Banishers: Ghosts of New Eden è il più ambizioso progetto di Don’t Nod. Gli sviluppatori francesi, questa volta esplorando la società puritana del New England del 17esimo secolo, periodo caratterizzato dalla paura delle streghe e dell’occulto, hanno voluto raccontarci una nuova e potente storia di amore e dolore che attinge a piene mani dal mito eterno di Orfeo ed Euridice: l’amore è più forte della morte.
In un’intervista rilasciata nei mesi precedenti al lancio del gioco da Stéphane Beauverger, Head of Narration di Don’t Nod, questi ha voluto sottolineare come allo studio francese piaccia “torturare” i videogiocatori obbligandoli a relazionarsi con personaggi dalla moralità sfaccettata. Diciamolo subito, se questo era il loro obiettivo, hanno fatto centro. Grazie ad un sapiente lavoro di scrittura, nonostante la prevedibilità di alcune situazioni, Banishers: Ghosts of New Eden ci ha travolto a livello emotivo. Volete saperne di più? Non vi resta che continuare la lettura!
Banishers: Ghosts of New Eden, edito da Focus Entertainment, sarà disponibile da domani 13 febbraio 2024 su PlayStation 5, Xbox Series X|S e PC. Vi ricordiamo che potete acquistarlo su Amazon al seguente link: CLICK!
Versione testata: PlayStation 5
Una storia d’amore, morte e sacrificio
New Eden, 1695. Antea Duarte e Red Mac Raith sono una coppia di epuratori innamorati. A seguito di una missione disastrosa, Antea viene ferita fatalmente, diventando uno spettro nelle terre selvagge infestate del Nord America. Proprio quelli spettri che tanto disprezza. Il nostro obiettivo, nei panni di entrambi i protagonisti, sarà quello di trovare un modo per liberare Antea dalla sua “nuova situazione”. Ma chi sono gli epuratori? Coloro che hanno il compito di recidere gli aggrovigliati vincoli che legano i vivi e i morti.
La narrativa di Banishers: Ghosts of New Eden, seppure in larga parte “scontata”, è di una potenza dirompente. Ci siamo sentiti più e più volte inermi di fronte a quanto accadeva davanti ai nostri occhi. Per non parlare della scrittura dei personaggi, ricchi di personalità e di sfumature. Dei dialoghi, mai ridondanti e stranianti (come accade spesso in titoli del genere, che di fatto a volte “scordano” le scelte da noi fatte anche solo 5 minuti prima). O del certosino e curatissimo lavoro di ricerca storico-culturale riposto in ogni dettaglio al fine di rendere il background narrativo dannatamente affascinante. Anche grazie all’attenta direzione artistica e all’ottimo comparto sonoro che riescono a trasmettere a pieno l’identità di quei luoghi e di quel mood soprannaturale.
“La vita ai vivi, la morte ai morti”, dunque. Questo il chiaro e semplice mantra che ci viene ribadito sin dalle prime battute di gioco. Ma sicuri sia così “semplice” quando poi si entra nella nostra sfera personale?
Tramite un sistema di scelte sempre chiaro, che addirittura appare troppo didascalico rispetto a ciò che nasconde, dovremo decidere il destino degli abitanti di New Eden. E di conseguenza della nostra amata Antea. Saremo noi a plasmare la storia e tutte le possibili relazioni. Riprendendo la tagline della recensione: fin dove vi spingereste per amore?
Seppure quanto descritto possa sembrarvi “banale” e già visto e rivisto, il modo in cui è stato realizzato ci ha continuamente spiazzato. Già alla prima “scelta”, quando il gioco ci butta in faccia la dura e cruda verità, ci siamo fermati a pensare e a “soffrire”. Come mai prima d’ora in un prodotto del genere.
Ovviamente una produzione che pone il focus narrativo su una struttura simile, plasmabile a piacimento dal videogiocatore, presenta una buona dose di rigiocabilità. Per vedere tutti e 5 i finali possibili dovremo, infatti, cercare di ponderare al meglio tutte le micro e macro scelte. Non abbiamo potuto testare tutto con mano perché il gioco già in prima battuta offre tantissimi contenuti (parliamo di una trentina di ore per una prima run “normale”) ma abbiamo il presentimento che ogni nostra scelta possa avere parecchie conseguenze tangibili.
Ghost of War
Seppure la commistione ludo-narrativa di cui sopra sia il core centrale, come da tradizione Don’t Nod, questa volta gli sviluppatori francesi hanno proposto una parte “action” molto più stimolante rispetto al passato. Già con Vampyr (QUI la nostra recensione) era stato fatto un primo tentativo in tal senso. Ma è con Banishers: Ghosts of New Eden che i passi in avanti sono finalmente tangibili.
Il sistema di combattimento si basa sull’utilizzo alternato dei due protagonisti. Red è un guerriero più convenzionale, con una spada per gli attacchi corpo a corpo, un fucile per gli attacchi a distanza e una fiaccola per una specie di “finisher”. Antea invece sfrutta le sue doti soprannaturali per scatenare attacchi eterei, che siano una sorta di scatto verso il nemico, o un’esplosione che colpisce ad area. Presenti anche alcune finezze più “tecniche”, come parry, perfect dodge e perfect switch.
Sulla carta il sistema di combattimento è funzionale e ben pensato. Tuttavia, risulta un po’ “grezzo” a causa di hitbox non sempre impeccabili, una telecamera poco dinamica e un comparto tecnico che soffre leggermente le situazioni più concitate. Anche selezionando la modalità Prestazioni a 60 fps. E in un paio di occasioni, a dirla tutta, si è addirittura chiuso il gioco. È pure vero che gli sviluppatori hanno promesso una patch al D1, quindi… vedremo.
Ben più grave, però, è la scarsa varietà dei nemici, soprattutto nella prima metà dell’avventura. Avremmo preferito sin da subito una composizione degli encounters più variegata, è inutile nasconderlo. Fortunatamente l’evoluzione molto flessibile dei nostri protagonisti (si possono redistribuire i punti abilità in ogni momento e gratuitamente) e le possibilità di miglioramento dell’attrezzatura consentono di mitigare, in un certo senso, la possibile ripetitività permettendoci di intervenire in prima persona sulla nostra build. A tal proposito, una nota di plauso all’intuizione degli sviluppatori di riempire il gioco di combattimenti opzionali che presentano modificatori. Tale scelta “indirizza” il combattimento verso strade sempre diverse che stimolano la sperimentazione. Queste sfide, inoltre, permettono di potenziare permanentemente le statistiche dei nostri personaggi.
Le abilità eteree di Antea oltre ad aumentare le possibilità offensive e difensive in combattimento, hanno un ruolo ben più importante in relazione all’esplorazione del mondo di gioco. Man mano che avanzeremo nel corso dell’avventura (e in base alle scelte fatte, attenzione) avremo la possibilità di sbloccare nuovi poteri per raggiungere nuove zone, segreti, attrezzature, collezionabili, etc.
Proprio il level design del mondo di gioco è la discriminante meramente ludica che ci ha colpito di più. New Eden è enorme ed e quasi totalmente interconnessa grazie ad un sapiente utilizzo di scorciatoie ed escamotage legati ai poteri eterei di Antea. La composizione delle mappe e l’avanzamento legato a tantissimi piccoli enigmi ambientali, uniti ad un reward system anomalo ma funzionale, in cui la ricerca di materiali è preponderante, ci ha catturato e ci ha fatto avventurare in zone totalmente opzionali per il semplice gusto di esplorare il mondo di gioco.
Banishers: Ghosts of New Eden, insomma, pur con tutti i suoi angoli da smussare, funzionerebbe anche come “semplice” action-RPG a là God of War post-reboot. E pensiamo che questo paragone valga più di mille parole.
Commento finale
Banishers: Ghosts of New Eden è il miglior gioco di Don’t Nod. Ci siamo trovati di fronte ad un titolo emotivamente devastante supportato questa volta da una parte “action” finalmente ben riuscita e appagante, soprattutto grazie all’ottimo lavoro di level design del mondo di gioco. Nonostante le criticità non manchino, come evidenziato nel testo della recensione, pensiamo che questo sia il primo titolo di Don’t Nod che riuscirà a mettere tutti d’accordo.