Benvenuti a Keen Sight
Risalente a diversi anni fa, il progetto Daymare: 1998 di Invader Studios è stato inizialmente concepito come remake di Resident Evil 2. Non ci riferiamo al remake pubblicato lo scorso anno da Capcom. In realtà il progetto risale a prima che il colosso nipponico annunciasse il leggendario e nostalgico ritorno a Raccoon City. Una volta che l’editore ha confermato in pompa magna che stava lavorando in prima persona al rifacimento di RE2, Invader Studios ha deciso di dedicarsi a Daymare 1998 come un titolo a sé, che inevitabilmente presenta davvero tante similitudini con la saga horror/zombie di Resident Evil e in particolare con il secondo capitolo. Anche se il prodotto potrebbe non essere all’altezza degli standard di un progetto AAA più blasonato, il risultato finale, al netto di alcune importanti lacune, è un’esperienza decisamente retrò che potrebbe valere la pena di vivere in prima persona.
Versione testata: PlayStation 4 Pro
Una bizzarra pandemia
La città rurale di Keen Sight, Idaho, diventa il ground zero di una bizzarra pandemia. Una società sinistra – Hexacore Biogenetics – ha una massiccia presenza in città, e mentre avanziamo nei luoghi sorprendentemente vari del gioco, la loro influenza si fa sentire sempre di più, fra piani sinistri e cattive intenzioni. Il gioco ci mette nei panni di tre diversi personaggi: Liev e Raven, membri della squadra dell’elite H.A.D.E.S. e Samuel, un ranger della foresta locale. I tre si troveranno, chi per un motivo, chi per un altro a percorrere la città mentre è flagellata dal caos e da esseri abominevoli.
Daymare 1998, essendo un gioco action/horror in terza persona, si basa su un approccio quasi del tutto identico a quello che vi aspettereste da un titolo di Resident Evil, sebbene con un budget enormemente ridotto. La ridotta capacità finanziaria dello studio ha portato a notevoli sacrifici. Alcuni aspetti del gioco, salvo catturare l’attenzione del giocatore per lo spirito evocatorio del più blasonato Resident Evil 2, zoppicano e non poco. Le trame, seppur interessanti, sono a tratti confuse, le animazioni limitate e le cutscenes non sono delle migliori, ma il gameplay, per la maggior parte dell’esperienza è abbastanza divertente.
Gli ambienti hanno comunque un’ampiezza impressionante nonostante i passi falsi grafici, poiché vedrete molti luoghi “familiari” di Resident Evil: un ospedale, le strade di Keen Sight simili a quelle di Raccoon City e persino un laboratorio segreto ad alta tecnologia. Tutti questi posti sono pieni zeppi di oggetti da collezione e l’esplorazione finisce per essere la colonna portante dell’intera produzione. Armi potenziate, munizioni migliori e oggetti da collezione di fama mondiale adornano le misteriose e affascinanti ambientazioni di Keen Sight. Se volete ottenere il massimo da questi oggetti da collezione, dovrete essere disposti a leggere; molti di questi, in particolar modo i documenti che raccoglierete, si estendono su più pagine di testo e talvolta sono così lunghi e tediosi da interrompere completamente il ritmo di gioco.
Tra esplorazione e cultura pop!
Gli oggetti più gratificanti che potrete trovare sono le armi, anche se il numero totale di bocche da fuoco è ridotto all’osso: una pistola, una pistola più potente e un fucile. E questo è tutto. La gestione delle munizioni è tuttavia una delle caratteristiche più singolari del gioco. Dovrete destreggiarvi nell’intuitivo menu a disposizione (un braccialetto tecnologicamente avanzato posizionato sul braccio di Liev, Raven e Sam) e caricarle a mano, usando un sistema “combina” che, ancora una volta, i fan di Resident Evil riconosceranno.
Il problema di questa “feature” è che quando andrete a ricaricare le armi, accedendo al relativo dispositivo ipertecnologico, il gioco non si fermerà; tutto intorno a noi continuerà a muoversi, e i nemici saranno ben lieti di prenderci alla sprovvista. In alcuni momenti, siamo riusciti a salvarci in extremis, in altri purtroppo, il nemico famelico di turno ci ha attaccato. Il sistema, seppur funzionante, rende il tutto più adrenalinico ma onestamente avremmo preferito che il gioco andasse in pausa in modo tale da poter ragionare con tutta calma. Parlando brevemente della sceneggiatura, è piena di così tante linee di dialogo bizzarre e melodrammatiche che sembra quasi che il gioco sia stato realizzato negli anni ’90.
I confronti con Resident Evil vanno oltre il gameplay e la narrativa. Ci sono molti omaggi e strizzatine d’occhio alla serie e non solo: dal trovare oggetti come macchine da scrivere ai manifesti di film di culto parodiati (Demolition Man, Independence Day e non solo) e altro ancora come riferimenti espliciti a Ritorno Al Futuro, con tanto di DeLorean sparse per la città o a Men in Black. In effetti, questo gioco è assolutamente carico di riferimenti alla cultura pop e agli anni ‘90. Questi cenni sono così frequenti e così divertenti da non stancare mai, soprattutto se siete nati e cresciuti in quel periodo.
Volete un abbraccio?
Quindi, tra esplorazione e integrazione della cultura pop, abbiamo trascorso quasi dieci ore in compagnia di Daymare 1998. Purtroppo, non tutte ad altissimo livello, anzi. I nemici standard sono piuttosto facili da abbattere, sebbene non manchi una componente “jump scared” ad ogni angolo o quasi. Infatti, in alcuni frangenti, pensando di avere strada libera, abbiamo iniziato a correre per finire inevitabilmente nella morsa di un nemico silenzioso pronto ad “abbracciarci” una volta svoltato l’angolo. Le boss fight, sono piene di bug: nemici che si bloccano improvvisamente (vedasi screenshot di lato) o che richiedono colpi su colpi per essere uccisi.
Più avanti nel gioco, quasi alla fine dello stesso, vi imbatterete in alcuni nemici ricorrenti (fra l’altro con un numero ridotto di munizioni), e questi incontri sono, per dirla in modo leggero, aggressivi. Abbiamo avuto particolari problemi durante una sequenza nella quale, complice la scarsa salute di uno dei personaggi e la mancanza di qualsiasi tipologia di munizione, continuavamo a morire. Soltanto con un po’ di fortuna siamo riusciti a superarla e ad andare avanti. Ed è dopo questa fase che ci siamo divertiti maggiormente (circa quaranta/cinquanta minuti), ma preferiamo non rovinarvi la sorpresa.
Un sistema di mira … pessimo
Esaminando il titolo con la lente di ingrandimento e in particolar modo dal punto di vista prestazionale, è abbastanza impressionante che non ci siamo imbattuti in problemi davvero rilevanti nel corso dell’esperienza. Un titolo a budget più basso con aspirazioni AAA avrà quasi sempre qualche strappo, ma per quanto riguarda le prestazioni, Daymare è in realtà abbastanza solido; nessun crash e nessun intoppo framerate, che onestamente ci ha sbalorditivo. Dato che la quantità di contenuti non è ridotta rispetto a un titolo AAA destinato agli stessi obiettivi, è davvero ammirevole il lavoro svolto da Invader Studios. Graficamente, seppur si avvalga dell’Unreal Engine 4, i modelli poligonali dei personaggi non convincono pienamente. A tratti risultano essere sciatti e poco curati. Il motore è stato sfruttato meglio per quanto riguarda il sistema di illuminazione, davvero convincente e nel rendere dettagliati i vari e diversificati ambienti di gioco.
Ad averci dato grossissimi problemi è stato il sistema di mira, a dir poco rivedibile. L’arma che abbiamo prediletto è stato lo shotgun, ebbene ad una distanza ravvicinata dal nemico e con il puntatore saldamente ancorato sulla sua testa, inspiegabilmente abbiamo mancato diversi colpi e stiamo parlando di uno sparo facilissimo. Per compensare l’evidente limite tecnico, il gioco fornisce un sacco di munizioni (salvo una breve sezione di cui vi abbiamo parlato in precedenza), ma c’è comunque da dire, che se un nemico più ostico non viene minimamente intaccato da un colpo di fucile, bè, può creare rapidamente il panico, costringendoci a darcela a gambe levate.
Un inventario che convince
L’interfaccia utente è fenomenale, con la gestione dell’inventario, oggetti da collezione e mappa integrati nel gioco tramite un comunicatore da polso che non mette (come anticipato) in pausa l’azione. Questo aiuta sicuramente a mantenere alta la tensione, obbligando il giocatore a trovare il momento migliore per fermarsi quando magari ha esaurito le munizioni ed è per forza di cose costretto a ricaricare le armi. Il consiglio, è quello di portare sempre qualche caricatore pieno, soltanto così sarà possibile ricaricare rapidamente l’arma (e ricordate di raccogliere il caricatore in terra). La colonna sonora è eccellente, migliorando notevolmente l’atmosfera di un titolo già inquietante. Le tracce ambientali e le melodie più cupe spiccano un po’ di più rispetto alla musica d’azione, ma tutto sommato, la colonna sonora è sopra la media.
Commento finale
Daymare: 1998 è un titolo low budget ambizioso che però non riesce ad eccellere in nulla. I ragazzi di Invader Studios hanno però grandi potenzialità dimostrando di poter entrare a far parte “dell’Olimpo dei grandi” dei cosiddetti tripla a. Siamo sicuri che con un po’ di esperienza in più e un budget più alto, il futuro per la serie o per i titoli a venire dello sviluppatore, sarà roseo.