Black Ops 6 è forse il capitolo di Call of Duty circondato dal maggiore ed eterogeneo interesse degli ultimi anni. Il ritorno di Treyarch alle redini della saga (coadiuvata da Raven Software) è motivo di grande attrattiva per fan ed addetti ai lavori, per quella che viene considerata da molti la vera alternativa ad Infinity Ward. Soprattutto dopo il contraddittorio risultato segnato da Sledgehammer Games col frettoloso Modern Warfare III dello scorso anno, reo di aver deluso profondamente il pubblico. Il sesto episodio dedicato alle operazioni segrete è tuttavia anche e soprattutto un banco di prova fondamentale per le strategie Microsoft, dopo la controversa acquisizione di Activision Blizzard e la coraggiosa mossa di includere il nuovo Call of Duty nell’abbonamento Premium del Game Pass.
Tralasciando quest’ultimo aspetto che potrà essere analizzato nel futuro prossimo, quello che oggi abbiamo in mano è probabilmente il miglior Call of Duty degli ultimi anni capace di distinguersi con evidente personalità rispetto ai suoi predecessori. Un risultato tutt’altro che scontato dopo le recenti release, contraddistinte a volte da un eccesso di atteggiamenti conservativi ed altre da risultati lodevoli ma non graziati da un positivo riscontro dei fan. Un successo figlio di un periodo di sviluppo di più ampio respiro, in grado di far muovere il progetto lungo tre direttrici fondamentali: una nuova avvincente campagna, il rilancio dell’intrigante modalità Zombie e la conferma del multiplayer shooter più amato al mondo.
Call of Duty: Black Ops 6 è disponibile dal 25 Ottobre per PC (via Steam), PlayStation 4, PlayStation 5, Xbox One ed Xbox Series. Come citato, il titolo è altresi presente dal D1 nel catalogo proposto dall’Xbox Game Pass Premium.
Versione testata: Xbox Series
Il sale della vita è la varietà?
Vogliamo essere audaci. La campagna di Black Ops 6 è, con molta probabilità, non solo una delle migliori proposte dalla saga ultraventennale. Altresì può essere considerata quella più vicina ai fasti mai eguagliati della leggendaria esperienza single player proposta nel 2007 da Call of Duty 4: Modern Warfare.
Nel 1991, durante l’inizio dell’Operazione Desert Storm, gli agenti della CIA Troy Marshall e William “Case” Calderon, insieme alla responsabile Jane Harrow, vengono inviati al confine tra Iraq e Kuwait per prelevare il Ministro della Difesa iracheno Saeed Alawi. La situazione tuttavia sfugge di mano: nel corso dell’estrazione, interviene una misteriosa forza paramilitare chiamata “Pantheon” ed Alawi viene inaspettatamente giustiziato da Russell Adler, un agente corrotto fuggito dalla CIA dopo essere stato incastrato anni prima. Il vicedirettore dell’agenzia, Daniel Livingstone, ordina la reclusione di Adler, che si lascia alle spalle un enigmativo messaggio da recapitare al collega Frank Woods: “Bishop prende Rook”. Sospettando qualcosa di losco all’interno della stessa Langley, il team composto da Marshall, Case e Woods inizierà a muoversi nelle ombre per venire a capo della nuova minaccia.
La trama narrata affonda le proprie radici nei precedenti episodi della serie Black Ops, recuperando personaggi ed eventi all’interno della fitta timeline tratteggiata nel corso degli anni. Nonostante questo, le vicende non solo sono pienamente comprensibili anche per chi non ha un adeguato background, ma soprattutto si presentano ben scritte ed ottimamente ritmate. L’incedere degli eventi è infatti assolutamente perfetto, grazie ad una sceneggiatura che mescola periodi storici ben delinati ad oscuri intrighi cospirativi.
Il risultato ottenuto da Raven Software è dunque uno spy thriller solido ed avvincente, merito di un’attenzione alla caratterizzazione dei personaggi (forse mai così piacevoli nella storia della saga) nonché di una valanga di idee ben calibrate. Non solo gli intermezzi tra le missioni beneficiano di un hub esplorabile che ospita NPC coi quali interagire per approndire la sceneggiatura, ma è la varietà delle situazioni di gameplay che ci ha lasciato a bocca aperta. Nel corso delle circa dieci ore richieste per raggiungere i titoli di coda, Black Ops 6 si diletta offrendo missioni altamente eterogenee che, pur preservando il caratteristico gameplay della saga, lo esaltano grazie ad un level design brillante.
Si passa da una classica caccia all’uomo in un mercato cittadino all’infiltrarsi ad un congresso del partito democratico vestendo i panni di un reporter a caccia di uno scoop, da un approccio free roam con missioni aperte in una zona di guerra ad alcune delle sequenze più inquietanti mai viste in Call of Duty. Una varietà semplicemente esplosiva, graziata da una qualità di pari livello e da una libertà di approccio finalmente concreta. Bisogna essere sinceri: nei capitoli precedenti l’idea di servirsi di diverse linee di azione sfociava spesso in una autonomia solo apparente, che si scontrava spesso con limiti di level design. In Black Ops 6 finalmente quasi ogni missione include la possibilità di scegliere l’approccio preferito o di optare tra diverse ipotesi di approccio agli obiettivi. Innovazione assoluta? Certamente no. Ma finalmente funziona ed è una sensazione liberatoria dopo tanti anni.
Tutto bellissimo dunque? Si, ma con una piccola sbavatura. A livello grafico il titolo appare meno impattante rispetto a quanto avevamo vissuto, ad esempio, con i primi due episodi del remake di Modern Warfare. Chiariamoci, Black Ops 6 è bellissimo da vedere. Ma la sensazione è che Treyarch riesca ad ottimizzare meno il comparto visivo rispetto agli altri studi al lavoro su Call of Duty.
Return to Castle Terminus
Se la campagna è una sorpresa assoluta, la modalità Zombie non è da meno. Ci troviamo infatti di fronte allla sua migliore incarnazione, al pari della sua età dell’oro.
Narrativamente ambientata dopo gli eventi visti in Black Ops Cold War, fino a quattro giocatori si troveranno ad affrontare le classiche ondate di non morti, che aumentano in dimensioni e difficoltà ad ogni round completato. Torna (da Black Ops II) la struttura con una missione principale da risolvere ed una miriade di missioni secondarie a fare da contorno. Il giocatore potrà mettere le mani su diverse risorse che potranno sbloccare nuove aree, potenziamenti inediti e modifiche tattiche alle munizioni delle armi.
Il flow è esattamento quello caratteristico delle migliori iterazioni del passato. Con il progredire delle ondate, il giocatore potrà “costruire” e guidare il miglioramento del proprio alter ego, ricorrendo anche a speciali effetti ed abilità. Presente infatti anche un sistema di progressione interno legato a quanto è ottenibile grazie ai Perk-A-Cola, alle modifiche munizioni e ai potenziamenti da campo. Pur se non particolarmente complesso, il sistema funziona e permette di costruire build diverse regalando una buona dose di strategia ad ogni partita.
Complessivamente la modalità appare ricca e variegata come non mai, capace di regalare centinaia di ore di divertimento. Gran parte del merito viene dalle mappe di lancio. Sia Terminus sia Liberty Falls sono sinceramente stupende, ben caratterizzate e davvero evocative nonché stracolme di segreti da scovare. Treyarch si è superata nel rendere splendenti tutte le migliori caratteristiche della modalità che ha fatto nascere con World at War del lontano 2008. Se poi pensiamo che il supporto è garantito e che questo è solo l’inizio, beh, gli amanti degli zombie avranno molto di che gioire.
Confort (omni)zone
Ultimo, ma non come importanza, è il comparto più squisitamente multiplayer di Call of Duty: Black Ops 6. Qui assistiamo a due intenti diametrali che cercano una sintesi ideale. Da un lato la voglia di introdurre una novità sostanziale, dall’altro la necessità di mantenere inalterate le caratteristiche amate da milioni di fan.
Espressione della prima esigenza è l’introduzione del Movimento Assoluto. Apprezzabile soprattutto nel contesto multiplayer, si tratta di un nuovo sistema di movimento. Esso permette al giocatore di correre, tuffarsi e buttarsi in scivolata in ogni direzione. Un’idea che da vita ad un gameplay decisamente fluido e rapido, senza la necessità di ricorrere agli accessori tecnologici di alcuni capitoli futuristici della saga. Riuscirà ad imporsi come un elemento portante delle future iterazioni di Call of Duty? Difficile saperlo allo stato attuale, ma la prima sensazione è di rinnovato controllo sull’azione, pur mantenendo ogni elemento fondamentale del gameplay (compreso un TTK con un equilibrio leggermente diverso rispetto agli ultimi capitoli curati da Infinity Ward e Sledgehammer Games).
Ulteriore glorioso ritorno dal passato è il tradizionale sistema di prestigi. Se siete tra coloro che non lo hanno mai provato, si tratta di un sistema di progressione a livelli. Arrivati al livello massimo è possibile resettere la scalata ricevendo premi esclusivi al costo di dover riaffrontare lo sblocco di armi ed abilità. Ad ogni reset sarà possibile tuttavia sbloccare permanentemente solo un elemento, che vi tornerà utile nel proseguo della scalata al prossimo prestigio. Un ritorno che abbiamo salutato con gioia nel cuore e non solo perché siamo inguaribili nostalgici. Riteniamo che il sistema di prestigi, infatti, consenta al multiplayer di Black Ops 6 di garantire una valanga di ore di divertimento grazie ad un inesauribile stimolo a sbloccare ogni personalizzazione estetica.
Viceversa ci è dispiaciuto constatare che la necessità di restare ancorati alla tradizione ha condotto Black Ops 6 a lesinare sull’assortimento delle modalità presenti. Troviamo infatti la solita selezione di deathmatch e partite ad obiettivi, con le varianti legate alle modalità Veterano e Faccia a Faccia. Rappresenta una novità, allo stato attuale, solo Esecuzione che mette davanti i giocatori alla necessità di far fuori un obiettivo oppurtanamente potenziato. Allo stesso modo, le mappe di lancio del multiplayer ci sono apparse piuttosto contraddittorie. Accanto a soluzioni tradizionali e sempre affascinanti, altre mappe appaiono poco ispirate e forse fin troppo articolate. Il quadro complessivo delle sedici mappe presenti al lancio è comunque apprezzabile e crediamo che nei prossimi mesi la situazione migliorerà. Tuttavia ci aspettavamo forse qualcosa in più da Treyarch, da questo punto di vista.
L’esperienza online, alla stato attuale, è sicuramente pulita e senza particolari intoppi. Segnaliamo tuttavia un atavico problema di spawn in alcune mappe (dove a volte la mattanza è davvero evidente, complice il comportamento malizioso di alcuni giocatori). Bene il netcode che si dimostra discretamente solido, soprattutto considerando che si tratta delle prime settimane dopo il lancio.
Commento finale
Call of Duty: Black Ops 6 riesce in un colpo solo a cancellare l’amaro in bocca lasciato dagli ultimi capitoli della serie. Un risultato tutt’altro che banale, ottenuto grazie ad una campagna sorprendente (in senso positivo, per fortuna), ad una modalità Zombie di ampio respiro ed un pacchetto multiplayer di solida affidabilità. Forse proprio quest’ultima parte mostra qualche insofferenza, complice un’offerta di lancio non proprio esaltante sul versante delle modalità disponibili nonché delle mappe iniziali stranamente meno ispirate rispetto a quanto proposto storicamente da Treyarch. Per tutti i fan della serie nonchè soprattutto per coloro che l’hanno messa da parte negli anni o non l’hanno mai approcciata, state tranquilli. Le operazioni segrete di Activision hanno fatto centro.