Avatar, una futuristica avventura old style
Partiamo dalla considerazione che ormai tutto è stato detto su questo film, tutto è stato scritto e diventa un’operazione sterile fornire ulteriori dati del suo successo. Quello che appare utile, invece, è sottolineare come di fatto Avatar si ponga come un episodio cruciale della storia del cinema in quanto capace di segnare un profondo solco al suo interno e riscriverla, spostando in avanti ed espandendo le frontiere del nostro immaginario. Oltre a ciò, Avatar ha in sé una forza evocativa e un potere fascinativo che ci riporta al cinema degli albori, quando una grande massa di spettatori era disposta a farsi trascinare dall’incanto della celluloide proprio perché non aveva presente del tutto l’esperienza che avrebbe vissuto in sala. Di questo è stato ben consapevole James Cameron, il regista “epico” per eccellenza, “classico” per vocazione, sperimentatore di nuove tecnologie e della contaminazione dei generi.
In tutti i suoi film (acclamati ormai come kolossal) ha sempre cercato di esplorare il delicato rapporto tra l’uomo e la tecnologia, mostrando il lato pericoloso di quest’ultima: dalla guerra uomo-macchina della saga di Terminator, al secondo Aliens, fino alla tragedia del “più grande oggetto in movimento mai costruito dall’uomo”, il Titanic. Quello di Avatar è il risultato di un’altra sua impresa titanica, che lo ha fatto vacillare e rimanere in attesa per anni prima di poter applicare le scoperte della computer grafica che lui aveva già in mente. Non solo: l’attenzione maniacale per ogni dettaglio del suo lavoro lo avvicina ormai a mostri sacri come Stanley Kubrick, Sergio Leone, Francis Ford Coppola, che non hanno mai avuto paura di mettersi in gioco e rischiare la loro stessa esistenza di autori durante la realizzazione di un film, arrivando anche a battere il trecentesimo ciak se solo un’inquadratura non fosse stata perfetta.
Lo stesso si può dire per la caratterizzazione dei personaggi, siano essi dalla parte dei “buoni” o dei “cattivi” (non è da trascurare l’interpretazione di Sigourney Weaver, l’ex eroina del genere sci fi che cerca qui di studiare la popolazione indiegena e i suoi costumi). Ed è vero altresì che il seguire questo discorso potrebbe portarci a una specie di paradosso, ma, in definitiva, sono proprio gli stereotipi narrativi uniti alla consapevolezza di tutto ciò che nel cinema si è già visto a fare di Avatar un film da non perdere e di James Cameron un autore con la a maiuscola, il quale ha tra l’altro dichiarato che non girerà più un film con la pellicola tradizionale. Per cui abbandoniamo pregiudizi e snobismi di una certa critica schierata e addentriamoci, come il protagonista, in un mondo rumoroso, affascinante e coinvolgente vivendo anche noi la futuristica avventura old style di Avatar.
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