The Last Case of Benedict Fox ci ricorda quanto il mercato videoludico negli ultimi 10 anni abbia visto un ritorno di fiamma del genere Metroidvania. Un particolare connubbio che trova le proprio radici nella serie Metroid e le meccaniche consolidate con il pluri-osannato Castlevania: Symphony of the Night.
I motivi che hanno portato a questo revival sono certamente da accreditare alle incredibili produzioni regalateci dalle menti del panorama Indie. Blasphemous, Hollow Knight, Bloodstained: Ritual of the Night, sono solo alcuni dei nomi dei Metroidvania apprezzati da critica e pubblico che sono riusciti a distinguersi per la loro incredibile qualità, in un panorama ormai straripante di titoli.
The Last Case of Benedict Fox, ultima opera dei polacchi Plot Twist ed edito da Rogue Games Inc, cerca di ritagliarsi un posto all’interno del vastissimo – e forse sovrappopolato – mercato dei Metroidvania indipendenti. Ma basterà una forte direzione artistica, e una formula che ibrida esplorazioni e rompicapi, a far distinguere The Last Case of Benedict Fox dalla massa?
The Last Case of Benedict Fox è disponibile dal 27 aprile 2023 su PC tramite Steam ed Epic Games Store, Xbox Series X|S, anche tramite Gamepass.
Versione testata: PC (tramite Steam)
Che gioco è
The Last Case of Benedict Fox è un Metroidvania isometrico in 2.5D ispirato dal sottogenere della weird fiction di Howard Phillips Lovecraft, e ambientato nel 1925 in una Boston afflitta dagli orrori perpetrati dal Primo Girone, una setta segreta devota all’occulto e al male.
Per contrastare questa setta è stata creata l’Orda Ira Dei, un gruppo d’agenti il cui obbiettivo è quello di fermare le ricerche non autorizzate, gli esperimenti e l’esplorazione dei Limbi. Dopo una soffiata, Benedict Fox s’infiltra negli uffici dell’Orda Ira Dei per scoprire dove risiede il padre creduto scomparso, ponendo così il nome dell’auto-proclamatosi detective nella lista nera dall’organizzazione.
All’arrivo nella casa del padre, Benedict si vedrà costretto a risolvere un omicidio e indagare sulla scomparsa di un fratello di cui non conosceva l’esistenza. Svelare di più sulla trama del titolo finirebbe per sminuire uno dei punti più interessanti della produzione.
The Last Case of Benedict Fox mescola in maniera interessante la tipica struttura di backtracking, sviluppo, e combattimenti che hanno reso famoso il genere Metroidvania, ma a quest’ultimo aggiunge delle nuove meccaniche di tipo puzzle, grazie a intricati enigmi logici che metteranno alla prova le nostre capacità d’intuizione.
Perché giocarlo?
Se si è amanti dell’immaginario lovecraftiano, l’atmosfera e l’aspetto estetico che Plot Twist ha voluto dare a The Last Case of Benedict Fox riusciranno a regalarvi momenti ricchi di meraviglia.
L’attenzione e la cura relegata all’aspetto puramente visivo del titolo sono innegabili e si sposano in maniera elegante con le atmosfere quasi Noir e Horror che vengono presentate. Fin dalle prime battute verremo catapultati in un mondo fatto d’occulto e mistero, dove il corpo e la mente divengono interi universi da esplorare, con il nome di Limbi.
Le indagini di Benedict si svolgono in una minima parte nel mondo reale all’interno della casa del padre del protagonista, che funge da HUB per il nostro eroe e che nel corso dell’avventura verrà popolato da alcuni personaggi che offriranno miglioramenti, oggetti e quest secondarie da completare.
Il resto dell’investigazione si svolge invece all’interno del subconscio delle vittime, in un luogo denominato “Limbo”, dove memorie, paure e speranze si mescolano tra paesaggi in parallasse di biblioteche, paludi e segreti che nessuno dovrebbe conoscere.
Ad accompagnare Benedict nell’esplorazione di questi luoghi in frantumi e tormentati dai mostri, ci sarà il “Compagno“, un’entità oscura che inabita il detective fin dalla nascita, e che ha sviluppato con questi un’esistenza quasi simbiotica.
Per sopravvivere ad ogni discesa nel Limbo il nostro eroe dispone di un fidato pugnale e una pistola, i cui proiettili si ricaricano colpendo con la lama i nemici. Il Compagno ci supporterà negli scontri e nelle discese deflettendo gli attacchi -previa una parata eseguita con tempismo-, permettendoci d’aggrapparci alle superfici e di effettuare salti multipli in aria o fornendoci un cospicuo numero d’attacchi oscuri per avere la meglio sui nemici.
L’esplorazione all’interno del Limbo segue gli archetipi tipici del genere. Troveremo diverse porte chiuse ed enigmi non risolvibili senza prima aver ottenuto gli strumenti necessari. Il backtracking delle aree viene mitigato dalla presenza delle Ancore: varchi interconnessi tra le varie zone che ci teletrasporteranno tra di esse. Le Ancore serviranno anche per rigenerare la salute e i consumabili a disposizione del detective.
Durante le esplorazioni bisogna anche tenere a mente che ad ogni morte Benedict perderà del prezioso Inchiostro, che dovrà essere recuperato sconfiggendo il nemico che ci ha uccisi. Sarà quindi essenziale recarsi presso un’Ancora per salvare l’Inchiostro ottenuto prima di procedere nelle discese dei tetri subconsci.
A facilitare, o rendere più impegnativa l’intera esperienza, ci pensa un sistema di difficoltà selezionabile che modifica sia gli scontri che le fasi d’esplorazione. Si potranno affrontare agguerriti nemici, oppure sconfiggere qualsiasi avversario con pochi fendenti godendo solamente della trama, così come eliminare gli enigmi o semplificare la lettura della mappa.
Come accennato, The Last Case of Benedict Fox non è solamente un Metroidvania di stampo classico, ma al suo interno possiede una vena d’avventura grafica grazie all’implementazione di enigmi. Per risolvere questi rompicapi dovremo usare vari strumenti, come la Spilla Kogai per aprire serrature, o delle carte dei Tarocchi, ma tra tutti lo strumento più importante si rivelerà essere il Conundrum.
Questo misterioso oggetto ci aiuterà nel corso della storia a decifrare elaborati codici che bloccano pareti, richiamare fratture dimensionali, o aprire marchingegni nascosti dentro attempati pianoforti. Il Conundrum da solo però non basterà, e ci troveremo a raccogliere le preziose Note del Conundrum da utilizzare assieme al Diario, che potremo richiamare con la semplice pressione di un tasto in momenti specifici per aiutarci a comprendere dei misteriosi simboli alfanumerici.
Il motore che alimenta l’onirico horror di The Last Case of Benedict Fox è Unity, e il team di Plot Twist è certamente riuscito a costruire un immaginario visivo ricco d’ispirazione. I colori saturi tra il violetto e il blu, si sposano ottimamente con i contrasti dati dai colori più cupi, riuscendo a costruire anche zone differenti e abbastanza distinguibili, sia per elementi -come deserti bianchi e paludi- ma anche per costruzioni, rappresentando versioni macabre di laboratori, biblioteche o giardini decadenti.
Perché no?
The Last Case of Benedict Fox soffre profondamente di un mancato polishing di tutta l’esperienza. Tristemente, la produzione non presenta alcun aspetto che sia riuscito a convincerci appieno, arrivando a pregiudicare l’intero titolo in maniera abbastanza marcata fin dalla sua introduzione.
Se la narrativa è il punto più importante e forse migliore del gioco, questa viene introdotta in maniera quasi raffazzonata, limitando il numero d’informazioni che il giocatore può riuscire a cogliere, e suddividendo la vicenda in maniera troppo sporadica.
Per comprendere chiaramente cosa sta accadendo, oltre gli interessanti filmati realizzati in-engine, avremo modo d’interagire con i vari abitanti della villa del padre deceduto; ma se avete orecchio per la lingua inglese -il gioco ha solo i sottotitoli in italiano- noterete presto anche voi che la qualità dell’interpretazione è poco convincente.
I migliori momenti di The Last Case of Benedict Fox si vivranno sicuramente durante le boss fights. Poche e non proprio appaganti nella meccaniche, sono invece uno dei punti di forza nella presentazione dell’art-style scelto per il gioco, regalando ingegnosi colpi d’occhio ma introducendo in maniera plateale uno dei problemi maggiori durante il giocato.
Controllare Benedict risulta sempre difficoltoso. A più riprese ci si è domandati se la latenza tra l’input e le movenze dell’eroe fossero d’attribuirsi ad un qualche bug, ma in realtà la goffaggine del detective è un qualcosa con cui bisognerà fare molto presto i conti.
Se durante il combattimento con i nemici la presenza della parata del Compagno può toglierci quasi da qualsiasi brutta situazione, alcune sezioni di platforming richiederanno prontezza di riflessi e precisione per essere superate. Trasformando Benedict Fox stesso nel suo più grande avversario.
Oltre alle armi in dotazione, avremo nel nostro arsenale anche l’immancabile boccetta per recuperare la vita perduta, e degli strumenti di cui il gioco non spiega in alcun modo l’utilizzo; una bomba di fumo per renderci invisibili e passare illesi tra orde di nemici o pericoli ambientali, e un gioiello che se infranto ci trasformerà in pietra intoccabile.
Inutile dire che la presenza di questi oggetti risulterà a dir poco superflua. Il pattern d’attacco dei nemici, molto simili tra loro e risicati in numero, rendono puerili l’esistenza di qualsiasi tipo d’oggetto. Questo è vero anche per la moltitudine d’attacchi offerti potenziando il legame con il Compagno, che oltre a quelli necessari per avanzare nell’esplorazione, risulteranno del tutto inutili in combattimento.
La mancanza assoluta di spiegazioni potrebbe far infuriare parecchi giocatori. Fortunatamente all’acquisizione di nuove abilità per il Compagno, o per la Lama e la Pistola, un prompt testuale ci ricorderà che è possibile visionare il loro funzionamento nel menu delle Note. Scelta molto in controtendenza agli avanzamenti di gameplay fatti da altre produzioni, che allocano a volte anche intere sezioni per far apprendere quanto acquisito, donando così anche un aspetto qualitativo e d’interesse a quanto ora in possesso, facendone comprendere l’utilità.
Il continuo minimizzare i traguardi acquisiti -forse involontariamente-, e l’intero aspetto criptico dei funzionamenti del gioco, sono una costante che finiscono per ledere il giocato. Questo è vero anche per le fasi d’investigazioni, specialmente per l’uso del Conundrum e la risoluzione d’alcuni puzzle.
Non sarà raro mettersi le mani nei capelli cercando di decifrare ottusi segnali in codice morse, trovarsi a fare avanti e indietro tra i menu per leggere dei codici non presenti nel diario richiamabile a schermo, o girovagare senza meta alla ricerca di un singolo oggetto, forse non recuperato dopo uno scontro.
Ogni oggetto che possiamo raccogliere brillerà di un bianco intenso, ma in alcune zone questa scelta di colore per l’effetto particellare è risultata essere controproducente, finendo per far perdere traccia d’oggetti essenziali. Anche nella sua forma semplificata, la Mappa presenta diversi errori, e non mostra in alcun modo la presenza d’oggetti utili per l’avanzamento della trama, anche se questi sono stati trovati ma non ottenuti.
Il tutto genera un backtracking quasi nauseante, che ha alimentato in maniera artificiosa la durata del gioco. Cacciatori d’achivements fate molta attenzione: per completare The Last Case of Benedict Fox vi serviranno circa 15-20 ore, ed è possibile collezionare tutti gli obbiettivi in una singola run; una volta arrivati in prossimità dello scontro finale, non avrete alcun modo di completare le attività svolte, e non crediamo che vorrete rimettere piede in un labirintico Limbo a cercare dei minuscoli artefatti senza l’aiuto di una guida.
Da notare inoltre la presenza di alcuni bug durante il giocato che a volte porteranno anche a dover ricaricare un salvataggio, aprire e chiudere un menu diverse volte, e la presenza costante di microstutter nel passaggio tra le aree. Per non parlare dei fastidiosi fenomeni di pop-up e casi di t-pose da parte dei nemici dovuti ai caricamenti delle aree di gioco.
Commento Finale
The Last Case of Benedict Fox è un titolo che può interessare solamente gli amanti dell’horror lovecraftiano e del genere Metroidvania che abbiano esaurito qualsiasi altro videogioco nelle rispettive categorie, e siano alla ricerca di un qualcosa visivamente accattivante, anche se non propriamente piacevole da giocare o particolarmente chiaro nella presentazione del suo mondo.
Per tutti gli altri, l’opera di Plot Twitst è l’ennesimo titolo indie che presenta qualche meccanica interessante, ma che soffre di una produzione troppo poco curata e una totale assenza di spiegazioni su ciò che bisogna fare per procedere nell’avventura.
Fortunatamente il costo budget e la presenza del titolo sul Game Pass, potrebbero convincere i più curiosi di voi a risolvere questo caso nel mondo di Benedict Fox e il Compagno. Dal canto nostro, il Limbo ci ha esiliato.