Iron Man al quadrato
Tutto il mondo conosce adesso l’identità di Tony Stark alias Iron Man, l’industriale miliardario che combatte il crimine con un’armatura speciale di sua invenzione, soggetta a perfezionamenti e ad una serie di innovazioni tecnologiche rivolte al bene dell’umanità. Mentre il governo statunitense insiste per impossessarsi della sua armatura, Ivan Vanko, un oscuro personaggio legato al passato della famiglia Stark, si fa avanti con l’intenzione di distruggere Tony mediante una nuova arma devastante, ispirata alla tecnologia Stark. A complicare ulteriormente le cose, si uniscono a lui la sensuale ma anche letale Vedova nera e il pericoloso Justin Hammer. Tony dovrà ricorrere a tutti i suoi alleati per fronteggiare i cattivi, i quali annunciano morte e distruzione.
Secondo capitolo di quella che ormai possiamo definire a tutti gli effetti come la saga Iron Man, diretto come il precedente da Jon Favreau (ex ragazzo prodigio della Nuova Hollywood, con all’attivo decine di ruoli come attore – lo ricordiamo nella felice pellicola indipendente Swingers, da lui scritta e interpretata), il film non brilla certo quanto a originalità e inventiva. Mentre il primo episodio aveva rappresentato qualche anno fa una delle punte più alte del cinema d’azione contemporaneo, riuscendo a far combaciare, cosa molto rara, le opinioni di pubblico e critica, questo Iron Man 2 fa sembrare artificiale (e a tratti anche ridicolo) il racconto di un uomo che vola in un’armatura tecnologica, peccando molte volte anche di superficialità. L’impressione è che si sia spinto troppo il piede dell’acceleratore sull’azione e sull’avventura fumettistica e stilizzata ai danni dello sviluppo narrativo, con effetti visivi che hanno sì una consistenza impressionante, ma che nell’economia di una storia così debole aggiungono davvero poco, risultando troppo insistiti e fini a sé stessi.
Forse la motivazione di questo cambiamento in negativo rispetto al primo Iron Man potrebbe essere ricercata nello script concepito dal nuovo team di sceneggiatori capeggiato da Justin Theroux, il quale vanta delle collaborazioni per film come Tropic Thunder di Ben Stiller. La forte dose di ironia e le battute al fulmicotone rappresentano a conti fatti il grosso dell’impalcatura formale e dialogica e ciò è facilmente riscontrabile già a partire dall’incipit, che cita esplicitamente una famosa sequenza di Rocky IV in cui James Brown si esibiva in un folcloristico show sulle note di Living in America. Scelte curiose insomma che si ripercuotono inevitabilmente in una scrittura che appare deficitaria, dove regnano miriadi di sottotrame e stormi di personaggi che rischiano di perdersi nel funambolico intreccio messo in scena. A questo proposito, se Robert Downey Jr. conferma la sua straordinaria forma, non si può dire altrettanto per Gwyneth Paltrow nei panni della segretaria di Stark, e per Scarlett Johansson, che non entusiasma con il personaggio della Vedova nera, svelatosi troppo in ritardo. Di contro, rimane senza dubbio la buona prova di Mickey Rourke, che si porta dietro ancora i muscoli dello straordinario lottatore di The Wrestler, con l’aggiunta di un accento russo e di uno sguardo da folle. Nel complesso, possiamo dire che ci troviamo di fronte a un enorme “giocattolo cinematografico”, come lo ha definito qualcuno, in grado di concentrare al suo interno forse il peggio ed il meglio dei blockbuster americani, non avendo altra pretesa se non quella del puro intrattenimento visivo oltre che sonoro, con la volutamente “dura” e martellante colonna sonora firmata AC/DC. Non resta che allacciare la cintura e lasciarsi trasportare dallo spettacolo.
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