Recensione The Last of Us Parte II Remastered, once more with feeling

Non vi sono molti dubbi nel poter considerare, a ragion veduta, The Last of Us Parte II un classico contemporaneo. Così come è abbastanza superfluo ragionare sulla potenza della IP, non solo in ambito videoludico ma anche a livello transmediale, come dimostrato dall’eccellente adattamento firmato HBO, insignito di importanti riconoscimenti tra premi Emmy e candidature Golden Globe. In quest’ottica, era abbastanza inevitabile per Naughty Dog ripresentare non solo un remake del primo capitolo ma anche una rimasterizzazione del sequel del 2020.

Il miracolo di The Last of Us, in fondo è sempre stato abbastanza chiaro. Pur non innovando, né ieri né oggi, con soluzioni ludiche particolarmente ardite (anzi…), la creatura di Neil Druckmann è riuscita a diventare un punto di riferimento nel settore. Non solo per una intrinseca vocazione cinematografica, ma anche e soprattutto per la sua generale visceralità nonché per una sceneggiatura capace di ritrarre personaggi ed emozioni come raramente era capitato nel media. Le vicende di Joel ed Ellie sono entrate da subito nel cuore di milioni di giocatori, per diventare personaggi iconici e, verosimilmente, immortali.

The Last of Us Parte II, nel sempre più distante e sfocato Giugno 2020, arrivò sul mercato con aspettative fuori scala. Il pubblico premiò ancora le fatiche di Naughty Dog ed ancor di più fece la critica, inneggiando come noi, ad un posto all’Empireo dei migliori titoli mai realizzati. Sono passati oltre tre anni da quel momento e, sebbene moltissimi di voi sappiano già la storia raccontata nel secondo capitolo della serie, abbiamo deciso di non fare troppi riferimenti agli eventi principali in quanto non vogliamo compromettere l’esperienza a chi si avvicinerà per la prima volta al titolo con The Last of Us Parte II Remastered.

Quello che tuttavia cercheremo di fare è rispondere ad un quesito molto semplice, già in qualche modo affrontato in occasione del remake del primo capitolo. Questa rimasterizzazione trova uno spazio nel mercato attuale ed ha un sufficiente quantitativo di differenze per giustificare il ritorno a Seattle?


Versione testata: PlayStation 5


As above, so below

Trattandosi di una rimasterizzazione di un titolo di tre anni fa, non ci aspettavamo chissà quali stravolgimenti dall’impianto ludico. E non potrebbe essere diversamente, in fin dei conti. Sotto questo punto di vista pertanto, ci permetterete di non dilungarci tantissimo visto che continua ad esser valido tutto quanto osservato ai tempi del lancio della portentosa esclusiva PlayStation 4.

The Last of Us Parte II Remastered ripropone in maniera attenta ed equilibrata la stessa esperienza che molti avranno vissuto sull’ammiraglia Sony della scorsa generazione. Narrativamente, il nuovo capitolo delle vicende di Ellie, Joel e del resto del cast è capace ancora oggi di colpire come un maglio, lasciando senza respiro all’interno di un racconto di rabbia, vendetta e sentimenti spezzati. Sullo sfondo, una umanità ancora più infranta di quella tratteggiata nel primo capitolo, scivolata in una infinità di stratagemmi e follie pur di sopravvivere un giorno in più in un mondo in cui oramai la nostra razza, semplicemente, ha perso. Un racconto crudo e che non fa sconti, accolto diametralmente da parte del pubblico per alcune scelte forti a livello di trama (che ci guarderemo bene dal rivelare in questa recensione, nonostante gli anni trascorsi), ma che indubbiamente non può lasciare indifferenti.

Le emozioni sui volti dei personaggi di The Last of Us Parte II sono ancora oggi tra le migliori dell’intera industria.

Se dunque la storia è ancora oggi motivo più che sufficiente per giocare (e rigiocare) il capolavoro Naughty Dog, anche l’impianto prettamente ludico sta invecchiando come un buon vino.

Chiariamoci: già al momento della release, da un punto di vista meramente strutturale e meccanico, Parte II non era che una evoluzione raffinata del primo capitolo, a sua volta non esattamente una novità nel panorama degli action survival in terza persona. Il player si ritrova infatti in una serie di ambientazioni più o meno ampie, interconnesse in modo lineare, da esplorare per recuperare risorse utili a superare ostacoli ed avversità. Le grandi novità di Parte II riguardavano una rilettura completa del sistema di shooting (parzialmente ereditato dal recente remake Parte I), un rivoluzionato combat system corpo a corpo ed una intelligenza artificiale reattiva e sofisticata. Tutti elementi che si ripresentano inalterati in questa remastered, impreziosita dal supporto alle funzionalità del Dualsense (grilletti adattivi e feedback aptico) per una immersione ancora maggiore.

Sia che abbiate già affrontato gli orrori del fungo Cordyceps o quelli ancor più terribili degli ultimi umani, The Last of Us Parte II Remastered vi restituirà sostanzialmente le stesse sensazioni del titolo originario.

Il colpo d’occhio è affascinante così come tre anni fa.

Lost in translation

Trattandosi di una remastered tuttavia, era lecito attendersi qualche piccolo miglioramento ed aggiunta all’offerta complessiva. In questo senso Naughty Dog ha optato per una serie di inevitabili migliorie tecniche nonché qualche piccola chicca prettamente contenutistica.

The Last of Us Parte II era un fulgido miracolo tecnico su PlayStation 4, capace di gestire senza sforzo una quantità sinceramente impressionante di elementi a schermo con un dettaglio ed una fluidità ragguardevoli. Gli sviluppatori avevano realizzato un autentico capolavoro, capace di oscurare anche i primi titoli di nuova generazione che sarebbe arrivata di lì a poco… e a ben vedere, ancora capace di dire la sua nei confronti di molte produzioni attuali.

Con un lavoro così imponente svolto a monte, non sussistevano grandi motivazioni o necessità di rinnovare grandemente l’impianto tecnico della produzione (cosa fatta con Parte I). Per questo motivo, gli update hanno riguardato solo taluni aspetti. A cominciare dalle modalità grafiche, che hanno visto innalzare la risoluzione in modalità Qualità a 4K nativi contro i 1440p upscalati della modalità Performance. A migliorare è stata anche la resa generale delle texture, la draw distance, la qualità delle ombre ed il sampling delle animazioni. Nonché, per le televisioni in grado di supportare il VRR, la possibilità di sbloccare il frame rate. Il tutto reso più celere nei caricamenti grazie alle capacità dell’SSD di PlayStation 5. E, nota importante in tema di accessibilità, è stata introdotta l’audiodescrizione ed integrazione Speech to Vibrations, che utilizza le caratteristiche del controller DualSense per trasmettere le specifiche parlate e cadenze dei personaggi.

Ok le migliorie… ma sono così evidenti?

Tutto bellissimo dunque? Si, assolutamente ma… non aspettatevi una esperienza complessiva così drasticamente migliore rispetto a quanto vissuto su PlayStation 4. Non si tratta, badate bene, di un demerito di questa Remastered, quanto piuttosto di un ulteriore grande complimento da farsi alla versione originaria, capace di reggere il passo del tempo anche negli anni di un avvicendamento generazionale. Le differenze maggiori potranno essere saggiate, in buona sostanza, solo da coloro che potranno vantare una televisione 4K e con supporto VRR, adatta per sfruttare l’innalzamento della risoluzione e cogliere le migliorie estetiche generali… Ma anche qui, servirà un buon occhio.

Un labor limae contenuto ma inevitabile, come abbiamo riflettuto, che tuttavia ha reso imprescindibile arricchire il piatto dell’offerta con qualcosa di più. Ecco dunque che The Last of Us Parte II Remastered introduce ad esempio una modalità speedrun (simile a quella di Parte I), il Guitar Free Play mode in cui suonare diversi strumenti apprezzando il minigioco originale, skin aggiuntive, miglioramenti per la photo mode e nuovi commentari per il dietro le quinte con Neil Druckmann, Halley Gross, Troy Baker, Ashley Johnson e Laura Bailey.

Particolarmente interessanti sono poi i cosiddetti livelli perduti: trattasi di sequenze originariamente tagliate dal gioco e che sono state inserite nella Remastered a scopo documentativo per illustrare il processo di selezione e testing. Si tratta di frammenti non del tutto completati, che forniscono un interessante sguardo al modo in cui certi contenuti vadano incontro a rielaborazioni, tagli ed adattamenti, a volte anche portando a rinunce spiacevoli nel nome della coerenza di uno sviluppo corale del prodotto. Forse uno degli aspetti più sfiziosi della Remastered, oltre a…

In alcuni frangenti, l’intensità si taglia a fette anche sapendo benissimo cosa accadrà…

Oste, un po’ di roguelite

Inutile girarci intorno, la “ciccia” contenutistica più grande (nonché quella dove verosimilmente buona parte dei fan passeranno più ore) è rappresentata dall’inedita modalità No Return.

Gli sviluppatori hanno ideato un’avventura arcade completamente slegata dalla storia principale, secondo una classica struttura roguelite. Dopo aver scelto il vostro personaggio preferito tra quelli disponibili (ciascuno diverso per caratteristiche fisiche e/o di propensione a specifici playstyle), il player potrà scegliere di volta in volta quale sfida affrontare, stabilendo il proprio percorso tra livelli contro NPC umani o infetti.

Completando con successo ciascuna sfida, verrete ricompensati con consumabili in grado di migliorare il vostro equipaggiamento o con una valuta utile ad acquistare nuovi strumenti per la vostra sopravvivenza. Preferite affrontare in modalità stealth ciascun incontro o preferirete azioni rapide ed esplosive? La scelta è vostra, ma sappiate che la difficoltà andrà in escalation e non avrete un attimo di respiro. In questo senso, gli sviluppatori sono stati piuttosto chiari: No Return è una modalità stressante che richiederà tutto il sangue freddo e le conoscenze maturate nel corso della campagna principale.

Situazioni come queste saranno all’ordine del giorno. Pensate in fretta, se volete sopravvivere.

No Return incoraggia grandemente la rigiocabilità, non solo proponendo una vasta selezione di contenuti da sbloccare tra personaggi aggiuntivi, skin e sfide da completare. Il gameplay loop funziona ed intrattiene, permettendo ai completisti di affondare i propri denti nella componente ludicamente più burrosa dell’opera Naughty Dog. Forse a mancare è la sensazione di freschezza, visto il riciclo di ambientazioni ed avversari, così come una connaturata ripetitività che potrebbe far scemare l’interesse di alcuni giocatori già sul medio termine.

La domanda scomoda può essere questa: basta una modalità come No Return, bella ma non imperdibile, per giustificare il riprendere in mano The Last of Us Parte II? Un quesito piuttosto spinoso, visto l’ironico tempismo che vede questa release seguire di poche settimane l’impressionante (e gratuito) Valhalla per God of War Ragnarok. Ma forse stiamo osservando la questione dal punto di vista sbagliato. The Last of Us Parte II Remastered è, ad oggi, indiscutibilmente il modo migliore per godere del capolavoro Naughty Dog. Questo sia grazie alle migliorie tecniche introdotte dal team di sviluppo, ma anche alla luce delle introduzioni ludiche che arricchiscono la release originaria. Coloro che lo hanno già giocato negli scorsi anni, potranno soprassedere sulla release, oppure sfruttare l’upgrade digitale (sempre se si possiede ancora l’edizione PS4) all’onestissimo costo di 10 euro. Coloro che invece non hanno ancora fatto questa esperienza, beh, non c’è modo migliore per vivere questa pietra miliare del gaming.

Commento finale

A tre anni dalla release date originaria, The Last of Us Parte II è ancora un capolavoro epocale e questa Remastered migliora ulteriormente il lavoro di Naughty Dog. Accorgimenti tecnici ed introduzioni ludiche, tra cui gli interessanti livelli perduti e l’entusiasmante modalità No Return, costituiscono i selling points della riedizione, che consolida ulteriormente il carattere imperdibile della creatura di Neil Druckmann. Se avete giocato fino allo sfinimento il titolo originario, la Remastered potrebbe non essere un acquisto prioritario. Se invece amate visceralmente la serie o, ancor di più, se non avete ancora giocato Parte II, beh, il momento è giunto.

9.0

The Last of Us Parte II Remastered


A tre anni dalla release date originaria, The Last of Us Parte II è ancora un capolavoro epocale e questa Remastered migliora ulteriormente il lavoro di Naughty Dog. Accorgimenti tecnici ed introduzioni ludiche, tra cui gli interessanti livelli perduti e l'entusiasmante modalità No Return, costituiscono i selling points della riedizione, che consolida ulteriormente il carattere imperdibile della creatura di Neil Druckmann. Se avete giocato fino allo sfinimento il titolo originario, la Remastered potrebbe non essere un acquisto prioritario. Se invece amate visceralmente la serie o, ancor di più, se non avete ancora giocato Parte II, beh, il momento è giunto.

PRO

The Last of Us Parte II non è invecchiato di un giorno | Accorgimenti ed introduzioni apprezzabili | La modalità No Return è impegnativa e divertente |

CONTRO

Gli update grafici sono meno incisivi di quanto potreste sperare | Se avete spremuto il titolo originale, la Remastered potrebbe avere ben poco appeal | Forse la modalità No Return poteva essere contestualizzata meglio |

4News.it è una fonte di OpenCritic.com, il più grande aggregatore internazionale di review dedicato al mondo dei videogames.

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