La Recensione di Resident Evil 5

La recensione del nuovo capitolo di Resident Evil, il survival horror più famoso al mondo

Resident Evil 5

In questo mondo, se non si hanno delle radici profonde, difficilmente si riuscirà a restare in piedi per molto tempo; per alcuni le radici sono rappresentate dal giro d’affari, per altri dal nome, per altri ancora dalla storia che hanno alle spalle, per un titolo come Resident Evil 5 invece, le radici sono tutto questo assieme e forse qualcosa in più. Chiunque abbia vissuto, anche quale organismo parassitario, gli ultimi anni nel campo dell’entairtainment non può non sapere che tra i videogames esistono in linea di massima delle summae diviso: gli Action games, gli FPS, gli Sportivi, gli RPG ed infine Resident Evil.

Non deve stupire l’assorbimento da parte del titolo Capcom di una intera categoria, perchè è proprio con questa favolosa saga (meglio conosciuta in Giappone con il nome di Biohazard) che è nato il genere Survival Horror, tanto che Resident Evil, nè è per i più, sinonimo. Dal lontano 1996 la serie Resident Evil ha battuto ogni record, in termini di fama, di vendite e di qualità; è stato presente praticamente su tutte le console, con una breve, ma riuscitissima apparizione anche su Dreamcast di Sega (con Resident Evil: Code Veronica), contribuendo a fare la fortuna delle console Sony in maniera determinante (assieme ad altri pochi mostri sacri del panorama videoludico) fino a garantire in qualche modo la sopravvivenza, con ben studiate esclusive, anche di console “morte in partenza” (si pensi al GameCube ndr). Anche in questa generazione di console, nonostante siano trascorsi ben 13 anni dalla sua prima apparizione, Resident Evil 5 rappresenta ancora una dei titoli più attesi sul mercato.


In sviluppo da quasi cinque anni, immediatamente dopo il successo straordinario di Resident Evil 4 su Playstation 2, il quinto episodio della serie è stato sviluppato con l’intenzione di ricavarne un gioco unico, sfruttando laddove possibile, le caratteristiche hardware delle due console più performanti del mercato: Playstation 3 ed Xbox 360. Diremo subito che dal punto di vista della pura tecnica, l’azienda di Osaka, produttrice del gioco, ha fatto tutto quello che si potesse aspettare, la trama poi, forte del tema di fondo delle imprese farmaceutiche assetate di denaro e potere, ha tante di quelle diramazioni e implicazioni possibili che si potrebbero pubblicare decine di libri senza mai annoiarsi: nulla da eccepire in fondo, ma allo stesso tempo niente di straordinariamente sorprendente.


Uroboros

Dopo la Umbrella Corporation i nostri eroi della STARS (Special Tactics And Rescue Service), tra cui il protagonista di Resident Evil 5, Chris Redfield, avendo probabilmente nostalgia di zombie e mostri terrificanti, hanno pensato bene di riciclarsi sotto forma di paladini della giustizia contro le atrocità del mondo e l’egoismo delle multinazionali farmaceutiche rese potenti da governi alla ricerca delle armi “definitive”. Così il nostro Chris ha pensato bene di arruolarsi nella BSAA, perchè accantonata la Umbrella, ci sono decine di terroristi, trafficanti di morte, che giocano con tremende armi biologiche scatenando vere e proprie pandemie in tutto il mondo.

Purtroppo però, le infezioni provocate da questi virus, oltre a decimare la popolazione fa si che questa muti, in perfetto stile Residen Evil, in zombie dalle svariate caratteristiche, tutte fantastiche ma decisamente lontane dal comune concetto di umanità. Questa volta il teatro della vicenda è la martoriata Africa (non vogliamo accennare alle innumerevoli polemiche che hanno additato come razzista il gioco per tutto il tempo dello sviluppo), un trafficante di armi, tale Irving, ha infettato le popolazioni autoctone, provocando la morte di massa di donne e bambini e trasformando i maschi adulti in morti viventi tremendamente aggressivi. Chris ha il compito di acciuffare Irving e sarà coadiuvato da Sheva, una mercenaria locale addestrata dalla BSAA per operazioni ad alto rischio e con una storia di sofferenza familiare legata ad esperimenti di case farmaceutiche, quindi fortemente motivata.


A questo obiettivo con l’evolversi della vicenda, Chris aggiunge la speranza di ritrovare la sua precedente partner Jill Valentine (sfidiamo chiunque a dimenticare l’incipit del Primo Resident Evil, quando Jill dinanzi ad uno zombie che suscita la domanda del suo partner sul che cosa fosse, lei risponde con voce strabiliata “This is a monster!”), creduta morta, dopo la caccia all’ex capo del Team Alpha della S.T.A.R.S, Albert Wesker, pizzicato dai suoi compagni a trafficare con il nemico pronto a tutto per realizzare il suo sogno di onnipotenza. Il resto è la classica lotta per la sopravvivenza tra mille insidie, tutto al fine di punire i cattivi e far rivivere al mondo giorni tranquilli.


Gameplay e Tecnica

Gameplay

Resident Evil 5 è soprattutto un buon imitatore dei precedenti capitoli della serie, innovativo dal punto di vista della modalità cooperativa online ed offline, non si discosta in maniera rilevante da Resident Evil 4 e dagli altri esperimenti minori sostanzialmente coevi. Il survival horror è nato con questa serie e continua a vivere in essa, gli zombie, qui chiamati majini, categoria utilizzata in tutte le salse dall’industria cinematografica e videoludica, continuano ad avere un loro ruolo fondamentale: incutono ancora quel senso di terrore che induce a guardarsi continuamente intorno in ogni situazione.

L’utilizzo di puntatori laser per ogni arma conferisce però al titolo un’aura troppo pulp, facilitando forse oltre misura il compito del giocatore, parzialmente controbilanciata dalla impossibilità di muoversi mentre si sta puntando, una scelta che sinceramente è difficile condividere, perchè se è vero che infonde un disarmante senso di pericolo in quanto in quei momenti si rimane completamente indifesi, d’altra parte rende il gioco più statico ed a tratti noioso. La presenza di un partner invece, unitamente alla gestione dell’inventario, permettono di sottolineare gli elementi di piacevole novità, la possibilità ed anzi, il dovere, di aiutare la vostra compagna in difficoltà e di essere aiutati da questa, movimentano il gioco. Il continuo scambio di oggetti tra l’uno e l’altro giocatore, con il menu sovrapposto al gioco, di modo che, seppure aperto, continuerete a subire attacchi, la mancata espansibilità delle caselle dell’inventario ed infine la presenza frequente di majini dinamitardi, donano a Resident Evil 5 quella accennata sensazione di pericolo costante, di autentica precarietà, che è certamente più terrificante della presenza degli stessi distigustosi mostri.


La scelta di eliminare le affezionate macchine da scrivere a favore di salvataggi e checkpoint predefiniti, non è completamente condivisa, i famosi nastri per le macchine da scrivere rendevano comunque strategica la scelta sul loro utilizzo aggiungendo un elemento di sfida notevole all’avventura posto che ciascuno cercava di finire il gioco con il minor numero di salvataggi possibile. Per il resto il gioco è assolutamente godibile e divertente in ogni fase, permette una buona varietà di situazioni grazie all’implementazione di diversi mezzi di locomozione, acquatici e terrestri dai quali si riesce a colpire gli avversari, con l’ovvia difficoltà dei veicoli in movimento ed allo stesso tempo il vantaggio di essere, in alcuni casi, dietro ad una mitragliatrice dal grosso calibro. Tutta la vicenda è infarcita di passaggi QTE (Quick Time Events, ormai caratteristica necessaria dei videogames da qualche anno a questa parte, precursori esclusi) decisamente facili da seguire, la varietà di situazioni in cui vi troverete infine, unitamente alla possibilità della modalità multiplayer cooperativa e non, l’alta rigiocabilità, le armi sbloccabili e le features segrete, riescono a non farci troppo imputare sull’esigua durata del gioco, che seppure in linea, con le sue 12-13 ore alla media dei diretti concorrenti, non ci rende affatto felici.


Un capitolo a parte merita invece la modalità cooperativa; Sheva, la vostra partner, sarà particolarmente solerte nell’aiutarvi nelle situazioni di difficoltà e nel curarvi nella maniera più celere possibile, poi però, durante le fasi di gioco, raccoglierà oggetti con alterne fortune e si bloccherà più volte nel corso del gioco senza possibilità di richiamarla al suo dovere. Una intelligenza artificiale che mostra insomma, qualche falla di troppo, non solo nella vostra compagna d’avventura, ma anche nei majini, inoltre proprio la presenza di un partner rende meno traumatica l’esperienza horror perchè dona una certa sicurezza al videogiocatore che ha come punto di riferimento a schermo pur sempre un altro essere umano.

Grafica

Il livello tecnico del titolo Capcom potrebbe essere preso tranquillamente come metro di paragone per i giochi futuri. Graficamente ineccepibile, il gioco propone scenari mozzafiato e variegati, con enigmi e trabocchetti, che, seppure non ai livelli dei precedenti capitoli, forniscono alla storia la possibilità di spaziare dal villaggio africano arso dal sole ed impolverato, al villaggio di pescatori distribuito su palafitte, ai laboratori ultramoderni, ai sottopassaggi bui ed angusti. Il motore del gioco, sostenuto dalla tecnologia MT Framework, fornisce una solidità disarmante, le palette di colori sono modellate quasi perfettamente sul gioco ambienti esterni, ambienti interni, arrivando ad esprimere con televisori ad alta definizione di una certa qualità, una riproduzione cromatica eccellente.


I giochi di luce sono stupefacenti, non solo l’illuminazione dei livelli e delle zone d’ombra, magari con le torce o le scintille prodotte dall’esplosione della canna di un’arma, ma soprattutto l’influenza che la luce ha sul puntamento e sul fisico dei protagonisti; nei momenti di massima illuminazione infatti, i nostri eroi saranno spossati tanto che il mirino ottico dei fucili di precisione traballerà non poco ed anche la mira ad occhio nudo, in qualche caso abbagliata dai riflessi delle armi nemiche o dalle corazze, ne risentirà.

I protagonisti poi, al di là della scelta di rendere Chris Redfield un super palestrato pompato di steroidi, sono curati nei minimi particolari: dalla barba di Chris, alle incisioni delle ferite, allo sforzo muscolare nelle arrampicate, alle armi trasportate (visibili e perfettamente riprodotte una ad una alle spalle dei nostri eroi) rendono inequivocabile che Capcom ha avuto una cura maniacale dei particolari nello sviluppo del titolo. Un riferimento particolare per quanto riguarda il disegno dei protagonisti va in primo luogo al coltello da mischia che porta Chris sulla spalla sinistra, il pensiero corre in special modo al manico in legno che arricchisce il tutto come fosse un accessorio di alta sartorie, in secondo luogo il viso di Sheva è semplicemente molto attraente.


La cura dei dettagli è stata sicuramente rispettata anche per i nemici, ma purtroppo a discapito della varietà; spesso invero ci toccherà confrontarci con majini simili agli altri, differenti solo per piccolissimi accessori o cambi di colore, diverso è il discorso per gli animali, segnatamente per i cani: premettendo che i doberman scuoiati degli altri episodi rendevano l’atmosfera terrificante, i cani di Resident Evil 5 non hanno lo stesso fascino orrido dei precedenti, se non in minima parte quelli con la testa mutata. Discorso a parte a parte è quello che concerne i boss di fine livello, in presenza dei quali, ben definiti ed alternati in quanto a grado di difficoltà, la deriva action assunta dal titolo, lascia il posto all’astuzia nell’utilizzare gli elementi posti a nostra disposizione dallo sviluppatore.


I movimenti dei personaggi sono tutti molto fluidi, senza interruzione alcuna e senza alcun segno di innaturalezza, tanto che, seppure infettati con un virus molto più evoluto che dovrebbe dare vita ad una nuova razza eletta, i nostri nemici non sembrano neanche più degli zombie per come riescono a muoversi. Il framerate, che pure sulla versione PS3 soffre in brevissimi istanti della presenza di troppi elementi in movimento, è assolutamente su standard molto alti, unico difetto evidente, ormai comune a molti titoli è l’effetto tearing sui terreni.


Sonoro e Conclusioni

Sonoro e Conclusioni

Resident Evil 5, gode di un ottimo doppiaggio in lingua originale e di una discreta traduzione italiana, molto spesso non esattamente aderente alle sfumature di significato mostrate nell’originale. Particolarmente felici sono tutti gli effetti sonori, gli spari, la chiusura delle porte, i rumori di sfondamento sui cancelli chiusi, il rumore dei passi e della corsa, il suono prodotto dai proiettili che incontrano le superfici metalliche o il corpo dei nemici. Non all’altezza della situazione la colonna sonora, che solitamente, nelle grandi produzioni si fa ricordare di pari passo al titolo, questa volta invece rimane purtroppo nell’anonimato.


Conclusioni

In definitiva Resident Evil 5 non rappresenta il “gioco dei giochi” che in molti ci aspettavamo; fortuna ha voluto però che in questa generazione di console, i giochi che possono paragonarsi a Resident Evil 5 e magari essere considerati superiori a questo, si contano sulle dita di una sola mano. L’elemento horror a cui tutti gli amanti della serie sono abituati ha lasciato troppo spesso campo a modalità action che se divertono nell’immediato, alla fine lasciano l’impressione di aver giocato ad un altro gioco, mentre le fasi QTE danno solo sporadicamente quel ritmo che facilmente si può perdere durante la normale esplorazione dei livelli.

A questo punto vi starete chiedendo se vale la pena acquistare questo Resident Evil 5, la risposta secca è che ne vale certamente la pena, perchè se pure siamo in presenza di una sorta di remake di Resident Evil 4, il titolo rappresenta, già allo stato attuale, un livello tranquillamente paragonabile ai migliori giochi disponibili sul mercato per le console di nuova generazione.

Carmine Iovino
Carmine Iovino
In rete: TUTTOLOGO // Appassionato di Videogames e NERD tourettico // Nella vita: Avvocato Penalista

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