Arriva al cinema il mondo dei replicanti

ilmondodeireplicanti_thumbBruce Willis nei panni di un agente dell’FBI del futuro

Cosa succederebbe se potessimo usare delle “copie” di noi stessi, sempre perfette e immuni da invecchiamento, per svolgere tutte quelle attività che non ci piacciono o che sono rischiose? Forse diventeremmo così dipendenti dai nostri “surrogati” da dimenticare come affrontare la vita, con i suoi normali dispiaceri, l’invecchiamento, il dolore fisico, la perdita dei nostri cari. Ma che vita sarebbe senza contatto umano e senza sentimenti ?

Il film Il Mondo dei Replicanti è stato realizzato dallo stesso team di TERMINATOR 3: le macchine ribelli e richiama un po’ la fantascienza classica di azione di quel fortunato personaggio.

Il regista Jonathan Mostow ha dichiarato che “Il film è un giallo, con Bruce Willis nei panni di un agente dell’FBI, la cui indagine sul misterioso omicidio di un replicante porta l’eroe ad affrontare una cospirazione che pone in discussione la vera definizione di umanità”.

“E’ un racconto che mette in guardia sul modo in cui la gente conduce le proprie vite in questo mondo tecnologico attuale”, aggiunge Hoberman.

Bruce Willis ha a che fare con replicanti, anche se qui non sono cattivi, ma semplicemente degli automi ubbidienti, finchè non ci scappa il morto. E allora parte la caccia all’assassino mentre la multinazionale che crea i cloni di noi stessi vuole evitare che si fermi la produzione.

L’uscita al cinema è prevista per l’ 8 Gennaio 2010.

Trama

In un futuro molto prossimo, grazie a dei perfetti replicanti robotici, sexy, prestanti e sempre giovani, l’umanità può permettersi di condurre la propria vita serenamente, evitando gli aspetti più noiosi e pericolosi dell’esistenza. E’ un mondo ideale in cui il crimine, il dolore, la paura non esistono. Quando, all’improvviso, il primo omicidio infrange questo equilibrio, l’agente dell’FBI Greer (Bruce Willis), scopre una vasta cospirazione dietro al fenomeno e decide di abbandonare il suo replicante, rischiando la propria vita, per far luce sul mistero.


Di seguito il comunicato ufficiale:

La Touchstone Pictures presenta “Il mondo dei replicanti”, un avvincente thriller d’azione diretto da Jonathan Mostow (“Terminator 3: le macchine ribelli”, “Breakdown – la trappola”) che vede protagonisti anche Radha Mitchell, Rosamund Pike, Boris Kodjoe, James Francis Ginty, Michael Cudlitz, James Cromwell e Ving Rhames.

Il film è prodotto da David Hoberman e Todd Lieberman della Mandeville Film (“Ricatto d’amore”, “Traitor”, “Svalvolati on the Road”) assieme a Max Handelman della Brownstone Productions. I produttori esecutivi sono David Nicksay (“La rivincita delle bionde”, “Il negoziatore”,

“Robin Hood – principe dei ladri”) ed Elizabeth Banks della Brownstone Productions (che ha recitato in “Zack and Miri Make a Porno”, “W.”, “40 anni vergine”). La sceneggiatura è di John Brancato & Michael Ferris (“Terminator 3: le macchine ribelli”, “The Game – nessuna regola”), basata sul popolare e originale fumetto della Top Shelf Comix realizzata da Robert Venditti e Brett Weldele. La squadra di creativi comprende anche lo scenografo Jeff Mann (“Terminator 3: le macchine ribelli”, “Transformers”, “Fuori in 60 secondi”), l’ideatrice dei costumi vincitrice dell’Emmy Award® April Ferry (“Terminator 3: le macchine ribelli”, “U-

571″, “Roma” della HBO), il veterano direttore della fotografia Oliver Wood (la trilogia di “Bourne”, “Fantastic Four”, “U-571”), l’esperto montatore Kevin Stitt (“The Kingdom”, “Cloverfield”, “Breakdown – la trappola”) e il supervisore degli effetti speciali vincitore dell’Oscar® Mark Stetson (“Superman Returns”, “2010″, “Il Signore degli Anelli: La compagnia dell’Anello”). La squadra dietro le quinte comprende tre ulteriori vincitori dell’Academy Award®: il responsabile makeup Howard Berger (“Le cronache di Narnia: il leone, la strega e l’armadio”, “Transformers”, “Grindhouse”), l’artista makeup Jeff Dawn (“Terminator 2: il giorno del giudizio, “Terminator 3: le macchine ribelli”, “Batman & Robin”) e il responsabile del suono Jon Johnson (“U-571″, “Breakdown – la trappola”).

“Il mondo dei replicanti” è stato girato in Massachusetts, in particolare a Boston e nelle zone circostanti.

LA NASCITA DEI REPLICANTI

Il futuro è adesso

Prima il computer, poi le mail, i minuscoli cellulari e Internet. Oggi, i sexy replicanti robotici riempiono lo spazio delle loro controparti umane meno attraenti, persone normali che non vogliono più avventurarsi nel mondo reale da soli. Nel mondo dei replicanti, la tecnologia si è spinta troppo oltre?

“La premessa del film è che i replicanti abbiano preso il controllo del mondo come i cellulari e i computer”, sostiene il regista Jonathan Mostow. “I replicanti sono degli strumenti che offrono agli uomini l’opportunità di vivere la propria vita in tutta sicurezza nelle proprie case. Nel nostro film, i replicanti rappresentano la libertà assoluta, sia dal dolore fisico che dal peso mentale della vita quotidiana. Il piacere è raggiungibile semplicemente collegandosi. Ma per alcune persone, i replicanti rappresentano la perdita della propria umanità”, prosegue Mostow. “In un mondo in cui il vero contatto fisico sta diventando sempre più raro, il concetto di amore rischia di perdere di significato? Queste sono alcune delle idee che esploriamo nella nostra storia”.

L’autore esordiente Robert Venditti ha pensato a una premessa unica mentre lavorava alla Top Shelf Publications nel loro magazzino alla periferia di Atlanta. Cercando una nuova idea per le graphic novel, Venditti si è ricordato di un libro di sociologia che aveva letto per una delle sue lezioni al college, che descriveva “persone che giocavano con viedogames basati sulla comunità”, sostiene Venditti. “Sono rimasto affascinato da come queste persone si facciano coinvolgere nel gioco, creando queste personalità alternative per se stessi. Così, si identificano a tal punto con esse che perdono il lavoro e rovinano la loro vita privata, perché non riescono a separare la vita reale dalla personalità che hanno creato. E’ un’idea che mi è rimasta impressa, il fondamentale desiderio umano di essere una persona diversa”.

L’autore ha raffinato questa idea immaginando varie ragioni per cui le persone possono utilizzare un replicante. “La mia idea era di creare un replicante che va al lavoro e guadagna dei soldi per sé. Un replicante che sia sempre giovane e prestante, bello e atletico, insomma il sogno di tutti”.

“La storia mi è sempre sembrata un confronto tra tecnologia e umanità”, sostiene il produttore Hoberman. “Io sono una persona che ha scoperto tardi i computer, internet, le mail e l’iPhone. Fino a poco tempo fa, non sapevo nulla. Questa storia affrontava, in maniera affascinante, quello che succederebbe se tutti vivessero dentro un computer e le loro vite venissero condotte all’esterno da qualcun altro. Parla della direzione che sta prendendola la tecnologia, della chirurgia plastica e delle cose che le persone fanno al loro corpo. Pensavo che fosse un’idea interessante da esplorare in un film”.

Bruce Willis (“Trappola di cristallo”, “L’esercito delle dodici scimmie”, “Il sesto senso”) e Radha Mitchell (“Man on Fire – Il fuoco della vendetta”, “Melinda e Melinda”, “Pitch Black”) interpretano gli agenti dell’FBI Thomas Greer e Jennifer Peters a cui è stato affidata l’indagine su un omicidio, il primo che avviene dopo diversi anni in questa società utopistica, tanto da suscitare delle domande sull’etica della tecnologia dei replicanti e il futuro della società.

Come dichiara Mostow: “Il film è un giallo, con Bruce Willis nei panni di un agente dell’FBI, la cui indagine sul misterioso omicidio di un replicante porta l’eroe ad affrontare una cospirazione che pone in discussione la vera definizione di umanità”.

“E’ un racconto che mette in guardia sul modo in cui la gente conduce le proprie vite in questo mondo tecnologico attuale”, aggiunge Hoberman.

Nel film, il dottor Lionel Canter è un miliardario recluso e un genio del M.I.T., i cui rivoluzionari esperimenti hanno portato alla creazione della popolazione dei replicanti. Costretto su una sedia a rotelle, Canter aveva iniziato la sua sperimentazione con delle protesi per gli arti mentre si trovava al M.I.T. La sua ricerca ha portato a una nuova tecnologia per decodificare degli impulsi cerebrali, che ha scoperto potevano essere trasferiti come segnali agli umani sintetici. Questi ‘replicanti’, controllati a distanza, si differenziano dalle loro controparti in carne e ossa soprattutto per la loro perfezione fisica. Ogni replicante è legato direttamente a un essere umano, che si trova a isolati o centinaia di chilometri di distanza, e che controlla il proprio replicante a livello neurologico. Senza una mente umana che invia o riceve degli impulsi mentre si trova in uno strumento speciale chiamato “la poltrona”, questi doppi robotici sono completamente inerti.

In questo modo, è nato il mondo dei replicanti, con il consenso di milioni di persone, e il rimpianto e il disprezzo di altri. Ving Rhames (“Pulp Fiction”, “Mission: Impossible”, “Con Air”) incarna il Profeta, il leader di un gruppo di cittadini scontenti, che si oppongono fermamente alla mancanza di umanità di questo stile di vita tecnologico.

“L’idea centrale de ‘Il mondo dei replicanti’ è il modo in cui conserviamo la nostra umanità in questo mondo sempre più tecnologizzato in cui viviamo”, afferma Mostow.

“La tecnologia è magnifica. La fantasia legata alla tecnologia è che questa ci dovrebbe liberare per poter essere creativi, produttivi e meravigliosi. Il rovescio della medaglia è che in un certo senso finiamo per diventare dei servi, perché siamo ancorati ai nostri cellulari e ai Blackberry. E’ magnifico avere una mail, ma quando passi diverse ore al giorno a rispondere alla posta, si trasforma in un obbligo. Così, per certi versi, queste nuove opportunità sono anche un limite”.

“La tecnologia diventa uno stile di vita”, sostiene il produttore Todd Lieberman. “Questo sembra accadere con tanta tecnologia. Pervade la società e le persone finiscono per dipendere da questi strumenti. Cosa faremmo oggi senza Internet e senza i cellulari? E’ difficile immaginarlo. In questo mondo, cosa farebbero le persone senza i replicanti?”.

“La nostra storia vuole semplicemente porre queste domande”, conclude Venditti. “Io non conosco le risposte a queste domande. Quando ho scritto la storia, volevo che le persone vedessero il buon utilizzo che si può fare dei replicanti per la società, così come il lato negativo. Alla fine, desideravo che i lettori decidessero da soli”.

PORTARE I REPLICANTI SUL GRANDE SCHERMO

Un fumetto diventa un film

Il produttore Max Hendelman, un appassionato di fumetti da una vita, ha opzionato il fumetto da Venditti, dopo aver trovato affascinanti i temi della storia. “La vicenda va avanti in maniera spedita e ti permette di immaginare qualcosa che prima o poi potrebbe avere un impatto sulla nostra società. Avremo tutti dei replicanti? Probabilmente no, ma è una metafora del fatto che la nostra società si affida sempre di più alla tecnologia e alla comunicazione virtuale”.

Handelman ha portato il fumetto a un amico del college, il veterano produttore Todd Lieberman, socio dello storico produttore e dirigente di studio David Hoberman alla Mandeville Films.

“Io cercavo qualcosa di estremo, una storia da film noir, e ho trovato tutto questo nel lavoro di Robert”, sostiene Lieberman. “La pellicola ha inizio con due persone molto attraenti fuori da un locale. All’improvviso, un tizio si avvicina e loro si accasciano senza vita. Non si capisce quello che è successo. Ecco arrivare un poliziotto, il personaggio di Bruce Willis, e la sua partner. In breve tempo, capiamo di essere in un mondo che non è il nostro”.

“Le persone uccise in realtà sono dei replicanti”, prosegue Lieberman. “Non solo sono stati uccisi i replicanti, ma anche le persone che li controllano a casa, un fatto mai avvenuto prima nella storia. L’intero mondo dei replicanti è a rischio, perché la sicurezza e la protezione dell’utente è il fondamento alla base di questa tecnologia”. Jonathan Mostow ha accettato di dirigere il film, con i suoi fedeli sceneggiatori John Brancato e Michael Ferris (“Terminator 3: le macchine ribelli”, il film per la televisione del 1991 “Il mistero di Black Angel”) scelti per occuparsi della sceneggiatura, decisione che ha consentito al terzetto di ritrovarsi a livello professionale dopo il periodo passato alla Harvard University.

“Non appena io e Mike abbiamo letto il fumetto, abbiamo capito di poter fare un bel film”, sostiene Brancato. “Il concetto dei replicanti è legato all’attualità in maniera diretta e indiretta, una metafora sia di Internet che della chirurgia plastica, delle dipendenze e dei giochi di ruolo, senza parlare del conflitto tra parte interiore ed esteriore di noi stessi”.

Per cogliere le sensazioni che gli sceneggiatori tratteggiano in questo universo moderno/futuristico, popolato quasi esclusivamente da robot, la coppia ha iniziato a svolgere delle ricerche sulla tecnologia che Venditti usava nel il fumetto. I loro studi li hanno portati a contatto con uno scienziato giapponese chiamato Hiroshi Ishiguro, che utilizza una sua versione di plastica per svolgere delle conferenze nel mondo, senza mai abbandonare il suo ufficio di Osaka. Inoltre, hanno scoperto una scimmia macaco nella North Carolina, che è stata collegata per far camminare un robot che si trovava a Kyoto, il tutto soltanto col pensiero. La tecnologia continua a migliorare, con dei progressi rivoluzionari che stanno già favorendo le persone con delle malattie degenerative.

SCEGLIERE IL CAST DEI REPLICANTI

Bruce Willis incarna il protagonista

“Il mondo dei replicanti” vede impegnati un gruppo di personaggi che comprende dei robot perfetti, così come degli esseri umani reali. La maggior parte dei membri del cast ha dovuto interpretarli entrambi.

Per portare il tormentato agente dell’FBI in vita, i realizzatori si sono rivolti a Bruce Willis. “E’ veramente uno dei maggiori attori cinematografici della sua generazione”, sostiene Mostow. “E’ una sua dote specifica quella di reggere sulle proprie spalle dei film con delle idee decisamente high concept. C’è una realtà alternativa e lui la rende credibile. E’ veramente un dono quello che ha”.

“La cosa magnifica di Bruce è che interpreta un poliziotto notevole, ma anche un uomo comune fantastico”, sostiene il produttore Hoberman.

“Mentre Willis compie questo percorso, scopre la differenza tra umanità e mondo dei replicanti, che lo porta a vivere una crisi profonda. Il Mondo dei Replicanti è anche un film d’azione, che è quello che vogliamo vedere in una pellicola con Bruce Willis”.

“Nel film, l’umanità è espressa grazie al personaggio di Bruce”, rivela Mostow. “Come chiunque altro, lui affronta le questioni quotidiane utilizzando questa tecnologia. E’ un agente dell’FBI che rimane a casa, nella sicurezza del suo appartamento, e lascia che il suo replicante robotico vada fuori a svolgere tutti i compiti pericolosi che sono normali nel suo lavoro. A un certo punto, perde il suo replicante ed è costretto a uscire personalmente, conducendo nuovamente la vita come un essere umano in un mondo completamente tecnologizzato e pieno di robot”.

“Allo stesso tempo, scopre dei sentimenti che covavano dentro di lui, e soffre della distanza che si sta creando con la moglie, totalmente dipendente dal suo replicante”, prosegue il regista. “E’ un uomo che affronta una crisi esistenziale. Mentre ricomincia a vivere come un essere umano, lui capisce quanto sia contorto il mondo e inizia a vederlo in maniera completamente diversa”.

“Io vedo Greer come una persona che è vissuta e ha abbracciato il mondo dei replicanti per un certo periodo”, aggiunge il produttore David Hoberman. “Una volta che il suo replicante viene distrutto e lui non può averne un altro, è un uomo, un essere umano fuori nel mondo. Alla fine, lui deve compiere una scelta”.

I realizzatori hanno chiamato l’attrice australiana Radha Mitchell come socia dell’FBI di Greer Jennifer Peters. “E’ un personaggio interessante, perché in realtà lei rappresenta tre persone diverse nella pellicola”, sostiene il produttore Lieberman. “C’è il replicante di Peters, che è un poliziotto alle prime armi e un po’ ingenuo, che viene messa a lavorare con Greer. Poi c’è il vero personaggio di Peters, una versione più strana del replicante, una pittrice e una personalità più artistica. E poi, c’è la terza Peters che fa parte del giallo. E’ una sfida per Radha per via dei cambiamenti sottili che deve compiere tra queste tre versioni”.

“La scelta di Radha ha rappresentato un processo interessante”, sostiene Hoberman. “Lei ha un ottimo curriculum, considerando che l’abbiamo vista in ‘Finding Neverland – Un sogno per la vita’, ‘Man on Fire – Il fuoco della vendetta’ e ‘Feast of Love’, che è stato diretto da Robert Benton. E’ un’ottima attrice ed è una bella donna, quindi era perfetta per il ruolo”.

“Grazie al personaggio di Jennifer Peters, l’intero concetto dell’identità viene messo costantemente in discussione”, rivela la Mitchell. “E’ un personaggio veramente interessante da interpretare, o meglio, si tratta di vari personaggi. Chi è Jennifer Peters? Lei sta a casa nella sua poltrona e non la si incontra mai in forma umana. Ha i capelli castani, una pelle rovinata, una pancia evidente, dei problemi ai denti e ai capelli. Non vuole mai lasciare questa realtà protetta in cui vive, così affronta la vita attraverso il suo robot, che è un agente dell’FBI. Noi vediamo solo il suo replicante e anche lei è Jennifer Peters”.

“E’ un po’ complesso, affascinante e anche duro interpretare un robot con la stessa voce e gli stessi movimenti dei tuoi personaggi umani, nonostante l’intento e le motivazioni di quel robot cambino la caratterizzazione”, prosegue la Mitchell.

“Il tuo replicante può apparire in qualsiasi modo si desideri”, sostiene il regista Mostow. “Per il bene della continuità psicologica, la maggior parte delle persone sceglie dei replicanti che assomigliano alle loro versioni reali, magari più tonici e con un aspetto migliore. I più avventurosi, possono optare per dei corpi assolutamente diversi, una nuova razza o un nuovo genere sessuale. Le persone con meno soldi possono invece optare per delle versioni generiche, che non comprendono i dettagli del volto e l’espressività dei modelli più costosi”.

Rosamund Pike è stata scelta per interpretare Maggie, la moglie di Greer ossessionata dai replicanti. “Maggie è bellissima, ma vede soltanto le imperfezioni”, sostiene Hoberman. “Lei vuole guardarsi allo specchio e vedere solo bellezza. Per Greer, la bellezza è qualcosa di interiore, non esteriore. Lui si è innamorato della donna che era, non del suo aspetto”.

“Greer e Maggie sono una coppia reale che hanno perso un bambino, situazione a cui lui reagisce buttandosi nel lavoro, tanto che lei deve cavarsela da sola”, sostiene la Pike. “Visto che lei si sente inadeguata, il suo replicante le offre la perfezione. La loro interazione è l’incontro di due robot, non di due persone reali”.

“Il loro rapporto è l’anima del film”, aggiunge Hoberman. “Iniziamo con due persone che hanno preso strade diverse dopo la morte del figlio, avvenuta all’inizio del fenomeno dei replicanti”. “L’idea dei replicanti dà vita a un mondo originale e particolare”, sostiene la Pike. “Parla di tante cose, come delle dipendenze e della paranoia legata alla propria immagine. Su un altro livello, è una storia decisamente umana. Il rapporto tra Maggie e Greer è al cuore di questa lotta tra perfezione e realtà”.

La Pike sostiene di aver visto il replicante di Maggie come una “hostess di volo degli anni cinquanta, quando la Pan Am era all’apice e le hostess indossavano dei minuscoli vestitini”. La sua controparte umana è decisamente meno definita. “Ti senti vulnerabile quando togli tutto e tiri fuori le imperfezioni”.

Per incarnare il ruolo di Canter, la mente che sta dietro al rivoluzionario fenomeno dei replicanti, i realizzatori si sono rivolti a due attori: James Francis Ginty interpreta la versione giovanile di Canter, mentre James Cromwell incarna quella anziana.

“L’idea generale per Canter è quella di un uomo anziano con una malattia debilitante che vive su una sedia a rotelle, che è anche la sua ‘poltrona'”, sostiene il regista Mostow. “Fondamentalmente, Canter, che ha creato i replicanti, crede di essere andato al di là delle sue intenzioni originali”.

“Lui non è un messia”, rivela Ginty. “In effetti, penso che le sue ragioni siano molto personali. Nella prima fase della sua vita, è stato colpito da una sventura spaventosa. A causa di questa esperienza, il suo obiettivo è diventato quello di migliorare il mondo. Così, ha creato dei replicanti per aiutare le persone che erano malate”.

“E’ meraviglioso dare questo dono alle persone che non possono condurre la loro vita come tutti gli altri”, sostiene il produttore Hoberman. “Canter ha pensato che questo avrebbe aiutato a gestire la criminalità e che i nostri soldati non avrebbero dovuto morire, ma sarebbero rimasti al sicuro con i loro replicanti che esplodevano in battaglia. Ma questa tecnologia è stata sfruttata in maniera indiscriminata, quando una grande azienda ha preso il controllo e l’ha resa disponibile a tutti. A Canter il fenomeno dei replicanti è sfuggito di mano”.

Nell’altro ‘partito’ dei replicanti c’è il folle sedicente Il Profeta. “E’ un personaggio affascinante, perché vorrebbe essere una figura mitica, di esempio per tutti gli esseri umani”, sostiene il produttore Lieberman. “Lui predica l’umanità ed è contrario alla tecnologia e ai replicanti”.

I realizzatori si sono affidati a Ving Rhames per interpretare questo personaggio appassionato. “Ving Rhames è un attore fenomenale e possiede una presenza forte, perfetta per il ruolo”, sostiene Lieberman. “Esprime forza e carisma”.

Hoberman aggiunge che “Ving è potente e ha una voce forte. Inoltre, abbiamo anche pensato che avrebbe rappresentato un bel contrasto con Bruce”. “Il Profeta è il leader di un gruppo contrario all’utilizzo dei replicanti, sia per ragioni religiose che economiche”, sostiene l’autore, Venditti. “Questi cittadini non prendono parte alla cultura dei replicanti, ma vivono ai limiti in un luogo chiamato ‘La riserva’, in cui gli esseri umani, che hanno deciso di scollegarsi da questo universo tecnologico, si sono riuniti”.

A completare il cast ci sono Boris Kodjoe nei panni del supervisore dell’FBI Andrew Stone, Michael Cudlitz (il colonnello Brendon) e Jack Noseworthy nei panni di un criminale locale di nome Strickland che contribuisce a dare il via alla storia.

“In questo ventunesimo secolo in rapido cambiamento, in cui i mutamenti tecnologici di Internet e di tutto il resto avvengono a velocità incredibile, c’è un’ansia generale nelle persone sul modo migliore di adattarsi in questo ambiente”, rivela Mostow. “E questa storia di replicanti parla da sola, diventando un’allegoria della vita nell’era tecnologica. Le persone si identificano immediatamente con alcuni aspetti della storia perché li vedono nelle loro vite reali”.

RENDERE I REPLICANTI UNA REALTA’

Sulle location con dei talenti veterani dietro le quinte

“Il mondo dei replicanti” ha rappresentato una sorta di ritorno a casa per il regista Mostow, originario del Connecticut e che si è laureato a Harvard 25 anni fa.

Oltre a girare il film in diversi quartieri di Boston, tra cui il Leather District, il Financial District, il South End, Chestnut Hill, e nella sua ex università, Cambridge, Mostow ha anche lavorato in alcune periferie di Boston come Worcester, Taunton, e Hopedale, nell’ex fabbrica Draper Mill.

Come rivela il produttore Hoberman, “la cosa interessante di Boston, almeno dal punto di vista di un realizzatore, sono queste strutture storiche e gli edifici costruiti nell’ottocento. Ha questa architettura classica americana fatta di mattoni e pietra al fianco dei monoliti di vetro. E Boston, rispetto alle altre città americane, è riuscita a trovare un modo efficace per mettere tutto assieme. La nostra storia non è veramente futuristica, ma una sorta di presente alternativo. Boston e la sua architettura ti forniscono questa sensazione di passato e futuro, così abbiamo seguito questa strada”.

Per creare questo mondo immaginario che contrappone tecnologia e umanità, Mostow ha reclutato dei realizzatori veterani, tra cui lo scenografo Jeff Mann e il suo reparto artistico, che comprendeva soprattutto il decoratore Fainche MacCarthy.

“Una delle cose che adoravo del film era l’ampia gamma di immagini, set, location e ambienti che abbiamo creato e visitato”, rivela Mostow. “Per quanto riguarda l’aspetto e le scenografie, abbiamo passato sei mesi prima di iniziare a costruire qualcosa, semplicemente parlando e realizzando dei grafici, assicurandoci che le cose fossero basate sulla logica. Una scelta ottima sia per me che per il nostro scenografo Jeff Mann”.

“Questo mondo è emozionante, interessante e viscerale”, rivela Mann. “Il fumetto è una storia decisamente dark e oscura ambientata in un mondo futuristico. Nel film, abbiamo raccontato la storia in un mondo parallelo. Questa tecnologia dei replicanti è estremamente avanzata, ma i replicanti nella nostra storia sono degli strumenti. I loro operatori sono assolutamente responsabili per le azioni delle macchine, così come avviene normalmente per ogni macchina”.

Mann ha ideato delle costruzioni imponenti per il film, in particolare l’ambiente di DMZ, in cui un gruppo di ribelli umani si sono rifugiati per sfuggire a questo mondo tecnologico privo di umanità e sensibilità.

Così, una delle sequenze fondamentali della storia si svolge in una serie labirintica di container in rovina messi uno sopra l’altro, come se fossero delle macerie dopo un grave terremoto. Un territorio apocalittico, che si trova collegato a una fabbrica abbandonata tre decenni prima, fornisce invece uno sfondo notevole a una società che Mann definisce “decisamente vuota”.

“La zona di DMZ è una discarica”, rivela Mann. “E’ una sorta di area commerciale per i Dreads, dove riciclano o estraggono del filo di rame. Loro utilizzano queste cose per evitare il contatto con il mondo dei replicanti e trovare le cose fondamentali per vivere isolati”.

“La DMZ è questa sorta di zona di guerra che circonda la Riserva in cui vivono i Dreads lontano dalla società”, afferma Mostow. “E’ piena di veicoli bruciati e luoghi in cui le persone cercano di condurre un’esistenza, creandosi degli oggetti che permettano loro di sopravvivere. Questo, assieme alla Riserva, sono i due set del film che permettono al pubblico di vivere un’esperienza diversa”.

In evidente contrasto con questo sfondo post-apocalittico, c’era la serenità del Dever State Hospital, un campus medico abbandonato nella periferia meridionale di Taunton, che è diventato il luogo perfetto per creare la comune Riserva del Profeta, in cui i Dreads conducono la vita che probabilmente si faceva negli anni trenta e quaranta”, rivela Hoberman. “Un’esistenza più semplice, senza tecnologia, in cui gli umani si producono da soli il proprio cibo”.

“C’era una caratteristica urbana che la rendeva simile a una cittadina”, aggiunge Mann. “Fornisce la sensazione di essere legata alla natura. Così, abbiamo messo dei pannelli solari sui tetti e creato queste cisterne per raccogliere l’acqua piovana. Abbiamo anche collocato dei giardini e degli spazi pubblici verdi”.

Il luogo in cui i replicanti si recano per i loro lifting facciali robotici è stato fabbricato nel Leather District di Boston, in una fabbrica di sedie che è diventato il salone di bellezza di Maggie nel film.

“Maggie è una maniaca della bellezza e in questo mondo la bellezza comprende la tecnologia”, sostiene Rosamund Pike sul suo personaggio. “Il mio salone di bellezza è quasi un’officina per automobili. Noi ci occupiamo delle carrozzerie, la chiamiamo bellezza industriale”.

La troupe di Fainche MacCarthy ha rivestito il set di strumenti, cinture e delle maniglie floreali rosa.

“In una scena, Rosamund rappresenta questa donna magnifica che arriva per ottenere una sostituzione del volto”, rivela l’artista delle protesi makeup Howard Berger. “Abbiamo costruito una copia dell’attrice con una faccia che si poteva sbucciare. E’ un volto di silicone molto sottile, che si trovava sopra un endoscheletro sul torace dell’attrice. Così, mettiamo assieme l’attrice che parla mentre le viene tolto il viso, rivelando l’endoscheletro robotico che si trova sotto. Il reparto di effetti visivi di Mark Stetson ha fatto combaciare tutto perfettamente”.

Una delle creazioni più appariscenti di Mann comprende la “poltrona”, lo strumento grazie al quale gli umani muovono neurologicamente le loro controparti robotiche. “Le poltrone rappresentavano una sfida, perché non volevo che sembrassero troppo complicate”, rivela Mann. “E’ una poltrona comoda che comprende dei sensori che dovrebbero collegare le reazioni nervose e altri stimoli muscolari”.

“Il concetto iniziale nella sceneggiatura per la ‘poltrona’ era una sedia veramente comoda in cui ci si collegato ai cavi e agli elettrodi”, aggiunge Mostow. “Non volevamo qualcosa che apparisse claustrofobico, così ho avuto l’idea di utilizzare una sorta di poltrona massaggio, che già di per sé crea una sensazione di rilassamento. Inoltre, ci sono dei laser che avvertono la temperatura corporea e leggono i movimenti del corpo e gli impulsi neurologici. L’unica cosa che bisogna indossare è una leggera cuffia che sembra simile a qualcosa che si utilizza per il Bluetooth. L’idea era di creare qualcosa che non disturbasse anche se portata per sedici ore al giorno”.

Per completare la poltrona, Mann ha anche fabbricato un altro elemento fondamentale, la culla di ricarica. “Quando acquisti il tuo replicante, ti viene inviato in questo container a due spazi, che permette sia di mandarti il prodotto che poi di ricaricarlo”, rivela Mostow. “Così, alla fine della giornata, arrivi a casa, lo rimetti nella culla di ricarica e colleghi tutto per ricaricarlo”.

L’aspetto robotico del cast principale e di centinaia di comparse che appaiono nel film è dovuto agli sforzi combinati di due reparti makeup, quello principale che era guidato dal vincitore dell’Oscar® Jeff Dawn (“Terminator 2: il giorno del giudizio”) e quello di protesi speciali, capitanato da un altro trionfatore dell’Oscar, Berger (“Le cronache di Narnia: Il leone, la strega e l’armadio”).

Visto che buona parte del cast interpreta due o più versioni dei loro personaggi, Dawn e Berger hanno utilizzato tutta la loro esperienza per distinguere i replicanti perfetti e le loro controparti umane piene di imperfezioni.

“La sfida per i reparti makeup e acconciature in questo film, fin dall’inizio, era determinare quello che rende diversi gli umani dai replicanti”, sostiene Dawn. “I replicanti sono fatti di plastica? Sono completamente reali? Hanno un aspetto migliore delle persone attraenti normali? La sfida era rendere le persone che già sono belle naturalmente assolutamente spettacolari sotto ogni punto di vista”.

“L’idea dei replicanti è collegata a un senso di vanità che abbiamo tutti, soprattutto in questa industria”, prosegue Dawn. “Questo tocca gli avanzamenti tecnologici che abbiamo compiuto negli ultimi decenni. Metti assieme le due cose e viene fuori un’idea apparentemente magnifica, l’uomo perfetto. Così, diventi più giovane, alto o dall’aspetto migliore”.

Dawn sostiene che Willis non ha avuto problemi ad accettarsi nella propria pelle, anche quando gli artisti aggiungevano dei dettagli poco lusinghieri. “Il personaggio di Greer umano è un po’ più giovane, più duro e con delle rughe supplementari”, sostiene Dawn. “E Bruce è stato bravissimo in questo senso. Quando avevo bisogno di aggiungere un po’ di anni, rughe, una barba sale e pepe, lui era pronto a tutto. Invece, il replicante di Bruce doveva essere perfetto, risultato che abbiamo ottenuto utilizzando un’intera testa con dei capelli e delle sopracciglia bionde”.

Il creatore delle protesi makeup Berger doveva decifrare l’evoluzione dei replicanti nel suo approccio per ideare un ampio assortimento di applicazioni makeup e marionette animatronic per il film.

“C’erano delle grandi sfide nel cercare di ideare il modo in cui i replicanti si sono evoluti”, sostiene l’artista. “Io ho discusso con Jeff Mann e Jonathan per tirar fuori delle idee, che ci hanno messo di fronte a diverse domande. Sono più robotici? Sono fatti di plastica o di metallo? Hanno la pelle di silicone? Hanno qualcosa di organico? Sono fatti in fibra di carbonio? La cosa più importante era il modo in cui costruire i loro esoscheletri. Cosa c’è dentro un replicante? Sono tutti sintetici, fatti di plastica e di fibra di carbonio, assolutamente meccanici. Dei robot insomma”.

Alcune delle idee di Berger comprendevano il cadavere crocifisso del replicante di Greer dopo che questo è stato distrutto; delle ferite da arma da fuoco che facevano capire chiaramente i componenti meccanici delle controfigure robotiche, come della gelatina e delle verdure verdi che fornivano il colore per il fluido idraulico che circola dentro i replicanti; e otto marionette animatronic che lavorano ai monitor di sorveglianza dentro il quartier generale dell’FBI.

Scegliere Boston come ambientazione per questa realtà parallela ha rappresentato una sfida per i guru degli effetti visivi del film, qui sotto la supervisione del vincitore dell’Oscar® (e altre tre volte candidato) Mark Stetson. La pellicola rappresentava un ritorno a casa anche per Stetson (che nel 2006 è stato celebrato come uno dei creatori di contenuti “Digital 50” dall’Hollywood Reporter e dalla PGA), nato nel Massachusetts.

Stetson, che ha iniziato la sua carriera 30 anni fa, definisce il suo ruolo ne “Il mondo dei replicanti” come un supporto ai protagonisti. “Il nostro incarico era di aiutare a integrare il concetto dei replicanti in una realtà quotidiana mostrata nel film. Visto che la pellicola si svolge nel presente, abbiamo cercato di integrare alcune delle tecnologie più avanzate nella storia nelle scene quotidiane, in modo da far sembrare tutto reale”.

Realizzare una versione robotica perfetta di un attore importante era una questione complicata, come sostiene l’artista. “Le differenze tra il replicante e il suo proprietario/operatore umano sono state affidate ai costumi e al makeup, direttamente sul set”, rivela Stetson. “Abbiamo approfondito queste differenze con le tecnologie degli effetti visivi, andando oltre le limitazioni delle tecniche concrete sul set, utilizzando un misto di tecniche 2D e 3D”.

Mostow ha anche chiamato il direttore della fotografia Oliver Wood (che ha collaborato alla trilogia di “Bourne”), l’artista che, con il suo lavoro sulle luci e le cineprese, ha migliorato le atmosfere claustrofobiche del thriller di Mostow del 2000 “U-571”, ambientato durante la seconda guerra mondiale e vincitore agli Oscar. L’ideatrice dei costumi vincitrice dell’Emmy® April Ferry (“Roma” della HBO) è tornata per il suo terzo progetto assieme al regista, in cui ha creato dei duplicati, come illustrato da una combinazione di capi comprati nei negozi e di abiti fatti su misura, che differenziavano assolutamente i replicanti dagli esseri umani nel cast del film. Il regista ha anche convocato il montatore Kevin Stitt, che aveva lavorato al suo esordio dietro alla macchina da presa, “Breakdown – la trappola”, circa dieci anni fa.

IL CAST

BRUCE WILLIS (L’agente dell’FBI Greer) ha dimostrato una versatilità incredibile in una carriera che comprende tanti personaggi importanti, come il pugile nella pellicola di Quentin Tarantino “Pulp Fiction” (vincitrice nel 1994 al Festival di Cannes), il benefattore ne “La vita a modo mio” (Nobody’s Fool) di Robert Benton, l’eroico viaggiatore nel tempo ne “L’esercito delle dodici scimmie” (12 Monkeys) di Terry Gilliam, il traumatizzato veterano del Vietnam in “Vietnam: verità da dimenticare” (In Country) di Norman Jewison, il compassionevole psichiatra infantile nella pellicola candidata agli Oscar® “Il sesto senso” (The Sixth Sense”, per cui l’attore ha ottenuto il People’s Choice Award) di M. Night Shyamalan e il ruolo che lo ha reso celebre, quello del Detective John McClane nella serie di “Die Hard”.

Dopo gli studi condotti al prestigioso corso di teatro del Montclair State College, Bruce Willis ha affinato le sue doti in teatrali e in pubblicità, prima di ottenere il ruolo da protagonista nel dramma di Sam Shepard “Fool for Love” (1984), per oltre cento rappresentazioni off-Broadway.

Ha ottenuto la notorietà internazionale e diversi premi come attore, compresi l’Emmy® e il

Golden Globe®, per il ruolo del detective privato David Addison nella fortunata serie “Moonlighting”, ottenendo la parte dopo aver battuto altri 3.000 candidati. Nello stesso periodo, ha esordito sul grande schermo assieme a Kim Basinger nella commedia di Blake Edwards “Appuntamento al buio” (Blind Date). Nel 1988, ha dato vita al ruolo di John McClane nel blockbuster “Trappola di cristallo” (Die Hard”), uno dei maggiori successi dell’anno. In seguito, ha ripreso il suo personaggio in tre sequel: “Die hard 2 – 58 minuti per morire” (Die Hard: Die Harder (1990), “Die Hard – duri a morire” (Die Hard: With a Vengeance, grande successo ai botteghini mondiali nel 1995) e “Die hard – Vivere o morire” (Live Free, Die Hard, uno dei trionfi nell’estate del 2007).

La sua ampia gamma di ruoli cinematografici comprende delle collaborazioni con dei realizzatori acclamati come Michael Bay per“Armageddon – giudizio finale” (Armageddon), M. Night Shyamalan con “Il sesto senso” (The Sixth Sense) e “Unbreakable”, Alan Rudolph ne “L’ombra del testimone” (Mortal Thoughts) e “La colazione dei campioni” (Breakfast of Champions), Walter Hill con “Ancora vivo” (Last Man Standing), Robert Benton per “Billy Bathgate – a scuola di gangster” (Billy Bathgate) e “La vita a modo mio”, Rob Reiner in “Storia di noi due” (The Story of

Us”), Ed Zwick con “Attacco al potere” (The Siege”), Luc Besson per “Il quinto elemento” (The Fifth Element), Barry Levinson in “Bandits” e “Disastro a Hollywood” (What Just Happened), Robert Zemeckis con “La morte ti fa bella” (Death Becomes Her) e Robert Rodriguez (“Sin City”e “Grind House”) .

Nella sua filmografia, figurano anche “The Jackal”, “Codice Mercury” (Mercury Rising), “Sotto corte marziale” (Hart’s War), “FBI: Protezione testimoni” (The Whole Nine Yards) e il suo sequel “FBI: Protezione testimoni 2” (The Whole Ten Yards”), “Faccia a faccia” (The Kid), “L’ultima alba” (Tears of the Sun), “Hostage”, “Solo 2 ore” (16 Blocks), “Alpha Dog”, “Slevin – Patto criminale” (Lucky Number Slevin) e “Perfect Stranger”. Ha anche prestato la voce al simpatico poppante Mikey in “Senti chi parla” (Look Who’s Talking) e “Look Who’s Talking Too”, così come ai protagonisti RJ & Spike nei fortunati cartoni“La gang del bosco” (Over the Hedge) e “Rugrats Go Wild!”.

Willis recentemente ha terminato di lavorare con Tracey Morgan nella pellicola comica e d’azione di Kevin Smith “A Couple of Dicks”.

Oltre al suo impegno di fronte alla macchina da presa, Willis ha prodotto “Hostage” e “FBI: Protezione testimoni” (The Whole Nine Yards), mentre è stato produttore esecutivo de “La colazione dei campioni” (Breakfast of Champions), adattato dal fortunato romanzo di Kurt Vonnegut. Assieme al fratello David Willis e al socio in affari Stephen Eads, è stato tra i fondatori della Willis Brothers Films, una società di produzione che ha sede a Los Angeles.

Willis si dà da fare anche in teatro. Nel 1997, è stato tra i fondatori della A Company of Fools, una compagnia teatrale no-profit impegnata a sviluppare e sostenere lavori teatrali nella Wood River Valley dell’Idaho e negli Stati Uniti. Ha recitato e diretto una rappresentazione della dark comedy di Sam Shepard “Vero West” (True West) al Liberty Theater di Hailey, Idaho. Incentrato tutto sul rapporto conflittuale tra due fratelli, lo spettacolo è stato trasmesso su Showtime e dedicato al compianto fratello di Willis, Robert.

Willis è, inoltre, affermato musicista. Ha registrato nel 1986 l‘album della Motown “The Return of Bruno”, diventato disco di platino grazie al successo di “Respect Yourself”. Tre anni più tardi, ha registrato un secondo album, “If It Don’t Kill You, It Just Makes You Stronger”. Nel 2002, è andato in tournée con la sua band, i Bruce Willis and the Blues Band, arrivando perfino in Iraq per suonare per l’esercito statunitense.

RADHA MITCHELL (Agente dell’FBI Peters) ha recentemente recitato in “The Children of Huang Shi” della Sony Pictures Classics al fianco di Jonathan Rhys Meyers e Chow Yun-Fat, così come in “Henry Poole – Lassù qualcuno ti ama” (Henry Poole Is Here) di Mark Pellington. Ha partecipato alla commedia romantica della Lakeshore Entertainment “Feast of Love” assieme a Morgan Freeman e Greg Kinnear. Inoltre, è apparsa in “Silent Hill” assieme a Sean Bean; “Neverland – Un sogno per la vita” (Finding Neverland), con Johnny Depp, Kate Winslet e Dustin Hoffman; “Man on fire – Il fuoco della vendetta” (Man on Fire) con protagonista Denzel Washington; l’innovativa pellicola “In linea con l’assassino – Phone booth” (Phone Booth), al fianco di Colin Farrell; e “Pitch Black”, assieme a Vin Diesel. Presto, la vedremo in “The Crazies” con Timothy Olyphant, che negli Stati Uniti uscirà il 26 febbraio del 2010.

La sua filmografia comprende anche “Un giorno rosso sangue” (When Strangers Appear) con Josh Lucas; la pellicola indipendente “Dead Heat”, assieme a Kiefer Sutherland e Anthony LaPaglia; “Melinda e Melinda” (Melinda and Melinda) di Woody Allen; “Nobody’s Baby” al fianco di Gary Oldman e Skeet Ulrich; “Ten Tiny Love Stories” di Rodrigo Garcia e “Crazy in Love” (Mozart and the Whale), con Josh Hartnett. Sul piccolo schermo, ha recitato con Hank Azaria e Donald Sutherland nell’acclamata miniserie della NBC “La rivolta” (Uprising) per il regista Jon Avnet. Mitchell ha fornito un’interpretazione memorabile nei panni di Syd, la giovane assistente che si innamora della fotografa eroinomane (incarnata da Ally Sheedy) nell’acclamato dramma di Lisa Cholodenko “High Art”.

Il suo ruolo nella commedia romantica di Emma-Kate Croghan “Amore e altre catastrofi” (Love and Other Catastrophes) è stato acclamato sia al Festival di Cannes che al Sundance.

Originaria dell’Australia, attualmente risiede a Santa Monica, California.

ROSAMUND PIKE (Maggie Greer) ha iniziato la sua carriera a sedici anni, quando ha scoperto l’amore per il palcoscenico grazie al ruolo di Giulietta in “Romeo e Giulietta”. Dopo aver partecipato a tante altre produzioni come “La bisbetica domata” e “The Libertine”, si è ritrovata a recitare nella produzione della BBC “Wives and Daughters”, al fianco di Michael Gambon, ottenendo grandi consensi.

La prima apparizione in un blockbuster è avvenuta nella pellicola della MGM, nel Bond movie “La morte può attendere” (Die Another Day), assieme a Halle Berry e Pierce Brosnan. Dopo Bond, la Pike è tornata sui palcoscenici londinesi per la produzione del Royal Court Theatre di “Hitchcock Blonde”, per la regia Terry Johnson. Grazie al suo enorme successo, lo spettacolo è stata trasferito al Lyric Theater nel West End.

Nel 2004, ha lavorato al film di Laurence Dunmore “The Libertine”, al fianco di Johnny Depp, nel ruolo di Elizabeth Malet, la moglie del personaggio di Depp, il conte di Rochester. La pellicola vedeva impegnati anche John Malkovich e Samantha Morton e ha visto la Pike premiata nel 2005 per la sua straordinaria interpretazione con un British Indipendent Film Award come miglior attrice non protagonista.

In seguito, ha recitato assieme a Keira Knightley, Brenda Blethyn e Judi Dench nell’adattamento cinematografico, realizzato dalla Focus Features, del classico romanzo di Jane Austen “Orgoglio e pregiudizio” (Pride & Prejudice), per la regia di Joe Wright. Anche in questo caso, ha ottenuto notevoli consensi, vincendo nel 2006 il London Film Critics Circle Award per il suo ritratto di Jane Bennett.

Nel 2007, è apparsa al fianco di Ryan Gosling e Anthony Hopkins nel legal thriller della New Line “Il caso Thomas Crawford” (Fracture), per la regia di Gregory Hoblit. Ha anche preso parte alla pellicola indipendente di Jeremy Podes “Fugitive Pieces”, che nel 2007 che aperto il Toronto Film Festival, per poi lavorare in “Devil You Know” di James Oakley al fianco di Lena Olin.

Poi è tornata a calcare le scene, lavorando all’Old Vic Theater nel thriller vittoriano di Patrick Hamilton “Gaslight”, per la regia di Peter Gill. Successivamente, ha lavorato alla pellicola indipendente “An Education”, per la regia di Lone Scherfig, presentata al Sundance Film Festival del 2009. Inoltre, ha lavorato al titolo indipendente “Burning Palms” di Christopher Landon, su cinque spezzoni di vita a Los Angeles.

La Pike ha poi lavorato al Wyndham Theater in “Madame de Sade”, al fianco di Judi Dench.

Attualemente sta lavorando alla pellicola indipendente “Dagenham Girls”, assieme a Sally Hawkins per la regia di Nigel Cole. Tra poco, la vedremo ne “La versione di Barney” (Barney’s Version), assieme a Paul Giamatti e Dustin Hoffman.

BORIS KODJOE (Supervisore dell’FBI Andrew Stone) è nato a Vienna, in Austria, ed è cresciuto a Freiburg, in Germania. Questo affascinante attore, nato da una madre tedesca (una psicologa) e un padre africano (un medico ghanese), è arrivato in America nel 1992 con una borsa di studio per giocare a tennis per la Virginia Commonwealth University di Richmond, ma purtroppo un infortunio alla schiena ha fermato al sua carriera tennistica.

Prima di ottenere una laurea in marketing nel 1996, è stato contattato da un agente della Ford Modeling di New York, dove è entrato subito dopo la laurea. Così, ha lavorato con celebri fotografi come Bruce Weber, Herb Ritts e Mathew Rolston, ottenendo il Supermodel Award agli sfilate di moda autunnali del 1998. Kodjoe è comparso sulle copertine delle maggiori riviste per uomini del mondo, fino a catturava l’attenzione dei casting directors di Hollywood, in cerca di un volto nuovo e originale.

Ha esordito al cinema grazie alla produzione di Spike Lee “Love and Basketball”, recitando al fianco di Sanaa Lathan e Omar Epps, mentre è stato ospite di telefilm come “The Steve Harvey Show”, “Boston Public” e “Eve” prima di ottenere quello che è stato il ruolo più importante fino a quel momento, ossia Damon Carter, il fattorino che si innamora di una delle tre sorelle afroamericane (Nicole Ari Parker) nella serie in onda su Showtime “Soul Food. Kodjoe ha recitato nel telefilm per cinque stagioni.

In seguito, Kodjoe e Parker (che si sono sposati nel 2005 e hanno due bambini) hanno lavorato assieme alla pellicola “Brown Sugar”, che vedeva coinvolti anche Taye Diggs e Sanaa Lathan. La coppia nella vita reale si è poi ritrovata sullo schermo nei panni della coppia divorziata e risposata nel telefilm della UPN “Second Time Around”. Inoltre, è stato ospite di “Nip/Tuck” e “Crossing Jordan”. Nella sua filmografia, figurano anche “Doing Hard Time”, “The Gospel”, “Madea’s Family Reunion”, “All About Us” assieme al vincitore dell’Oscar® Morgan Freeman e alla candidata all’Oscar® Ruby Dee, così come due progetti recentemente terminati, “Starship Troopers 3 – L’arma segreta” (Starship Troopers 3: Marauder) e “The Confidant”.

Per il suo lavoro sullo schermo, ha ricevuto quattro candidature ai NAACP Image Award, tre come miglior attore non protagonista per “Soul Food” e una per la miglior interpretazione in “Brown Sugar”.

Oltre al lavoro davanti alla macchina da presa, Kodjoe nell’aprile del 2008 ha esordito a Broadway nel ruolo di Brick nel classico dramma di Tennessee Williams “La gatta sul tetto che scotta”, interpretato anche da James Earl Jones, Phylicia Rashad e Anika Noni Rose.

Ma la sua vera missione nella vita è dedicata alla sensibilizzazione sulla malatia genetica della Spina Bifida. Assieme alla moglie Nicole, hanno fondato la Sophie’s Voice Foundation

(www.sophiesvoicefoundation.org) in onore della figlia Sophie, a cui è stata diagnosticata fin dalla nascita. I loro sforzi comprendono la prevenzione, le cure e gli studi chirurgici, mentre sono impegnati a migliorare le vite dei bambini e degli adulti che ne sono affetti, così come a trovare una cura per la più prevenibile tra le malattie della nascita.

JAMES FRANCIS GINTY (Canter) è un attore di seconda generazione, che segue le orme dei genitori, l’attore/sceneggiatore/regista Robert Ginty e l’attrice Francine Tacker.

Ginty è stato recentemente impegnato off-Broadway con il testo di Bill C. Davis “Mass Appeal”, per poi tornare in autunno alla UCLA per conseguire la sua laurea in storia. Lo scorso anno, ha lavorato alla campagna per Barack Obama e recentemente ha completato uno stage collegiale al DSCC (Democratic Senatorial Campaign Committee) a Washington.

Nato a Los Angeles, Ginty è cresciuto a Washington. Attratto delle arti drammatiche, ha frequentato il liceo alla celebre Interlochen Arts Academy, Michigan, dopo un periodo passato alla Valley Forge Military Academy in Pennsylvania, per poi passare alla Juilliard School di New York, dove si è dedicato soprattutto allo studio della recitazione e del balletto. Ha anche studiato balletto classico per sette anni in diverse scuole, tra cui l’American Ballet Theatre, il Royal Ballet e la National Ballet of Canada. Ha iniziato a recitare veramente mentre si trovava al liceo, frequentando i corsi alla British American Drama Academy e al Royal Academy of Dramatic Art, per poi entrare alla Juilliard.

Ha abbandonato bruscamente la Julliard per esordire al cinema al fianco di Harrison Ford e Liam

Neeson in “K-19” (K-19: The Widowmaker). In seguito, è stato ospite di “E.R. – medici in prima linea” (ER) e “Private Practice”, ma ha anche continuato a lavorare a teatro, in rappresentazioni come “Night and Day” di Tom Stoppard al Wilma Theater di Philadelphia. Tra i classici di Shakespeare ha interpretato Romeo al Seattle Rep e “Tutto è bene quel che finisce bene” al Folger Shakespeare Theater di Washington.

JAMES CROMWELL (Canter da anziano) è stato candidato all’Oscar® come miglior attore protagonista per la interpretazione del contadino Hoggett nel grande successo “Babe – maialino coraggioso” (Babe).

Tra le sue pellicole recenti, figurano “W.” di Oliver Stone, “The Queen” di Stephen Frears, “Space Cowboys” di Clint Eastwood, “Il miglio verde” (The Green Mile) di Frank Darabont, “La figlia del generale” (The General’s Daughter), “La neve cade sui cedri” (Snow Falling on Cedars”, “Lo scapolo d’oro” (The Bachelor), “Al vertice della tensione” (The Sum of All Fears), il prodotto della DreamWorks SKG “Spirit – Cavallo selvaggio” (Spirit: Stallion of the Cimarron), “Primo contatto” (Star Trek: First Contact), “Larry Flynt – oltre lo scandalo” (The People vs. Larry Flynt), “Becoming Jane” e “Spider-Man 3″.

Ha interpretato il nonno in “The Education of Little Tree” e il capitano di polizia Dudley Smith

in “L.A. Confidential”.

Cromwell ha ottenuto diverse candidature agli Emmy® per il suo lavoro nella serie originale della HBO “Six Feet Under”, il film della HBO “RKO 281 – La vera storia di quarto potere” (RKO 281), e il celebre telefilm della NBC “E.R. – medici in prima linea” (ER). Ha lavorato in decine di miniserie e film televisivi, compreso il protagonista di “A Slight Case of Murder” della TNT, un cammeo in “Angels in America” della HBO, “West Wing”, “La famiglia Brock” (Picket Fences), “Quell’uragano di papà” (Home Improvement), “L.A. Law” e “Star Trek: The Next Generation”.

Inoltre, ha partecipato a tante rappresentazioni acclamate, come “Amleto”, “The Iceman

Cometh”, “Devil’s Disciple”, “Tutto è bene quel che finisce bene”, “Beckett” e“Otello” in alcuni dei più rinomati teatri statunitensi, tra cui il South Coast Repertory, il Goodman Theatre, il Mark Taper Forum, l’American Shakespeare Festival, il Center Stage, il Long Wharf Theatre e l’Old Globe. Recentemente, ha incarnato A. E. Houseman nell’anteprima americana di “The Invention of Love” di Tom Stoppard messa in scena all’A.C.T. di San Francisco. Attualmente, sta lavorando alla produzione di “Re Lear”.

Ha diretto numerosi spettacoli in teatri locali statunitensi ed è stato il fondatore e responsabile artistico della sua compagnia, la Stage West, a Springfield, Massachussetts. Inoltre, ha codiretto un cortometraggio mostrato al London Film Festival.

Nato a Los Angeles, è cresciuto a New York e a Waterford, Connecticut, per poi studiare alla

Carnegie Mellon University (conosciuta successivamente come Carnegie Tech). Suo padre, John Cromwell, un acclamato attore e regista, è stato uno dei primi presidenti della Screen Directors Guild. La madre, Kay Johnson, è stata un’attrice teatrale e cinematografica.

VING RHAMES (Il Profeta) ritrova Bruce Willis per la prima volta dai tempi della pellicola di Quentin Tarantino del 1994, vincitrice agli Oscar®, “Pulp Fiction”.

Rhames proviene da Harlem, New York, dove ha iniziato a compiere i suoi studi professionali alla New York High School for Performing Arts e alla Juilliard School of Drama. Dopo essersi laureato alla Juilliard nel 1983, Rhames ha esordito nell’acclamata produzione di Joe Papp allo Shakespeare in the Park di “Riccardo III”.

Nel 1984, ha esordito nel film televisivo “Go Tell It on the Mountain”, cui hanno fatto seguito altri piccoli ruoli in serie televisive come “Miami Vice”, “Vietnam addio” (Tour of Duty), “Spencer: For Hire”, “Un giustiziere a New York” (The Equalizer) e “Crime Story”. Successivamente, ha partecipato in popolari telefilm come “E.R. – medici in prima linea” (ER, per otto episodi tra il 1994 e il 1996), “UC: Undercover” e “The District” (nei panni del procuratore generale Troy Hatcher in cinque episodi durante due stagioni).

Per il grande schermo, ha esordito in “Paura” (Native Son) nel 1986, facendosi poi notare nei panni di Cinque, leader del gruppo terroristico S.L.A., protagonisti del celebre rapimento di Patricia Hearst, nella pellicola di Paul Schrader “Patty, la vera storia di Patricia Hearst”. Dopo dei ruoli di supporto in progetti come “Vittime di guerra” (Casualties of War) di Brian De Palma, “Allucinazione perversa” (Jacob’s Ladder) di Adrian Lyne, “Homicide” di David Mamet, “Dave – Presidente per un giorno” (Dave) di Ivan Reitman e “L’ultimo attacco” (Flight of the Intruder) di John Milius, ha incarnato il criminale Little Leroy nel dramma “Fort Washington – vita da cani” (The Saint of Fort Washington), sulla situazione dei senzatetto nelle strade di New York.

Nel 1994 ha interpretato lo spietato trafficante di droga Marsellus “Big Man” Wallace, nell’acclamata pellicola di Tarantino “Pulp Fiction”. Poco dopo, con De Palma ha girato “Mission: Impossible”, nei panni dell’abile hacker Luther Stickell, un ruolo che ha ripreso nei due sequel della serie, “M:I-2” e “M:I-3″.

Nella sua filmografia, figurano anche “Out of Sight” di Steven Soderbergh, “Al di là della vita” (Bringing Out the Dead) di Martin Scorsese, la produzione di Jerry Bruckheimer “Con Air”, le pellicole di John Singleton “Rosewood” e “Envy”, “Vi dichiaro marito e marito” (I Now Pronounce You Chuck and Larry), “L’alba dei morti viventi” (Dawn of the Dead), “Il bacio della morte” (Kiss of Death), “Striptease” e “Entrapment”, oltre ad aver prestato la voce al personaggio animato Cobra Bubbles nel film della Disney “Lilo & Stitch” e nel sequel per il mercato home video, “Stitch: The Movie”.

I suoi progetti imminenti comprendono “The Goods: Live Hard Sell Hard” e“Master Harold…and the Boys”.

Per la produzione della HBO “Don King – Una storia tutta americana” (Don King: Only in America), l’attore ha vinto un Golden Globe come miglior attore in una miniserie, oltre ad essere candidato ai SAG e agli Emmy. Durante la cerimonia dei Golden Globes del 1998, ha sorpreso il pubblico offrendo il suo premio al collega nominato Jack Lemmon in diretta sul palco, come un tributo nei suoi confronti, visto che lo considerava più meritevole.

Nel corso della sua carriera ha ricevuto riconoscimenti dalla National Association of Theater Owners (NATO) e dal NAACP Image Award per il suo lavoro al cinema e in televisione.

MICHAEL CUDLITZ (Colonnello Brendon) è protagonista della nuova e acclamata serie della NBC “Southland”, di John Wells, già produttore di “ER – medici in prima linea” (ER). Cudlitz interpreta l’ufficiale John, un veterano che deve contribuire all’addestramento di una giovane recluta, l’ufficiale Ben Sherman interpretato da Ben McKenzie.

Nato e cresciuto nella East Coast, Cudlitz si è laureato in arte drammatica al California Institute of the Arts and Theatre e si è dimostrato essere un attore versatile sia al cinema che in televisione. Sebbene il suo primo amore sia stato il palcoscenico, si è fatto notare anche al cinema.

Da allora è apparso in oltre venti film, tra cui: “In mezzo scorre il fiume” (A River Runs Through It), “L’ultimo contratto” (Gross Point Blank), “Running” (Running Scared), “Ducks: una squadra a tutto ghiaccio” (The Mighty Ducks: 3), “The Liars Club”, “Il negoziatore” (The Negotiator) e “Crossing Over”, con protagonista Harrison Ford e diretto, scritto e prodotto da Wayne Kramer. In televisione, è stato coinvolto in serie importanti come “Life”, “Lost”, “Prison Break”, “24″, “Senza traccia” (Without a Trace), “Standoff ” e “Beverly Hills, 90210″. E’ conosciuto soprattutto per il ruolo del sergente Denver “Bull” Randleman nella miniserie della HBO vincitrice dell’Emmy Award® “Band of Brothers”.

Tra poco, lo vedremo in “Tenure”, una commedia con Luke Wilson per la regia di Mike Million.

JACK NOSEWORTHY (Miles Strickland) ritorva per la quinta volta il regista Jonathan Mostow, con cui aveva già lavorato alle pellicole “Breakdown – La trappola” (Breakdown”, “U-571), al thriller extraterrestre del FOX Network “Them” e a “Terminator 3: le macchine ribelli” (Terminator 3: Rise of the Machines), con un cammeo che è stato eliminato dalla versione cinematografica, ma recuperato nel DVD.

Nato e cresciuto in Massachusetts, si è laureato al Boston Conservatory. Un talento poliedrico, Noseworthy ha recitato al cinema, in televisione e a Broadway. Ha incominciato la sua carriera sul palcoscenico nella tournée nazionale del musical “Cats”. Ha esordito a Broadway nella compagnia originale di “Jerome Robbins Broadway”, ha recitato nel recente revival di “A Chorus Line” e, ultimamente, assieme a John Lithgow ha calcato le scene nel musical di Broadway “Sweet Smell of Success”. Ha ricevuto il premio del Los Angeles Drama Critics e un Drama-Logue Award come miglior attore protagonista per l’interpretazione di Alan Strang nell’acclamata produzione losangelina di “Equus”.

Lo vedremo presto nel film “Pretty Ugly People”, ma la sua filmografia comprende anche “L’amore si fa largo” (Phat Girlz), “Undercover Brother”, “Poster Boy”, “Insieme per caso” (Unconditional Love), “Punto di non ritorno” (Event Horizon), “The Brady Bunch Movie”, “Barb Wire”, “Effetto Blackout” (Trigger Effect), “A morte Hollywood” (Cecil B. DeMented), “Alive – Sopravvissuti” (Alive) e “Il mio amico scongelato” (Encino Man), il suo esordio al cinema. Oltre al suo storico rapporto con Mostow, Noseworthy ha lavorato con importanti registi, tra cui P.J. Hogan, Paul Anderson, Betty Thomas, David Koepp e John Waters.

Sul piccolo schermo, ha recentemente lavorato al western della Hallmark-Hall-Of-Fame “Aces

‘N Eights” ed è apparso al fianco di Jonathan Rhys Meyers nella miniserie della CBS “Elvis”. Sul piccolo schermo, è stato ospite di telefilm importanti, come “CSI: scena del crimine” (CSI), “The District”, “Law & Order – I due volti della giustizia” (Law & Order), “Law & Order: SVU”, “Crossing Jordan” e “Giudice Amy” (Judging Amy, quattro episodi), oltre al ruolo di protagonista nella prima serie sceneggiata di MTV, “Dead at 21″.

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