Recensione Far Cry 3


Da paradiso a inferno

Jason Brody insieme ai suoi amici hanno scelto le isole Rook per le loro vacanze sfruttando il paradiso incantato del posto per divertirsi anche in modo eccentrico, come lanciarsi con il paradute. Peccato che l’atterraggio non è andato come previsto. I ragazzi atterrano su una delle isole che è sotto il controllo dei pirati, gente abituata a saccheggiare, prendersi quello che vuole, e uccidere senza alcun problema. A capo dei pirati c’è Vaas, un tipo fuori di testa, praticamente folle.

Dopo la scena introduttiva, i primi minuti di gioco sono adrenalina pura, nella quale il protagonista riesce a sfuggire e fa la conoscenza dei primi personaggi di contorno. Grazie a questa scelta di mettere subito il giocatore dinanzi a fatti compiuti e ricchi di intensa immersione, non si corre il rischio come avvenuto nei precedenti capitoli di raccontare la storia con pazienza, forse troppa, rischiando di perdere l’attenzione dell’utente finale.

Ubisoft Montreal porta quindi il giocatore a vestire i panni di un ragazzo che deve apprendere presto come sopravvivere nella giungla di questo angolo tropicale del pacifico, se non vuole fare una brutta fine tra pirati sanguinari e ribelli indignei, e gli pone come obiettivo quello di salvare gli altri amici rimasti catturati.

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Gli incontri con altri personaggi servono per tracciare una certa linea di demarcazione tra chi può essere di aiuto e chi no, tra chi sono i buoni e chi i cattivi. Ci sono quelli che hanno fatto fortuna sull’isola come Dennis, un medico amante delle droghe come il Dr.Earnhardt, un contrabbandiere come Buck, una regina delle tribù come Citra, un agente in incognito come Willis. Ognuno con un suo preciso e distinto carattere, comportamento, modo di fare che non passa di certo inosservato.

Ma tra tutti quello che più si esalta e lascia il segno è Vaas, l’antagonista per eccellenza di Jason, con il suo modo di parlare, i suoi gesti, il suo sguardo da folle. La sua pazzia ha un suo perché, e andrà scoperta poco a poco. Memorabile quando cerca di spiegare il significato di follia.

A ciò si aggiunge anche la stessa ambientazione delle isole Rook, ricche di insidie e sorprese!

Il ritmo è buono, se pensiamo che tiene le fila di un free-roaming in un open-world dove è quasi sempre facile mettere da parte l’obiettivo principale per fare quello che si vuole. Jason impara che oltre a salvare gli amici c’è qualcos’altro, che lo riguarda da vicino, personalmente. Scopre di diventare piano piano un uomo, vincendo le paure e le debolezze da ragazzo e affrontando temi più maturi e adulti. Pur non toccando l’apice di Assassin’s Creed III, la storia è a suo modo molto valida, nella quale non mancano colpi di scena e momenti memorabili. Solo una cura maggiore nella narrazione avrebbe potuto dare maggior spazio ai personaggi secondari e rendere il finale davvero più appagante.

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