A poche settimane dalla release di Call of Duty Black Ops 6, moltissimi fan si interrogano sul sistema anti-cheat del titolo dopo l’esperienza della Open Beta.
Tenutosi nel weekend tra il 6 ed il 9 Settembre, il test ha permesso al pubblico di provare con mano le novità del nuovo capitolo dello sparatutto Activision, non senza destare tuttavia qualche preoccupazione. Al centro del dibattito si è posta infatti la massiccia presenza di cheater, che hanno affollato i server di Black Ops 6 gettando nello sconforto i giocatori.
Nei giorni stessi ed in quelli immediatamente successivi, gli sviluppatori hanno tentato di rassicurare gli animi. Pur riconoscendo i problemi, hanno sottolineato i vantaggi del testing e del check delle telemetrie per permettere a RICOCHET di continuare il suo cammino di ottimizzazione. Il sistema anti-cheat tuttavia si è rivelato, in questa fase, quantomeno contraddittorio arrivando addirittura a bannare alcuni pro player perché… troppo bravi.
Pur sapendo quanto Call of Duty sia stato, negli anni, vessato dalla piaga dei furbacchioni, il dubbio che parte dei fan si pone è se Black Ops 6 cambierà le cose.
Vi ricordiamo che il nuovo capitolo della serie arriverà il 25 Ottobre su PlayStation 4, PlayStation 5, Xbox One, Xbox Series e PC. Sarà inoltre disponibile per gli abbonati al Game Pass Ultimate.
RICOCHET, il software anti-cheat
Sviluppato da Activision e lanciato nel 2021 in occasione di Call of Duty: Vanguard (qui la nostra recensione) e della prima versione di Warzone, RICOCHET è un sistema anti-cheat di livello kernel.
Si tratta di un modulo software posto a metà strada tra hardware ed esecutivo capace di identificare i tratti salienti dei comportamenti classificabili come cheat per poi segnalarli ad un apposito team. In questo modo, RICOCHET si attiva ogni qualvolta un titolo recente di Call of Duty viene avviato per supervisionare le interazioni presenti. Una volta identificato un profilo sospetto, viene successivamente bannato ed impossibilitato ad accedere ai server del gioco. La privacy dell’utenza viene garantita dall’uso circostanziale di RICOCHET esclusivamente in simbiosi con l’infrastruttura di Call of Duty: quando si spegne il gioco, anche il modulo kernel si spegne.
Dalla sua release, il sistema è stato integrato in ogni capitolo del franchise e costantemente aggiornato, pur non raggiungendo mai la totale autonomia. Il relativo team infatti non solo ha il compito di supervisionare l’algoritmo dell’anti-cheat, ma anche di intervenire manualmente per bannare (ed eventualmente riabilitare) gli utenti.
Sebbene concettualmente affascinante, RICOCHET non si è rivelato, ad oggi, impeccabile. Non solo per “colpa” degli imbroglioni, che trovano sempre nuovi escamotage per approfittare di exploit o realizzare i cheat più diffusi (ne parleremo dopo: aimbot e wallhack), ma anche per limiti del software stesso. In questo senso, è stato piuttosto preoccupante osservare come il sistema possa cadere in errore soprattutto se non adeguatamente supervisionato, portando al ban anche di ignari player che hanno l’unica colpa di essere stati segnalati perché eccessivamente bravi. Limiti che la stessa Treyarch ha dovuto riconoscere l’anno scorso, sebbene se ne riconosca il valore di “passo nella giusta direzione”.
Black Ops 6 sarà un nuovo banco di prova per RICOCHET ed il suo team, che ci auguriamo possa portare ad una migliore user experience per tutti.
Cosa sono gli aimbot
Tra i cheat più diffusi e famosi, una menzione speciale è proprio quella riservata agli aimbot.
Si tratta di un software informatico automatizzato (un vero e proprio robot virtuale) che permette, a chi lo utilizza, di godere di una mira migliorata o addirittura automatizzata negli sparatutto.
Gli aimbot poggiano il loro concept sulla circostanza che ciascun client riceve informazioni su tutti gli altri giocatori, indipendentemente dal fatto che siano visibili o meno dalla posizione del player. In questo modo, software di terze parti permettono non solo di migliorare il targeting degli avversari ma anche di prenderli di mira prima ancora che entrino nell’effettiva visuale del giocatore. A volte vengono utilizzati insieme ad un triggerbot, che si occupa di sparare automaticamente quando un avversario appare nel campo visivo dell’utente.
Ovviamente, tutto questo si traduce in un beneficio enorme per il cheater, che non dovrà più preoccuparsi di individuare gli avversari e stare attento agli spostamenti. Traducendosi in potenziali ed agevoli vittorie, benché evidentemente antisportive e vietata dagli sviluppatori stessi. Negli ultimi anni, paesi tra cui la Cina hanno addirittura criminalizzato la vendita o l’uso di cheat nei videogiochi. In Corea del Sud si rischia addirittura fino a 5 anni di carcere o multe superiori a circa 30.000 euro. La stessa Activision ha deciso di affrontare legalmente il problema, arrivando a vincere una importante controversia quest’anno nei confronti del produttore di cheat EngineOwning, ottenendo un risarcimento danni di circa 15 milioni di dollari.
Nonostante tutto, diverse aziende del settore offrono i loro servizi in questo campo e non è difficile trovare proposte, per aimbot e trucchi per Warzone, come quelli offerti da Battlelog.
Cosa sono i wallhack
Meno diffusi degli aimbot ma non per questo meno invasivi, i wallhack sono cheat particolarmente diffusi negli sparatutto multigiocatore.
Con questi software è possibile rendere letteralmente trasparenti i muri delle ambientazioni. In questo modo, pur non potendo contare sugli automatismi degli aimbot, il cheater si trova a poter sfruttare un chiaro vantaggio identificando la posizione degli avversari molto più facilmente.
Il vantaggio illecito si traduce dunque nella possibilità di poter sfruttare secondi preziosi per prepararsi ad un attacco a sorpresa o per sfuggire ad una imboscata. Questo genere di cheat è piuttosto semplice da immaginare, visto che in contesti estremamente limitati viene addirittura concesso come perk in diversi capitoli di Call of Duty. Ad esempio, in Vanguard si otteneva lo stesso effetto di un wallhack con il perk Visione Penetrante. Con una piccola differenza. Un conto è una feature di gameplay, accuratamente soppesata per garantire un equilibrio sistemico. Tutt’altro conto è sfruttare un software di terze parti per ottenere un beneficio arbitrario ed illecito.