I Manetti Bros o si amano o si odiano. Diabolik, primo coraggioso tentativo di portare, dopo la versione degli anni 60, il temibile assassino e ladro sugli schermi cinematografici, era stato giudicato dai più come sufficiente, con la maggior parte della critica specializzata rimasta tuttavia delusa dall’eccessiva durata (dovuta anche alla lentezza degli sviluppi di trama) della pellicola e, sorprendentemente, proprio dalla “prestazione anonima” del protagonista, interpretato da Luca Marinelli.
In questo secondo capitolo, liberamente ispirato al 16° albo fumettistico, i miglioramenti sono visibili se paragonati al precedente (basti vedere il cambiamento dell’attore principale con Giacomo Gianniotti) ma nel film, tuttavia, alcune delle precedenti lacune continuano ad esserci, con il risultato finale di non riuscire a coinvolgere particolarmente lo spettatore.
TRAMA:
Diabolik (Giacomo Gianniotti) è alle prese con un nuovo complicato furto che lo vede coinvolto con Eva Kant (Miriam Leone) nel trafugare alcuni gioielli dal valore inestimabile. Tuttavia, il furto, porterà a Diabolik non pochi problemi a causa di un ingegnoso piano architettato dal tenebroso e astuto Ispettore Ginko (Valerio Mastrandrea) che lo porterà dritto nel rifugio del ladro costringendolo a scappare. Nella fuga, Eva Kant viene abbandonata da quest’ultimo e sentitasi tradita da ciò, architetta proprio con la sua nemesi Ginko un modo per catturare Diabolik. Ci riusciranno?
ATTENZIONE: All’interno della recensione sono presenti degli spoiler necessari alla migliore comprensione di alcuni contesti, dunque se non volete leggere eventuali anticipazioni non proseguite oltre.
Anno nuovo, storia inedita, per questo capitolo ispirato (come anticipato) liberamente al 16° volume dei famosi volumi a fumetti della Astorina, arrivato in sala il 17 novembre. Come la precedente pellicola cinematografica, a curare la regia troviamo gli esperti Manetti Bros. Il cast vede confermati Miriam Leone (strepitosa, ma meno protagonista se confrontato al precedente, nei panni di Eva Kant) e Valerio Mastrandrea nei panni di un cupo ispettore Ginko, pronto a qualsiasi mezzo per catturare Diabolik, anche a rinunciare alla propria vita privata per favorire la carriera. Ne potrebbe sapere qualcosa l’inquietante quanto allo stesso tempo (forse anche perché volutamente dalla regia interpretato in questo modo) buffo personaggio di Altea, amante di Ginko interpretata da Monica Bellucci. A proposito di new entry nel cast, è impossibile non poter citare il carismatico ed affascinante Diabolik, interpretato da un convincente Giacomo Gianniotti (già visto precedentemente in Grey’s Anatomy) che riesce nel (difficile?) compito di sostituire Luca Marinelli, che con la sua interpretazione non riuscì a convincere né la stampa e né il pubblico.
Il film, come il precedente capitolo, soffre però di un fattore che in questa trasposizione si sente particolarmente: l’eccessiva durata degli eventi, volutamente riportati in modo lento e conciso per imitare il più possibile lo stile visivo (e narrativo) del fumetto delle sorelle Giussani. L’estrema fedeltà (dovuta probabilmente anche al contesto storico, ormai, anacronistico con i tempi recenti) e la volontà di voler seguire a tutti i costi il dogma dell’attaccamento all’albo originale del 1964, creano non poche problematiche nel riuscire a seguire un film. Nonostante sia magistralmente girato grazie alle riprese dei Manetti, come sempre garanzia di qualità, e comprenda un cast ottimo, a livello di scenografia, purtroppo, ci sono evidenti lacune che allungano (inutilmente) la storia rendendola soporifera e pesante da seguire.
Incomprensibile, almeno per quanto ci riguarda, la scelta di girare un film su Diabolik, ma che in realtà risulta più un figurante che un vero e proprio protagonista. Chi si aspettava di vedere un film d’azione potrebbe rimanere alquanto deluso perché la regia ha preferito favorire un vero e proprio film poliziesco dai sapori vagamente “vintage“. Il protagonista, in questo caso, è Ginko come lo stesso titolo della pellicola lascia intuire. La figura di Diabolik è presente, ma quasi come una sorta contorno, senza tracce frequenti per almeno tre quarti di film. Il piano di rivalsa del ladro, viste le evidenti difficoltà imposte dalla polizia e Ginko, per quanto elaborato, è comunque facilmente prevedibile e la sensazione in sala è quella di sapere già dove il diabolico assassino sarebbe andato a parare. Il tutto condito da una lentezza dalla recitazione statica che tende ad omaggiare riuscendoci, forse, anche parzialmente i film degli anni 60′ rendendola per questo vintage grazie anche alle bellissime ambientazioni selezionate. La pellicola prova ad imitare uno stile, lasciatecelo passare, simil “bondiano” senza però averne le caratteristiche ed il carisma. Si tratta pur sempre di un’opera di fantasia, lo riconosciamo, tuttavia i Manetti si sono presi la briga di “modificare” solo alcuni piccoli (e onestamente inutili) dettagli ed eventi dell’albo, quando probabilmente avrebbero dovuto fare più attenzione a rendere meno prevedibili alcune situazioni. E’ un monito, anche in vista di un probabile terzo capitolo in arrivo il prossimo anno, come confermato dagli stessi membri del cast nel corso della conferenza stampa di pubblicizzazione del film.
Ginko, dicevamo, è la figura perno della pellicola. Valerio Mastandrea riesce perfettamente ad entrare nel personaggio, rendendolo credibile e cupo anche nelle situazioni più strane come il collaborare con il personaggio della Bellucci, statica e onestamente goffa. Purtroppo i problemi di sceneggiatura non si fermano solo alle interpretazioni, ma anche ad alcuni buchi di trama che non trovano soluzioni: Eva Kant pluriricercata e creduta morta in una delle scene, riesce comunque a contattare la polizia senza troppi problemi e a girare in modo disinvolto per Clerville senza che nessun poliziotto si accorga della sua (bellissima) presenza e, come se nulla fosse, permettersi anche il “lusso” di andare a mangiare dolci in centro. Il tutto mentre la polizia è impegnata nel sequestro degli oggetti trafugati da Diabolik e con l’illusione di poter catturare vivi entrambi.
Una nota positiva riguarda la colonna sonora del film, al solito scritta dagli intramontabili Pivio & Aldo De Scalzi, convincente e coerente con le ambientazioni della pellicola. Se lo scorso anno Manuel Agnelli ci aveva “deliziato” con “La Profondità degli Abissi” per questo secondo capitolo troviamo una “new” entry, ovvero Diodato (vincitore della 70° edizione di Sanremo) che con la sua canzone scritta e interpretata “Se mi vuoi” sembra un po’ scimmiottare/omaggiare le “introduzioni” presenti nei vari film di James Bond.
Diabolik: Ginko all’attacco è il sequel di cui, pochi, ne sentivano la necessità. Le intenzioni dei Manetti Bros. di portare nelle sale italiane il fumetto delle due sorelle Giussani è riuscito sicuramente con buoni esiti, tuttavia l’eccessiva volontà di essere fedeli al volume comporta con essa delle responsabilità che portano a degli evidenti problemi nel riuscire a combinare il ritmo che c’è tra due medium differenti come cinema e linguaggio fumettistico, causando quindi inevitabili problemi di comprensione della storia a causa della soporifera durata e della lentezza.