The good old days. Questa è la prima frase che ci viene in mente quando osserviamo giochi come Chained Echoes, veri e propri tributi a capolavori del passato che hanno forgiato le prime ere del videogaming in maniera indelebile.
La purezza di tali progetti sta non solo nel voler rievocare quelle nostalgiche sensazioni quasi sopite, ma anche nel fatto che spesso sono dei singoli individui ad imbarcarsi in queste vere e proprie epopee, ovvero lo sviluppo solitario di un videogioco (Cultic ne è un chiaro esempio). Cosa c’è di più cyberpoetico di un singolo sviluppatore mosso da una passione dirompente in grado di tirare fuori dal cilindro una perla nostalgica per noi videogiocatori? Nulla, diremmo nulla. Matthias Linda vi presenta Chained Echoes, Jrpg old school che pesca a piene mani da tantissimi classici del genere (che citeremo volentieri, dovere divulgativo), e noi siamo grati di poterne parlare nella seguente recensione.
Once upon a time in Ivalice…no, Valandis
C’era una volta il continente di Valandis, popolato da una miriade di razze, oppresso da una guerra che oramai dura da ben 150 anni tra i regni che la abitano: Escania, Wyrnshire e Taryn.
Voi siete Glenn, un mercenario pirata del cielo dai capelli rosso fuoco (Adol sei tu?) dal passato misterioso, pagato dal regno di Taryn per infiltrarsi nelle linee nemiche e distruggere il cristallo Grimoire, apparente fonte di energia dei cannoni della contraerea nemica. Inutile anticiparvi che la missione non andrà come previsto, in quanto il cristallo si rivelerà un’arma di distruzione di massa che spazzerà via tutto ciò che c’è nel raggio di diversi chilometri. Inspiegabilmente voi e il vostro comandante e amico di una vita Kylian rimanete illesi, unici sopravvissuti di un disastro che peserà per sempre sulla coscienza del nostro protagonista…
Le vicende di Chained Echoes partono due anni dopo la tragedia del Grand Grimoire, ai trattati di pace di Farnsport, capitale di Escania, dove i tre regni decidono di porre fine alla guerra. Con un bell’espediente Matthias Linda introduce piano piano i vari personaggi che prenderanno parte all’avventura che seguirà ai trattati di pace. Ci sarà Lenne, principessa di Taryn, fuggita dal suo regno per scoprire in incognito come è davvero il mondo, Robb, il suo guardiano, Victor, un cantastorie della razza degli A’ar, umani in grado di vivere per secoli, Sienna, una ladra incallita, ed i già citati Glenn e Kylian.
Molti saranno i personaggi che recluterete nelle vostre fila, alcuni per necessità narrative, altri totalmente opzionali che scoprirete in alcune subquest, un dettaglio apprezzatissimo che ricorda molto la saga di Suikoden. Non tutti saranno graziati da una scrittura come quella per i personaggi principali, ma in un modo o nell’altro riuscirete ad affezionarvi anche a loro ve lo garantiamo, questo perchè le vicende che vivranno saranno piuttosto…turbolente.
Sì, il gioco non si fa nessuna remora nel riempirvi di cliffhanger, tradimenti, suicidi (forse un pò troppi) ed avvenimenti che non vi faranno mai tirare il fiato. Se la trama orizzontale funziona piuttosto egregiamente e tiene alto l’interesse del giocatore, che sarà sempre invogliato a scoprire un altro tassello del bigger plan, e che termina anche con un certo coraggio, le varie sottotrame verticali invece risulteranno forse un pò troppo forzate se non grottesche.
Si vede l’inesperienza di Matthias Linda nel saper comporre un tessuto narrativo che non esondi in scelte anticlimatiche o esagerate, un difetto questo che per fortuna non rovina particolarmente le vicende di Glenn e compagni, anche perchè sarà genuino l’affetto che svilupperete per questa combriccola (Ba’thraz è davvero un gran personaggio, fidatevi), ma purtroppo non lo avvicina ai capisaldi del genere.
Level up…anzi no
L’impianto ruolistico di Chained Echoes è estremamente derivativo, ma lo è talmente da tanti esponenti che riesce a trovare una sua quadra solida e a suo modo originale.
Le prime cose che saltano all’occhio sono la totale assenza di punti exp e il totale ripristino di HP e TP dopo ogni scontro, ergo i personaggi non salgono di livello, e questo bandisce dai reami di Valandis una qualsivoglia forma di grinding, oltre al meraviglioso fatto che ad ogni scontro potrete dare sfogo ad ogni abilità senza più preoccuparvi della gestione risorse durante l’esplorazione di dungeon e foreste.
Lo sviluppo dei nostri eroi è scandito dall’acquisizione di Grimoire Shard, che serviranno a sbloccare delle abilità a nostra scelta dallo skill tree (o a boostare determinate statistiche). La peculiarità di questi punti è che si guadagneranno esclusivamente tramite l’uccisione di boss, e, considerando che quelli opzionali non sono molti, significa che la crescita dipende quasi esclusivamente dall’avanzamento con la main quest.
Questi stratagemmi hanno permesso di equilibrare al millimetro la curva di difficoltà, che non si rivelerà mai ostica e ingiusta, ma mai troppo facile. Il livello di sfida quindi si rivelerà estremamente bilanciato, forse anche troppo, in quanto si sentirà un pochino l’assenza del fattore casualità, tanto da poter prevedere quando i boss più o meno stanno per essere abbattuti nonostante l’assenza della loro barra della vita.
Tantissime sono le abilità equipaggiabili (e migliorabili fino ad un massimo di tre livelli), attive e passive, che vi permetteranno di plasmare a vostro piacimento ogni membro del vostro gruppo, ma già verso metà gioco avrete ben chiaro quale sarà il vostro team principale e difficilmente lo cambierete, sintomo che più ci si avvicina nel late game e meno lo sblocco di nuove abilità sarà determinante.
Armi in pugno
Scendendo sul campo di battaglia troveremo molti aspetti di cui tener conto oltre alla classica griglia che scandisce i turni di ogni combattente, in modo da poter pianificare in anticipo ogni mossa.
In alto a sinistra troverete la barra Overdrive, divisa in tre sezioni: gialla, verde, rossa. Ad ogni turno il cursore sulla barra si muove verso destra, eseguendo invece determinati tipi di abilità è possibile muoverlo verso sinistra. Il trucco sarà quello di mantenerlo nella sezione verde, in cui i danni inferti ai nemici saranno più elevati e quelli subiti inferiori. La sezione gialla è quella neutra, con un rapporto 1:1 tra i danni inferti e ricevuti. La sezione rossa… beh, potete immaginare.
In basso a destra invece ci sarà la barra dell’Ultra Move, la classica super mossa che vi salverà le penne più di una volta.
Un’ altra feature è la possibilità di cambiare il vostro party titolare con i panchinari, come in un vero e proprio tag match. Ogni personaggio potrà essere sostituito col suo relativo panchinaro, aumentando il totale dei combattenti utilizzabili ad 8, ampliando a dismisura le possibilità strategiche.
Tutto questo balletto tra cambi tattici ed abilità atte a controllare l’Overdrive funziona a meraviglia, rendendo ogni scontro potenzialmente interessante, ma ammettiamo che una volta trovata la vostra strategia tipo, difficilmente la varierete se non per alcuni boss un pò più impegnativi.
Meno convincente invece è tutto il sistema che gira attorno allo sviluppo dell’equipaggiamento, non solo per un “materia system” dozzinale e mai incisivo (i cristalli impiantabili in armi e armature sono tanti e mai indispensabili), ma anche per il menù apposito che risulta macchinoso e con scelte di QoL piuttosto ambigue.
Una spruzzatina di Xenogears e Legend of Heroes
Vi avevamo accennato che Chained Echoes pescava dai migliori esponenti del genere jrpg no?
Ecco il turno dei capolavori di Squaresoft e Falcom, questo perchè in Chained Echoes sarà possibile utilizzare le Sky Armors, dei veri e propri mecha che sembrano usciti da un futuro prossimo che poco ha da spartire con il medioevo fantasy di Valandis (non preoccupatevi, è tutto mediamente ben contestualizzato).
Le Sky Armors sono inserite benissimo nel loop di gioco in quanto ci saranno molte sezioni in cui sarà necessario il loro utilizzo, sia nei combattimenti che nell’esplorazione. Quest’ultima in particolare diventa molto più dinamica e veloce, sarà possibile letteralmente volare tra le varie ambientazioni saltando ostacoli e mobs, dando una nuova dimensione al traversal.
I combattimenti invece sono una variazione di quelli classici, la barra dell’Overdrive funziona in maniera leggermente differente e non ci sarà modo di cambiare personaggio, ma una meccanica chiamata Gear (letteralmente, le marce della macchina), che modificheranno il rapporto dei danni inferti e quelli ricevuti.
Pur non graziati da un design ispirato, tutto il pacchetto delle Sky Armors funziona e spezza egregiamente il ritmo. Non è un aspetto particolarmente epico e memorabile come invece lo è nei capolavori citati in precedenza, questo è giusto sottolinearlo, Chained Echoes prova davvero a fare tante, troppe cose, ed è inevitabile che ogni tanto cada in soluzioni frettolose, che esse siano di tipo ludico o di tipo narrativo.
Un continente da esplorare pixel dopo pixel
Una peculiarità di Chained Echoes che crediamo debba essere implementata in ogni jrpg è la schacchiera dei rewards, che vi premierà con skill point e monete ad ogni obiettivo raggiunto (raccoglere una quantità prestabilita di materiali; sconfiggi il boss opzionale; recupera tutti i tesori in una determinata area ecc). Se andate a leggere attentamente gli obiettivi i più attenti di voi capiranno subito lo stratagemma di Matthias Linda: sono tutti classici obiettivi da fetch quest.
Questo ha permesso al lungimirante developer di eliminare totalmente un aspetto odioso dei jrpg, rendendo così l’esplorazione molto più gratificante ed intelligente, e potendosi concentrare di più sulle subquest che si ispirano chiaramente a quelle dei CD Projeckt: sono subquest contestualizzate narrativamente, interessanti, che vi premieranno con npc da poter reclutare per la propria base o veri e propri personaggi da arruolare nel vostro main party. Tra tutte le feature di Chained Echoes questa è decisamente la più brillante nell’economia del genere di appartenenza.
La pixel art che avvolge Valandis è di buonissima fattura, effettistica ed animazioni sono curate e sempre coerenti, un pò meno ispirata è la caratterizzazione di alcuni ambientazioni secondarie (mentre spiccano le due città principali, Tormund e Farnsport) e delle talking heads che compariranno durante i dialoghi, privi di animazioni che in qualche modo rafforzino il tono dei dialoghi (completamente in inglese).
E’ di mastodontica bellezza tutto il comparto sonoro, sia la soundtrack che il sound design (il batticinque ad ogni cambio di personaggio in battaglia vi galvanizzerà). Qui Matthias Linda ha ricevuto l’aiuto di un compositore esterno (Eddie Marianukroh) e si vede, le nostre orecchie stanno ancora applaudendo per ciò che hanno ascoltato durante le 40h di gioco necessarie per completare l’avventura.
Commento Finale
Siamo arrivati alla fine di questa gargantuesca recensione di Chained Echoes, e come potete intuire non possiamo che consigliarvelo caldamente a patto che non vi aspettiate un nuovo punto di riferimento del genere. La creatura di Matthias Linda presenta evidenti spigoli soprattutto dal punto di visto narrativo, ma tutto ciò non scalfisce particolarmente l’aura mistica da jrpg old school che è riuscito a ricreare, portando sul piatto anche alcune scelte ludiche intelligenti che snelliranno il vostro viaggio in Valandis. Se dovessimo considerare anche il numero di sviluppatori dietro ad ogni progetto è chiaro che Chained Echoes riceverebbe il massimo dei voti, ma dobbiamo essere imparziali, ed un pò ci dispiace non premiarlo con un voto di eccellenza assoluta, ma anche così ricorderete a lungo le vicende di Glenn e compagni.