Il franchise di Karate Kid negli ultimi anni sta vivendo una seconda giovinezza grazie allo show televisivo spin-off di Netflix, Cobra Kai, ormai giunto alla quinta stagione.
Per cercare di cavalcare l’onda di questo successo, GameMill Entertainment ad inizio 2021 pubblicò Cobra Kai: The Karate Kid Saga Continues, sviluppato da Flux Games. Tale spin-off si presentava con la formula del picchiaduro a scorrimento orizzontale e riusciva a centrare il suo obiettivo: regalare ai fan del brand e della serie televisiva un prodotto ricco di rimandi alle opere di riferimento e che riuscisse, pur nella sua semplicità ludica, ad intrattenere e divertire.
Con Cobra Kai 2: Dojos Rising, gli sviluppatori hanno cercato di osare maggiormente, declinando il prodotto nella veste più moderna del genere dei beat’em’up, quella in 3D (come in quel piccolo gioiello di Sifu, per capirci).
Saranno riusciti a replicare i buoni risultati ottenuti con il primo? No, inutile girarci intorno. Sulla carta le premesse erano decisamente allettanti, purtroppo però qualcosa è andato dannatamente storto. Andiamo più a fondo per cercare di capire il perché di questa affermazione.
Cobra Kai 2: Dojos Rising è disponibile dallo scorso 8 novembre su PlayStation 4, PlayStation 5, Xbox One, Xbox Series X|S, Nintendo Switch e PC, anche in versione fisica grazie a Microids.
Versione testata: PS5
Che gioco è?
Cobra Kai 2: Dojos Rising è un picchiaduro a scorrimento in 3D che cerca nel fanservice la sua ragione d’esistere.
La storia del gioco prende spunto dalla quarta stagione dello show televisivo Netflix tuttavia se ne discosta cercando di proporre qualcosa di originale, riuscendoci anche.
I tre dojo Cobra Kai, Eagle Fang e Miyagi-Do devono competere affinché uno dei loro studenti diventi il campione di karate di All Valley. All’inizio della partita dovremo scegliere quale dojo rappresentare e cercare di raggiungere il suddetto obiettivo.
Il core ludico del prodotto di Flux Games è rappresentato, ovviamente, dalle scazzottate da affrontare nei vari livelli di gioco, intervallate da varie sezioni collaterali che riescono a mitigare la ripetitività di fondo, intrinseca al genere.
Nel corso dell’avventura dovremo reclutare vari volti noti ai fan del brand e far crescere il nostro dojo e le caratteristiche dei nostri combattenti in modo da avere maggiori possibilità di riuscire nell’impresa. Avremo dunque a che fare con una vera e propria fase gestionale in cui occuparci di vari aspetti di contorno propedeutici al potenziamento e alla progressione.
In ogni momento potremo decidere di affrontare il torneo di All Valley. Qui i combattimenti si svolgeranno secondo le regole ufficiali della competizione. Ovviamente più combattenti e membri dello staff avremo reclutato e potenziato, maggiori saranno le nostre possibilità di vittoria.
Oltre alla modalità storia, affrontabile con tutti e tre i dojo (anche se con pochissime differenze), sono presenti una modalità in cui rivivere due momenti clou della seconda e terza serie dello show Netflix, una modalità sopravvivenza e una modalità torneo, anche online (tuttavia non siamo mai riusciti a sfidare nessuno perché non abbiamo mai trovato avversari).
Perché giocarlo?
Il gioco, in teoria (e sottolineiamo, in teoria), dovrebbe riuscire ad offrire un’esperienza divertente e variegata.
I nemici da affrontare sono ben differenziati e anche gli stage presentano varie situazioni di gioco che riescono a garantire un’ottima varietà all’intero pacchetto ludico. Alcuni membri si reclutano con sezioni di gioco veramente originali, ad esempio.
L’offerta contenutistica, inoltre, è molto allettante e anche il comparto sonoro è promosso, con musichette davvero riuscite.
Sulla carta, dicevamo, perché poi qualcosa è andato storto in maniera irreversibile e irrecuperabile…
Perché no?
Ma a cosa ci riferiamo, esattamente? Alla realizzazione tecnica di Cobra Kai 2: Dojos Rising, che è semplicemente disastrosa.
Ci siamo ritrovati, senza alcun dubbio, di fronte al gioco più “rotto” che abbiamo mai avuto modo di provare nella nostra intera carriera videoludica.
L’intera esperienza è risultata pesantemente pregiudicata. La realizzazione pessima infatti è andata a “graziare” ogni singola parte dell’intero pacchetto ludico.
I combattimenti non riescono mai ad essere fluidi. Non si ha mai il controllo dell’azione e in alcuni casi ci siamo trovati a fare i conti con un frame rate talmente imbarazzante che sembrava di star sfogliando un Power Point. L’input lag è onnipresente e riduce l’intera esperienza a un botton smashing insensato, sempre se avrete il coraggio di continuare a giocarci, sia chiaro.
Anche la parte gestionale viene pregiudicata dalla realizzazione tecnica, con menù che decidono di non funzionare fino a che non riavvieremo il gioco. E dobbiamo parlare dei caricamenti? Non abbiamo mai sentito “soffrire” così tanto la nostra PlayStation 5.
Potremmo continuare ancora all’infinito, ma sarebbe come sparare sulla croce rossa. Possiamo sintetizzare dicendovi che non siamo riusciti a goderci più di 5 minuti di fila di Cobra Kai 2: Dojos Rising senza bug/glitch/rallentamenti/compenetrazioni/qualsiasi cosa vi venga in mente. È stata un’esperienza sconcertante e traumatica, inaspettata.
Alla luce di quanto appena detto è anche superfluo segnalare le piccole defezioni (queste accettabilissime) legate alla natura del progetto, come ad esempio le animazioni non sempre fluidamente connesse.
Commento finale
Cobra Kai 2: Dojos Rising è un titolo che dobbiamo sconsigliare a tutti. E lo diciamo con un forte rammarico perché le premesse erano ottime e sarebbe potuto essere un titolo molto migliore del primo capitolo visto che tecnicamente potrebbe vantare una varietà ludica invidiabile, grazie alle tante tipologie di nemici e alle diverse situazioni collaterali, molte delle quali veramente originali. Ma in questo stato non è presentabile, e non possiamo far finta di niente. Cobra Kai 2: Dojos Rising non è un gioco brutto, è molto peggio, è un gioco “rotto”.