Le preoccupanti richieste di risarcimento del P2P

Le richieste di risarcimento per i file condivisi illegalmente destano molte preoccupazioni tra gli utenti.

Tentar non nuoce

L’argomento è tra i più scottanti: richieste di risarcimento emesse a raffica da uno studio legale di Bolzano per presunte condivisioni di files mediante programmi di p2p . Ormai i Forum ne sono pieni, ogni giorno ritroviamo il post di qualche sfortunato utente che si chiede cosa fare, se versare allo studio in questione “Studio legale Mahlknecht & Rottensteiner” 330? per chiudere bonariamente la faccenda oppure andare avanti e correre il rischio di intraprendere una lite, che con il sistema di giustizia italiano non si sa se e quando finirà.

La vicenda nasce qualche mese fa quando il Tribunale di Roma impone a Telecom di fornire circa 4000 mila nomi di utenti, legati ad altrettanti indirizzi IP, accusati dalla Peppermint Jam (detentrice dei diritti d’autore presumibilmente violati) di condividere materiale coperto da copyright. Successivamente lo studio legale che rappresenta Peppermint Jam in Italia, ha iniziato ad inviare all’indirizzo di quelle persone, delle lettere, in cui si propone una composizione bonaria della vicenda a patto che si versino 330? a titolo di risarcimento per le spese sino quel momento sostenute e si firmi una dichiarazione nella quale ci si impegni a non condividere mai più materiale protetto dal diritto d’autore.

Sembrerebbe una mano tesa di un anziano zio che per una “pacca sulla spalla” ti promette di non andare oltre, ma a ben vedere per gli utenti che hanno ricevuto queste proposte e per buona parte del popolo della rete si tratta di comportamenti inaccettabili per una serie di motivi che vanno dalla modalità di raccolta dei numeri Ip da parte del software Logistep utilizzato da Peppermint (da più parti giudicate lesive della privacy checchè ne dicano i soggetti interessati), alla certezza sulla responsabilità dell’utente (problema diffusione delle reti wireless-colabrodo), al problema dei cambi di nome dei file sui software p2p, per finire alla presunta univocità del codice hash che non può essere assunto quale regina delle prove.

Certo è che qualcuno si affida con una certa sicurezza al vecchio adagio negli ambienti forensi che recita “meglio un buon accordo che una causa vinta” con il quale troppo spesso si ottiene quello che si vuole con la semplice minaccia di far valere un diritto. Non sta di certo a noi suggerirvi le modalità di difesa o su come reagire a queste lettere, ma vi preghiamo di sforzarvi a non pagare e basta, ma a far sentire forte la vostra voce affinchè quanto meno, anche da uno sbaglio, se mai ci fosse stato, si contribuisca a fare più chiarezza in materia.

A suffragio di quanto detto sopra e del crescente allarme da parte degli utenti in rete, pubblichiamo di seguito quanto ha scritto JustFrank sul suo blog, che ci sembra riassuma alla perfezione i dubbi e gli stati d’animo di tutti coloro che sono parte della vicenda o che semplicemente si preoccupano per questi “modi di fare”:

“Estorsioni” in arrivo per gli utenti del p2p

Da ieri ho cominciato a leggere in giro per forum storie di utenti che avrebbero ricevuto una raccomandata da parte di uno studio legale, per conto della casa discografica Peppermint, produttrice per lo più di artisti discotecari. Storie come questa, tutte uguali: utenti che avrebbero scaricato una canzone di qualche deejay misconosciuto ( l’unico noto, e il più ricorrente, è Mousse-T ) e adesso si ritrovano con la minaccia “puoi pagarci 330? di risarcimento, e la chiudiamo qui, oppure ti denunciamo”.

La casa discografica si sarebbe servita dei servizi della ditta svizzera Logistep, la quale ha fatto quello che normalmente da noi europei fanno invece le polizie: tenere sotto controllo le reti del file sharing e tracciare il traffico relativo ad alcuni specifici files, per poi andare dai provider e chiedere i dati personali di chi si sarebbe macchiato dell’orrendo crimine.

La storia non è chiara nel senso che, è vero, c’è una controversa sentenza del Tribunale di Roma che attesterebbe l’affidabilità e la liceità del sistema di monitoraggio della Logistep, ma in realtà la questione è ancora oggetto di discussione tra gli esperti giuristi ed io, che non sono del campo, sto a guardare.

Il Sen. Fiorello Cortiana ha scritto una lettera in merito al Garante della Privacy. In sostanza, i dubbi sono fondamentalmente due:

Logistep viola o no la privacy degli utenti, tracciando il loro traffico ?
Inoltre, che speranze può davvero avere questa ditta di vincere una causa se, con tutta probabilità, non troverà traccia del “corpo del reato” ( il file mp3 ) nel PC dell’utente accusato ?

Vedremo. Quel che è certo è che l’atteggiamento della casa discografica è palesemente intimidatorio, solo 14 giorni sono stati dati ai circa 4000 sfortunati utenti in preda al panico per decidere di pagare o addentrarsi in una costosa avventura legale. Gli americani conoscono bene questa mossa, tipica della RIAA: è il F.U.D., Fear, Uncertainty, Doubt.

Paura, Incertezza, Dubbio. Quando nessuno sa con precisione chi può spuntarla sul piano legale, chi fa la voce grossa con uno stuolo di avvocati alle spalle la vince. A meno che non ti chiami Shawn Hogan ed hai così tanti soldi di rifiutare l’accordo extragiudiziale e andare fino in fondo, per dimostrare di avere ragione.

P.S: Ho preferito virgolettare la parola “estorsioni” nel titolo, visto che si parla di uno studio legale è bene mettere in chiaro, non sto certo accusando il loro cliente del reato di estorsione, ma critico l’aver intrapreso una azione con intento chiaramente intimidatorio approfittando del quadro legislativo ancora piuttosto vago
. Fonte: JustFrank Blog

Carmine Iovino
Carmine Iovino
In rete: TUTTOLOGO // Appassionato di Videogames e NERD tourettico // Nella vita: Avvocato Penalista

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