Recensione Monkey Island: Edizione Speciale

L’isola di Monkey Island

La trama che fa da sfondo alle vicende ludiche narra dell’aspirante pirata Guybrush Threepwood che sbarca sull’isola di Melee alla ricerca di fortuna per poter diventare un vero e proprio corsaro dei mari. Le prime fasi di gioco vedono infatti il biondo e intrepido Guybrush intento a chiedere informazioni qua e là su quali siano i primi passi per poter intraprendere la carriera piratesca. Tutto ciò avviene tramite i soliti dialoghi ricchi di humor e ironia tipici delle avventure grafiche firmate Lucasarts con battute taglienti sempre pronte a voler trovare il lato comico anche nella situazione più tragica.

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Questo è in soldoni Monkey Island e in particolare il suo fascino ed ogni eventuale dubbio sulla praticità di una avventura grafica su console è immediatamente fugato. La versione Xbox 360 gode di un controllo immediato e quasi ineccepibile dove saremo chiamati tramite le levette analogiche a controllare il cursore principale per le azioni, mentre il classico menu SCUMM che elenca tutte le possibili mosse effettuabili dal giocatore (spingi, tira, guarda, parla e cosi via) è richiamabile tramite il grilletto superiore sinistro con una versione completamente realizzata da zero e in chiave più moderna.
Utile funzione, ma che non tutti di voi sicuramente useranno è quella di poter ricevere suggerimenti sul come proseguire e risolvere gli enigmi tramite la pressione del tasto X: questi avranno una scaletta di variazione, dandovi inizialmente uno spunto per farvi arrivare da soli alla soluzione ma se non fosse abbastanza potrete premere nuovamente il tasto per ottenere invece la frase sul cosa fare. Con Y potrete addirittura saltare le rime di dialogo, ma detto papale papale, ve lo sconsigliamo.

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Attraverso il grilletto destro invece potremo controllare l’inventario degli oggetti raccolti durante i quattro atti che compongono l’avventura principale, non esattamente l’essenza vera della longevità nuda e cruda ma ad ogni modo riesce a tenere incollato il giocatore tramite enigmi studiati e incredibilmente geniali nella loro stupidità. Il fattore rigiocabilità è poi estremamente elevato: non tanto perché avrete degli extra da sbloccare, null’altro. Ma proprio perché anche a distanza di anni, il fascino dell’isola delle scimmie rimane immutato e vorreste quasi non finisse mai.

Spesso sono le piccole cose a rendere grande una produzione e Monkey Island è uno degli esempi più eclatanti della storia dei videogiochi. Lanciarsi da un cannone indossando una pentola arrugginita non ha prezzo, duellare a colpi di spade tramite insulti sadici ma al contempo incredibilmente divertenti (“Ho visto scimpanzé più intelligenti di te” “Ah, sei andato alla riunione di famiglia?” sono botta e risposta che godono di uno stile intramontabile, senza contare il più classico “Guarda dietro di te, una scimmia a tre teste!”) rende il tutto cosi inusuale da scatenare subito il fascino vero della produzione video ludica: immergersi in mondi totalmente fantasiosi, dove il reale è lasciato al caso e sono le cose più misere a rappresentare la vera essenza dell’esperienza ludica.

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