Negli ultimi anni, come avevamo anche accennato nell’introduzione della recensione di Soulstice, ibridare quelli che una volta erano “semplici” action o action-adventure con elementi tipici del genere dei giochi di ruolo, e più nello specifico del sottogenere dei soulslike, sta diventando uno dei leitmotiv dell’industria.
Anche lo studio taiwanese autore di Asterigos: Curse of the Stars ha sposato questa filosofia. I talentuosi ragazzi di Acme Gamestudio però hanno rinunciato alla ormai tipica difficoltà medio-alta di questo sottogenere regalando al mercato un prodotto più accessibile, ma non per questo meno profondo o interessante.
Asterigos: Curse of the Stars è disponibile dallo scorso 11 ottobre su PlayStation 4, PlayStation 5, Xbox One, Xbox Series X|S e PC.
Versione testata: PS5
I want you break free
La protagonista Hilda è un soldato della Legione del Vento del Nord. La sua storia comincia quando viene inviata alla ricerca di una squadra di suoi commilitoni dispersa da mesi, con suo padre al comando. L’obiettivo della squadra dispersa era importantissimo: cercare un soluzione alla maledizione che ha colpito il Re di Anabri.
Arrivata ad Aphes scopre che sia la città che la maledizione, l’Asterigos che da il titolo al gioco, sono molto più antiche del previsto.
La maledizione ha cristallizzato ogni cosa nei meandri del tempo, compresi gli abitanti della città. Ad Hilda non resta che collaborare con questi per spezzare Asterigos e liberare così Aphes, suo padre e tutto il regno di Anbari.
Asterigos: Curse of the Stars, ha una storia raccontata in maniera “tradizionale“, che però si limita a fare il compitino e nulla più. Anche la scrittura dei personaggi non ci è piaciuta molto, a causa di qualche eccesso di troppo. Hilda è addirittura petulante e spesso fuori luogo. Sicuramente più interessante la narrativa ambientale, grazie ai tantissimi documenti che aiutano a dare credibilità al world building, tutto sommato riuscito.
Relax, take it easy
In base a quanto detto nell’introduzione, ci viene quasi automatico etichettare Asterigos: Curse of the Stars come un soulslite. Ma in cosa è più “light”?
Sicuramente alla base dell’affermazione troviamo il binomio formato da un’IA nemica molto più prevedibile, meno assetata del nostro sangue e la gestione molto più permissiva della stamina. Senza ignorare il fatto che è uno dei pochi esponenti di questo genere a presentare dei livelli di difficoltà.
I nemici sono veramente molto lenti ad attaccare, hanno pattern totalmente leggibili e sono limitati da una scarsissima reattività. Fortunatamente la situazione cambia nelle boss fight, seppure la sfida resti sempre tarata verso il basso.
Per quanto riguarda la gestione della stamina, questa si consuma solo con le manovre speciali, le mosse evasive e difensive e la corsa.
La scarsa reattività e la possibilità di continuare l’offensiva in maniera continua fanno sì che molto spesso i nemici non avranno nemmeno il tempo di capire da cosa sono stati colpiti, con la conseguenza che i combattimenti, soprattutto nella seconda parte di gioco, diventeranno una pura formalità.
Nonostante questo però, le sei armi disponibili differenziate in maniera certosina, la possibilità di mixare le combo tra due armi scelte a piacere, i tanti oggetti equipaggiabili, i potenziamenti, le abilità attive e passive e la possibilità di buildare il proprio personaggio in maniera abbastanza mirata rendono i combattimenti sempre piacevoli. Alla difficoltà Difficile, perfino un minimo profondi e strategici visto che i nemici riescono a reagire alla nostra offensiva.
Insomma, il sistema di Asterigos: Curse of the Stars, senza rivoluzionare nulla, anzi presentando una rigidità intrinseca e hitbox non sempre precise, riesce comunque a divertire senza mai stancare, grazie alla enorme varietà di possibilità offerte. E dopo tutto questa è la cosa più importante in un videogioco, no?
What a wonderful world
L’aspetto più riuscito e che più ci ha sorpreso di Asterigos: Curse of the Stars è da ricercarsi nell’ottimo lavoro di level design.
Le aree di gioco sono tutte veramente molto ampie e dense di sezioni secondarie e scorciatoie da sbloccare. Non parliamo di un’intera mappa interconnessa come nei migliori soulslike, ma il lavoro realizzato dagli sviluppatori è sicuramente encomiabile.
La natura “light” fuoriesce anche sotto questo aspetto, dato che il mondo si sblocca “a scaglioni” e guida un minimo il videogiocatore, che non si sentirà mai spaesato.
Purtroppo il rewarding system legato all’esplorazione presta il fianco a qualche critica perché la maggior parte delle deviazioni non ci porterà a sbloccare nuove armi o pezzi di equipaggiamento ma a semplici documenti di lore e materiali. Certo, quest’ultimi poi servono a potenziare le armi, il personaggio e tutto il resto, quindi la sostanza non cambia, ma in quanto a forma avremmo sinceramente preferito un sistema più premiante.
Per finire, il mondo di gioco, oltre che ad essere strutturato in maniera intelligente, è graziato da una direzione artistica pastello molto delicata che ricorda in un certo qual senso quella di Immortals Fenyx Rising di Ubisoft. Sicuramente è molto derivativa, senza nessun guizzo di originalità, ma riesce a regalare ad Asterigos: Curse of the Stars un aspetto indubbiamente piacevole.
Commento finale
Nelle nostre quasi 30 ore impiegate per completare la storia di Asterigos: Curse of the Stars siamo rimasti veramente soddisfatti e sorpresi dalle qualità della produzione di Acme Gamestudio.
E non abbiamo potuto approfondire più di tanto i contenuti end-game, tra cui una decina di nuove boss fight e il New Game +. Questo, alla luce delle sei armi disponibili, che cambiano l’approccio ai combattimenti grazie alle proprie peculiarità, ed alle possibilità di scelta legate ad alcuni snodi narrativi, potrebbe rappresentare un giusto completamento dell’esperienza di gioco e non un mero pretesto per innalzare il counter delle ore.