Recensione Metro: Last Light

metro-last-light_thumbArtyom: l’ultima luce di una spietata civiltà

Versione testata PC. Disponibile anche su Playstation 3 e Xbox 360.

A tre anni di distanza dal rilascio dell’incompreso Metro 2033, 4A Games ritorna negli inquietanti e oscuri cuniculi della Metro con un sequel diretto chiamato Metro: Last Light.

Esso ci rimette nei panni di Artyom, divenuto ranger dell’Ordine con base nel D6 e perseguitato da orribili incubi in cui è il senso di colpa a prevalere e a tormentarlo. Si sente un omicida con le mani sporche di sangue colante, sangue che lui stesso ha contribuito a spargere, sangue proveniente dalle salme degli innocenti Tetri bombardati nel loro covo.

Si, Last Light inizia prendendo in considerazione il finale cattivo di Metro 2033 e verremo a conoscenza di un superstite tra i novi homines, un ultima speranza per Artyom di redimersi dai suoi peccati instaurando un rapporto d’amicizia con questa nuova razza. In quest’ultimo capitolo avremo a che fare anche con una lotta tra le varie fazioni per il contendimento della Metro, mettendo così in risalto la mira al potere, di distruzione e di controllo che risiede nella natura dell’uomo.

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E’ proprio la natura umana, la sua parte negativa, ad avere un ruolo centrale nella sceneggiatura di Metro: Last Light, rimaneggiata dallo sviluppatore in modo da non creare solo una sintetizzazione del libro Metro 2034 scritto da Dmitry Glukhovsky – al quale comunque rimane ispirato – come successo con 2033, ma di mantenere una narrativa più fluida e meno frammentaria, obiettivo in cui riesce in pieno. La trama presenta momenti di alti e bassi: soprattutto nelle scene iniziali tende ad essere piuttosto lenta, ma poi esplode da circa metà avventura in un turbinio di emozioni, riflessioni, tradimenti inaspettati, voltafaccia, scene spettacolari dal forte taglio cinematografico mixate a momenti di pura atmosfera dove è la sensazione di sopravvivenza a regnare: tutto cadenzato da un ritmo di gioco assolutamente coinvolgente. Una nota negativa va alla rappresentazione della donna in questo secondo capitolo. L’universo di Metro: Last Light è invaso dal maschilismo e il sesso femminile viene visto solo come un simbolo di piacere e di spasso, che acquista uno spessore sempre maggiore col proseguo della storia, mostrandoci donne dai facili costumi svestite e servizievoli, senza un motivo che vada a spiegare questa situazione. A salvarsi è solo una scena dove il corteggiamento assume una profondità maggiore per ragioni narrative e l’immedesimazione raggiunge livelli piuttosto elevati.

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