Recensione La migliore offerta

la-migliore-offerta_thumbAncora l’amore, ancora l’arte… nell’ultimo film di Giuseppe Tornatore.

Chi di voi non conosce “Nuovo cinema paradiso” del 1988 e “La leggenda del pianista sull’oceano” del 1998 corra subito ai ripari. Gli altri, che hanno avuto il piacere di vedere quei capolavori, assoceranno facilmente il primo al binomio cinema-amore e il secondo a quello musica-amore. Ebbene, a distanza di una quindicina d’anni, Tornatore scrive e dirige un altro film d’amore e al contempo d’amore per l’arte.

Il protagonista è un celebre battitore d’aste, Virgil Oldman, che viene ritratto come un personaggio da romanzo con un background affascinante, un miscuglio di solitudine, mania, incapacità di rapportarsi con gli altri che si rovescia in spasmodica attenzione per i particolari, in un rapporto morboso con l’arte, arrivando addirittura a sostituire la figura femminile.

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Virgil è riuscito, infatti, nel tempo e con qualche trucco del mestiere, aiutato dall’amico Billy, ad aggiudicarsi una mole incredibile e di grande valore di ritratti di donne con le quali instaura un vero e proprio colloquio d’amore, fatto di desiderio, conquista e infine di gelosa contemplazione. A tal proposito, per gli amanti, sarà una vera e propria immersione nell’arte, riconoscerete i vari Raffaello, Tiziano, Rubens, Lotto, ecc.

Potrebbe restare tutto così, se non arrivasse qualcosa di più forte a svegliare il soggetto dal torpore, una donna che attraverso la forza d’urto della realtà riesce a destabilizzare Virgil al punto da cambiargli completamente la vita.
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La tematica centrale del film è proprio quella del parallelismo tra l’amore e l’arte, su come possano essere falsi e veri entrambi, sulla simulazione e illusione di verità che si può nascondere anche in quella che sembra essere l’opera più bella. “I sentimenti umani sono come le opere, si possono simulare” senti dire nel film, insieme alla riflessione per cui anche nel falso, anche nella copia, si nasconde un briciolo d’autenticità: il tocco originale del falsario che non resiste a lasciare la sua impronta (“anche in un falso d’arte c’è qualcosa di vero”). Anche i sentimenti quindi non hanno scampo da questa dinamica esistenziale per cui quando l’essere umano recita un ruolo, finisce per non seguire mai completamente il copione, magari improvvisa oppure arriva a perdere se stesso. Quante volte in amore non abbiamo voluto credere al negativo apparso d’improvviso davanti ai nostri occhi, lasciando la porta aperta a quell’altra ipotesi molto più bella, più felice, ricamata grazie a qualche frase, magari soltanto un semplice sguardo, qualcosa a cui ci aggrappiamo con tutta la nostra forza per credere che era tutto vero, che quella persona ci amava davvero. Gli esseri umani giocano a tutto: teatralizzano l’amore, fingendo a se stessi e agli altri che sia vero, teatralizzano persino l’incapacità d’amare. Qualcosa però sfugge sempre, una piccola microscopica parte di quella persona non stava seguendo alcun copione, un piccolo frammento impazzito in cui riconosci la vita, il vero, e dici a te stesso che tutto il resto non esiste.

Così il protagonista, nonostante tutto, decide di seguire il sogno, il fantasma di quelle iniziali da falsario nascoste in un’opera d’arte, decide di credere alle sue mani sul suo corpo, alla sua bocca mentre facevano l’amore, alla sua ultima frase “qualunque cosa ci accada, sappi che io ti amo” piuttosto che alla bugia, al raggiro, alla ritornata vecchia amica solitudine. Virgil sceglie l’attesa del suo ritorno (splendida a questo proposito la scelta di Praga e del ristorante pieno di ingranaggi e orologi) ma è un’attesa che conduce inevitabilmente alla follia.

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Le musiche sono del sempre eterno, e ogni volta perfetto, Ennio Morricone che riesce a fare delle note la culla del carattere meticoloso austero del protagonista dando il giusto eco a quei cenni di tenerezza e meraviglia che affiorano come barlumi improvvisi in una solitudine esperita troppo a lungo.


Il film colleziona una serie infinita di nomination, tra quelle del David di Donatello e il Ciak D’oro.

Commento finale

Fenomenale Tornatore che ancora una volta riesce a portare sullo schermo la vita umana nelle sue sfumature più difficili, attraverso una storia che sa di racconto, sa di romanzesco.

Voto Globale: 73

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