla TV di casa.
Non mancano infine, per i completisti, ben 36 trofei compreso quello di platino, alcuni sbloccabili direttamente durante l’avventura, altri missabili come quello dello “scalatore leggendario” conferito al completamento di tutte le cosiddette scalate leggendarie.
Opzioni di Comfort
Come abbiamo detto le fasi di combattimento appaiono tutte estremamente semplificate e statiche ma questa ci è apparsa più una scelta di design, che una pigrizia del team di sviluppo. Call of the Mountain è infatti un gioco che probabilmente rappresenterà per molti il primo gioco in VR e creare un sistema di combattimento estremamente dinamico e veloce avrebbe potuto creare più di qualche problema di motion sickness ai giocatori alle prime armi. Proprio in relazione a questo aspetto Horizon Call of the Mountain offre diverse opzioni di comfort. Non è presente il sistema cosiddetto di teletrasporto che vi “teletrasporta” appunto in un punto preciso del percorso, ma è possibile muoversi agitando le braccia (opzione consigliata a chi è alle prime armi) oppure per i più navigati, scegliere l’opzione di movimento continuo. Allo stesso modo è presente sia un sistema di rotazione a scatto, sia un sistema di rotazione continua (decisamente non consigliato a chi soffre di problemi di chinetosi alias motion sickness).
Una gioia per gli occhi.
Uno degli aspetti sicuramente più riusciti di Horizon Call of the Mountain è sicuramente quello tecnico. Il gioco è letteralmente una gioia per gli occhi, offrendo panorami e vedute davvero spettacolari, esaltate dai colori brillanti e dai neri assoluti del pannello OLED HDR di PlayStation VR2. Gli scorci che si aprono alla vista una volta raggiunte le vette più alte, dopo una faticosa (letteralmente) scalata, sono davvero emozionanti.
Tuttavia si tratta appunto di scorci e non di aree realmente esplorabili che, anzi, risultano estremamente limitate.
Horizon Call of the Mountain è un gioco “lineare”, sebbene in alcuni punti sia possibile scegliere tra due percorsi differenti, e va bene così per un gioco VR. Il vero problema sta nel fatto che alcune aree appaiono bloccate da muri invisibili che in un titolo tripla A in VR non dovrebbero mai esistere (non esistono ad esempio in Alyx grazie ad un eccellente level design) e nella scarsa possibilità di interazione con la gran parte degli elementi di gioco come vegetazione, piante e fiori. Certo qua e là incontrerete oggetti come maracas, xilofoni, flauti di pan, martelli, frutta (utile per recuperare energia) e persino pennelli e colori con i quali dare sfogo alla vostra creatività, ma si tratta di gimmicks a cui avremmo rinunciato volentieri in cambio ad esempio della possibilità di raccogliere piante o interagire con fiori e foglie della lussureggiante vegetazione.
Molto buona l’implementazione del foveat rendering e del tracking oculare. Il primo ha permesso di renderizzare in 4K a 90FPS le ambientazioni di gioco anche sull’hardware di certo non esuberante della console di Sony, restituendoci anche modelli poligonali con dettagli davvero eccezionali. Stare a due passi da Aloy e guardarla dritto negli occhi è sicuramente una esperienza estremamente emozionante per i fan del gioco. Il secondo invece è stato implementato per la navigazione nei menù e, per la prima volta anche per il tiro con l’arco. Quando infatti si inquadra il bersaglio con gli occhi la punta della freccia emette un brevissimo bagliore avvisandoci che la mira è giusta.
Commento finale
Giudicare Horizon Call of the Mountain utilizzando lo stesso metro di paragone di un gioco flat, come purtroppo hanno fatto molti colleghi, è non soltanto sbagliato ma anche ingiusto. Horizon Call of The Mountain non è un open world come le sue controparti “flat”, ha un combat system estremamente semplificato e una longevità limitata, eppure nell’attuale panorama dei giochi VR è sicuramente uno dei titoli più importanti non soltanto per l’importante IP a cui appartiene. Pur rimanendo ben distante per quanto riguarda la scala di valori e l’expertise, da quel capolavoro assoluto che è Half Life: Alyx, Horizon Call of the Mountain è la dimostrazione che si può realizzare un’ottima tripla A accessibile ad un vasto pubblico e allo stesso tempo estremamente divertente. Insomma un ottimo biglietto da visita per la prossima generazione della VR made in Sony.
[…] primo consiglio è scontato. Horizon Call of the Mountain è senza dubbio il gioco graficamente più impressionante attualmente disponibile per PSVR 2. […]
[…] che, complice anche il ritmo più compassato dei movimenti del personaggio rispetto a giochi come Horizon Call of the Mountain, fa il suo lavoro senza in alcun modo essere notato, proprio come dovrebbe […]