Recensione in pillole Curse of the Sea Rats

Curse of the Sea Rats segna un passo importante per il team di sviluppo Petoons Studio. La promettente software house catalana fondata nel 2016 ha fatto parte del progetto PlayStation Talents, volto a valorizzare sviluppatori emergenti del panorama mondiale. Negli anni, il loro obiettivo di realizzare titoli che permettessero di costruire un ponte tra adulti e bambini li ha condotti a realizzare diversi titoli su licenza come La Mia Amica Peppa Pig e PJ Masks. Tuttavia, l’ambizione del team li ha spinti ad alzare il tiro cambiando genere, pur continuando a strizzare l’occhio ad esperienza ludiche di ampio respiro.

Da questo sforzo, che potrebbe potenzialmente segnare il futuro del giovane team indipendente, nasce Curse of the Sea Rats. Edito da PQube, il titolo si presenta come un’epica avventura metroidvania animata a mano, affrontabile in solitaria o coop fino a quattro persone. Un passo decisamente coraggioso per Petoons Studio: scopriamo insieme se l’obiettivo è stato centrato.

Curse of the Sea Rats sarà disponibile dal prossimo 6 Aprile per PlayStation 4, PlayStation 5, Xbox One, Xbox Series, Nintendo Switch e PC (via Steam).

Pronti ad un’avventura a base di pirati e piattaforme?

Versione testata: PlayStation 5


Che gioco è?

Curse of the Sea Rats si presenta, nelle dichiarazioni degli stessi sviluppatori, come un avvincente “ratoidvania”. Un gioco di parole che rievoca la premessa narrativa alla base del titolo.

Diciottesimo secolo. Una nave militare dell’impero britannico sta trasportando in patria un gruppo di pericolosi malviventi e pirati. Sfortunatamente, la temibile strega Flora Burn riesce a lanciare un sortilegio che trasforma tutti coloro a bordo della nave in ratti umanoidi. Sfruttando la confusione ed un attracco di fortuna sulle coste irlandesi, la fattucchiera riesce a scappare, prendendo in ostaggio il figlio dell’ammiraglio trovando il supporto di uno stuolo di spietati pirati. Disperato e con le spalle al muro, il militare decide di liberare quattro loschi individui destinati alla giustizia, proponendo loro un accordo: spezzare la maledizione di Flora Burn e recuperare sano e salvo il bambino, in cambio della libertà.

Bussa è il tipico personaggio che fa cantare direttamente i suoi pugni.

Una premessa narrativa piuttosto semplice lancia dunque il giocatore nei panni di uno dei quattro personaggi giocabili David Douglas, Buffalo Calf, Bussa e Akane Yamakawa alle prese con un’avventura dai toni pirateschi, adatta a grandi e giovani. La direzione artistica pesca a piene mani da un immaginario visivo caro all’animazione di fine anni ’80. Impossibile, in questo senso, non scorgere echi e suggestioni di pellicole come Basil l’investigatopo o Fievel sbarca in America. Una scelta che da vita ad un interessante connubio tra personaggi bidimensionali all’interno di ambienti tridimensionali, per un colpo d’occhio incantevole (nonostante la grande semplicità tecnica degli sfondi). Il ricco cast di eroi, cattivi e comprimari, si avvicenda regalando siparietti divertenti e citazionisti, anche di natura transmediale. Molto interessante è anche l’accompagnamento musicale, che alterna musiche d’atmosfera delicate a motivi tratti dall’immaginario della tradizione piratesca.

Troverete tanti NPC da poter aiutare, come questa simpatica nonnina.

Perché giocarlo?

La produzione Petoons Studio si presenta, da un punto di vista strettamente ludico, come un classico e robusto metroidvania.

Il player si troverà dunque ad esplorare una vasta mappa interconnessa, ricca di biomi differenti, aree da esplorare e passaggi da sbloccare grazie ad abilità apprese nel progresso dell’avventura. Numerose saranno inoltre le missioni secondarie, che comporteranno il recupero di oggetti nascosti negli angoli più remoti del mondo di gioco. Completare ogni incarico vi porterà via un buon numero di ore (una decina), che saliranno ulteriormente laddove vi porrete l’obiettivo di sbloccare tutti i finali disponibili.

I boss sono tra i momenti più gratificanti del gioco.

Se strutturalmente il titolo è dunque perfettamente aderente alle aspettative legate al genere, Curse of the Sea Rats decide di proporre altresì qualcosa di diverso.

Ciascuno dei personaggi sarà infatti liberamente controllabile, grazie alla possibilità concessa al player di non restare vincolati ad un’unica scelta per l’intera avventura. Se David rappresenta il tipico personaggio adatto ad ogni circostanza, Buffalo Calf è pensata per attacchi dalla distanza. Viceversa, Bussa sarà il tipico tank capace di incassare e distribuire un gran numero di danni nel corpo a corpo. Da ultima, Akane è un personaggio più agile e scattante, capace di usare la sua yari con maestria, tuttavia esponendosi a maggiori rischi a causa di una salute mediamente più bassa. Ogni personaggio potrà inoltre contare su un distinto skill tree ed abilità elementali, per permettere a ciascun player di individuare il personaggio preferito o, perché no, scambiarlo a seconda della necessità.

Altra interessante caratteristica della produzione è la possibilità di affrontare l’avventura in modalità cooperativa. Fino a quattro giocatori potranno dunque collaborare per proseguire nella caccia a Flora Burn, affrontando nel frattempo gli innumerevoli scagnozzi della strega in boss fight avvincenti e variegate.

David Douglas potrà contare sull’elemento fuoco per infliggere Ustione nei nemici.

Perché no?

Il problema fondamentale di Curse of the Sea Rats è tuttavia piuttosto semplice: si tratta di un progetto che non offre nulla di realmente nuovo o particolarmente fresco.

Chiariamoci. Il genere dei metroidvania è indubbiamente uno dei più usati (ed abusati) del panorama indipendente. Basta sfogliare anche solo le nostre pagine per trovare, negli ultimi mesi, un vero fiume di produzioni: dall’atipico Gal Guardians: Demon Purge (sempre edito da PQube) passando per il nostrano The Darkest Tales, senza scordare autentiche sorprese come The Knight Witch e Ghost Song. Ciascuno di essi accumunati da un tratto comune: la volontà di trovare un elemento distintivo per spiccare nei confronti di una concorrenza agguerrita e numericamente inesauribile. Dall’ispirazione narrativa, passando per cambi di prospettiva ludica, ogni team di sviluppo ha cercato di infondere un elemento di novità e personalità.

Anche in Curse of the Sea Rats troviamo uno sforzo simile: tuttavia, complice la poca esperienza del team di sviluppo, non sembra essere abbastanza.

La coop è un’aggiunta simpatica, ma non rivoluziona l’esperienza complessiva.

Abbiamo dunque un gameplay estremamente funzionale, preciso e reattivo che rende l’esperienza ludica piacevole e scorrevole, ma che si rifugia in una tradizione eccessiva senza mettere sul piatto meccaniche peculiari. La sensazione, giocando Curse of the Sea Rats, è quella di un titolo divertente ma tristemente troppo simile a tante altre produzioni. La possibilità di cambiare in corso di partita il proprio personaggio giocabile tra i quattro previsti, non fornisce altresì un vero e proprio mordente. Nonostante abilità e playstyle diversificati, qualsiasi vostra scelta finisce per essere altrettanto funzionale rispetto alle altre, riducendosi ad una preferenza perlopiù estetica.

Ovviamente, si tratta di una scelta che si collega alla possibilità di affrontare il gioco anche in modalità cooperativa fino a quattro giocatori. Un ulteriore elemento di distinzione per la produzione, almeno sulla carta. Sebbene infatti sia divertente affrontare l’avventura in compagnia, evocando feeling simili a quelli dei classici beat’em’up a scorrimento, l’esperienza ludica finisce per essere fin troppo caotica e forse mal calibrata in rapporto alle sezioni esplorative. La cooperativa finisce dunque per essere un’aggiunta piacevole, che tuttavia non convince pienamente.

Sfruttando alcune scelte di game design diventa piuttosto semplice sbloccare abilità.

Abbastanza peculiare altresì una scelta effettuata in sede di game design con riferimento allo sviluppo dei personaggi. Similmente ai soulslike, la morte punirà il giocatore con la perdita delle anime dei nemici sconfitti, necessarie per acquistare le abilità dagli skill trees. Nei classici From Software dovrete necessariamente recuperare quanto perduto tornando nel luogo del decesso. Se non sarete sufficientemente attenti lungo il percorso ed incontrerete nuovamente la morte prima di aver recuperato il bottino, la perdita sarà definitiva.

Curse of the Sea Rats fa una scelta parzialmente diversa. La morte comporterà la perdita di solo metà di quanto accumulato. Tuttavia, se riuscirete a recuperare le anime dal punto del decesso, potrete recuperare nuovamente tutto quanto inizialmente perso. Ne emerge dunque una potenziale situazione in cui, da un ipotetico quantitativo iniziale di 1.000 anime, potreste ritrovarvene in tasca 1.500. Una scelta piuttosto singolare che apre le porte anche ad exploit per il farming. Si tratta di un tentativo di “riequilibrare” la difficoltà concedendo al player un piccolo aiuto in caso di difficoltà, in modo da potenziarsi velocemente. Una soluzione che non ci ha pienamente convinto.

Commento finale

The Curse of the Sea Rats segna un importante passo di maturazione per il team di sviluppo catalano. Attingendo dal mondo dei metroidvania, il titolo propone un’avventura solida e divertente con un buon numero di contenuti, graziata da un character design che omaggia il mondo dell’animazione di fine anni ’80. Nonostante le ottime qualità, la produzione scivola in un eccessivo tradizionalismo senza riuscire a fornire quel qualcosa in più che fa la differenza tra un risultato buono ed uno ottimo. Anche scelte intriganti come i personaggi multipli e la possibilità di affrontare l’avventura in cooperativa non risultano pienamente sfruttate. Tuttavia, il titolo resta una valida alternativa all’interno del genere di riferimento, che auspichiamo sia solo l’inizio di un nuovo percorso per Petoons Studio.

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7.3

Curse of the Sea Rats


The Curse of the Sea Rats segna un importante passo di maturazione per il team di sviluppo catalano. Attingendo dal mondo dei metroidvania, il titolo propone un'avventura solida e divertente con un buon numero di contenuti, graziata da un character design che omaggia il mondo dell'animazione di fine anni '80. Nonostante le ottime qualità, la produzione scivola in un eccessivo tradizionalismo senza riuscire a fornire quel qualcosa in più che fa la differenza tra un risultato buono ed uno ottimo. Anche scelte intriganti come i personaggi multipli e la possibilità di affrontare l'avventura in cooperativa non risultano pienamente sfruttate. Tuttavia, il titolo resta una valida alternativa all'interno del genere di riferimento, che auspichiamo sia solo l'inizio di un nuovo percorso per Petoons Studio.

PRO

Solido e divertente | Buon numero di contenuti | La direzione artistica omaggia il filone produttivo animato di fine anni '80 |

CONTRO

La coop non risulta granché coesa con le fasi esplorative | I personaggi sono diversificati, ma all'atto pratico equivalenti | Difficoltà molto permissiva |
Danilo Di Gennaro
Danilo Di Gennaro
Viaggiatore nel tempo, utilizzatore della Forza, ex SOLDIER di 1° classe. Accanto ad una passione incrollabile verso il media videoludico da oltre 30 anni, nel tempo mi appassiono quadrimensionalmente a tutto ciò che proviene dal Giappone, nonché a cinema, serie tv, supereroi e molto altro. Allons-y.

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