Dopo aver ormai perso le tracce, torna sugli scaffali una delle serie più amate dell’inizio secolo: Sakura Wars. Sarà riuscita SEGA a soddisfare nuovamente i suoi fan?
Versione testata: PlayStation 4
Sono ormai passati più di dieci anni dall’ultimo capitolo di questa fortunata serie, e stiamo parlando di Sakura Wars: So Long, My Love. Per questo motivo, SEGA ha optato per un nuovo inizio del franchise, in modo che nessuno rimanesse stordito e dovesse per forza di cose cercare e ricordarsi avvenimenti successi troppi anni addietro. Oltre a questo, SEGA ha dovuto anche lottare contro sé stessa: sì, perché Sakura Wars e tutta la serie, con le loro impostazioni narrative, avevano sconvolto e dato nuove linee guida ai GDR di qualsiasi stampo.
Inoltre, un altro aspetto molto importante da considerare è l’impatto mediatico che questo titolo porta con sé: mentre in occidente è sì apprezzato ma considerato un buon prodotto, lo stesso non può dirsi in Giappone. Nel Sol Levante, infatti, Sakura Wars fa parte dell’immaginario collettivo, è un tatuaggio indelebile sulla cultura di un Paese che determinati prodotti li adora.
A fronte di queste nozioni posso innanzitutto affermare che a noi il gioco è piaciuto dal primo momento, e – al netto di qualche difetto – è ciò che ci aspettavamo da una serie storica quale questa made in SEGA.
La lama che protegge il mondo dai suoi pericoli.
Come inizio narrativo, Sakura Wars non si discosta per nulla dai suoi predecessori. Difatti, la trama ci porta subito alla nomina del nuovo capitano della Flower Division. Gli eventi raccontati sono ambientati ben dodici anni dopo la sconfitta dell’Arcidemone. Questa divisione senza capitano, inoltre, si mimetizza in un teatro, con il doppio scopo di debellare tutti i pericoli che la città di Tokyo potrebbe affrontare e cercare di tranquillizzare e far divertire la popolazione tramite l’arte.
Il titolo è ambientato durante l’epoca Taisho, tra il 1879 e il 1926, e presenta, oltre ai classici elementi reali, una spiccata componente steampunk. Contrariamente ai precedenti capitoli, la matita di Tite Kubo si discosta dai disegni molto anime che avevano caratterizzato la serie. Al contrario, questa volta si è preferito un approccio molto più reale, tranne alcune esagerazioni tipiche dei disegni giapponesi.
Nelle prime istanze di gioco, il capitano nominato è Seijuro Kamiyama, il quale trova – al suo arrivo nella capitale – una situazione tutt’altro che idilliaca. Trascinate dagli sfarzi di un tempo, le ragazze (elegantemente disegnate e vestite) faticano a tenere in piedi la loro attività, complice anche l’inesperienza di tutto il gruppo. Nonostante la buona volontà, la situazione sin dai primi istanti si dimostra sia tragica sia quantomeno ilare.
Un capitano loquace.
Colonna portante di Sakura Wars, anche in questo capitolo il sistema LIPS gonfia i suoi muscoli. La varietà delle scelte e l’influenza sui personaggi delle nostre risposte è veramente notevole e a tratti soverchiante; tuttavia, sovente si ha la sensazione che tali risposte e decisioni non riescano in alcun modo a influenzare la trama. I personaggi coi quali interagiamo, sebbene inizialmente reagiscano nei modi più disparati alle nostre scelte, sembra che siano fortemente indirizzati in un dato percorso. Ad esempio, possiamo trattare realmente male la nostra partner, al punto da rompere la relazione; ciononostante, il rapporto sembra doversi ricucire forzatamente per motivi di trama.
Questa sensazione, purtroppo, si amplifica fortemente più ci si avvicina al finale. È un grosso peccato, considerando che – con questa impostazione – il titolo non ci ha invogliati a completare altre volte la storia per vedere tutti i risvolti possibili. Per completezza e onestà, è doveroso aggiungere che – comunque termini la narrazione – Sakura Wars getta splendidamente le basi per il suo sequel.
La trama procede per due direzioni completamente opposte ma fondamentali: da una parte, il compito del capitano è quello di riportare la Flower Division ai fasti del passato, tra demoni da bandire e l’obbligo di riabilitare il corpo militare per l’opinione pubblica; dall’altra parte, costruire un rapporto di fiducia reciproca con le ragazze che il capitano deve gestire, con le quali – a scelta del giocatore – può anche intraprendere delle relazioni romantiche.
Tra le varie scelte a disposizione, tuttavia, è molto difficile non scegliere quella del capitano tutto d’un pezzo, poiché le altre risposte possibili sono talmente fuori contesto che si possono scegliere solamente se ci si vuole divertire un po’ senza dover seguire un roleplay mentalmente prefissato. Ciononostante, Sakura Wars eccelle nella caratterizzazione dei propri personaggi, ciascuno unico con tratti distintivi personali.
Una battaglia contro sé stessi.
Durante la trama, combatteremo come già spiegato contro i Demoni e dovremo bandirli nuovamente dalla città di Tokyo. Tuttavia, la vera battaglia si svolge dentro la psiche di ogni personaggio. Ogni capitolo, ogni missione è una lotta contro sé stessi e le proprie paure. Dopo dodici anni di pace, infatti, le ragazze si erano adagiate sugli allori, e proprio questo nuovo conflitto farà sì che possano rivalutare le loro aspettative e e obiettivi.
Presentato come un Action RPG, Sakura Wars può essere identificato in qualsiasi altra categoria tranne che appunto quella. Difatti, il titolo è stato privato di qualsiasi elemento di ruolo, tranne appunto che per le linee di dialogo di cui sopra. Ne consegue quindi che – tranne un boost o nerf ad attacco e difesa in base al morale e affetto con le ragazze – il titolo è solamente action.
Inoltre, non esistono dungeon, e il gioco è sintetizzabile in un immenso corridoio da pulire dai nemici sino ad arrivare al boss di fine livello. Questa, forzatamente, incrina il level design, già dal secondo stage abbastanza ripetitivo e poco ispirato. Verso il finale si riprende e offre delle ambientazioni suggestive, ma ciò non basta in parte a sopperire al vuoto che aveva precedentemente lasciato.
I diversi personaggi portano una stratificazione del gameplay, il quale – complice anche la scarsa difficoltà – sovente si riduce a un botton mashing poco simpatico e meccanico. A meno che non si decida di rigiocare le battaglie con le altre ragazze tramite il terminale nel teatro, la scelta del party è obbligata, non consentendo all’utente di scegliere come agire e che tattica utilizzare in ogni momento.
Un nuovo inizio.
Palese è l’intento dei ragazzi di SEGA di eliminare la componente del combat system per far più spazio alla narrazione. L’opera, tirando le righe, è ottima. La colonna sonora provoca dei brividi lungo la schiena tanto è bella, offrendo un’ottima playlist composta da brani storici e brani modernizzati. Le scene teatrali sono stupende da ricreare, dal forte impatto visivo ed emotivo.
Lo stesso non si può pienamente dirsi del doppiaggio: lo stesso è presente difatti solo in lingua originale, il quale porta una musicalità ai personaggi da noi non completamente comprensibile. Inoltre, non tutte le scene sono doppiate, lasciato il giocatore in situazioni strane, nelle quali difficilmente comprende cosa stia avvenendo a schermo. Inoltre, la localizzazione è disponibile solamente in lingua inglese.
La strategia di SEGA è abbastanza comprensibile: essendo Sakura Wars un titolo di nicchia lo offre ai fan al minor costo possibile. La bellezza del titolo, d’altronde, non risiede nel combat system o nella lingua, ma nelle emozioni che riesce a dare tramite la sua narrazione. E in questo, Sakura Wars svolge un’opera di ricostruzione e ammodernamento eccellente.