Outcast – A New Beginning è l’ultimo sforzo del team Appeal Studios per THQ Nordic (ecco anche la recensione di Outcast – A New Beginning (PS5) a cura di Vincenzo), la stessa squadra alle spalle del primo capitolo, Outcast, uscito nell’ormai lontano 1999 e riedito completamente, soprattutto dietro la spinta della community dei fan del gioco originale, in nuova veste nel 2017, con il titolo Outcast – Second Contact.
Abbiamo testato Outcast – A New Beginning su PC con Rtx 3070, I7 10700 e 32Gb di RAM… e, purtroppo, non siamo rimasti piacevolmente sorpresi.
Versione testata: PC (Steam)
Dalla Old-Gen con Furore
Al momento [giorno del lancio ufficiale, senza patch del day-one] il nuovo titolo THQ Nordic si presenta visivamente ricco, con ambienti complessi e particolareggiati… ma lo stesso non si può dire di shader e texture. L’insieme risulta un ibrido tra un gioco old-gen PS4 e un gioco PS5, più vicino, però, alla prima, con una buona densità di fogliame, ma pop-up molto, molto evidente e molto (troppo) ravvicinato al personaggio, questo con settaggi ad Alto e la distanza di rendering sulla impostazione massima. Anche lato illuminazione e nebbie volumetriche la sensazione complessiva è di una maggiore vicinanza alla vecchia generazione, decisamente non quello che ci si aspetterebbe da un titolo doppia A: le luci sono spesso piatte, quasi come fosse costantemente mezzogiorno in piena estate, con ombre, sì, ben realizzate e dettagliate, ma non sempre perfette. È però la quasi totale assenza di particelle o nebbia a rimuovere profondità all’ambiente, che risulta, per quanto colorato e visivamente accattivante (almeno nelle intenzioni), appiattito e leggermente confusionario, per via dell’intrigo di radici, rami e fogliame molto numeroso, forse troppo e della difficoltà nel distinguerli per contrasto tra luci e ombre.
Buona la qualità dell’acqua e l’animazione dei suoi movimenti (come, in generale, quella delle piante al nostro passaggio), il tutto è, però, un po’ rovinato dagli schizzi troppo bidimensionali e “incollati” al nostro personaggio.
In controtendenza alla grafica in-game, le cutscene più “importanti”, non realizzate con il motore grafico di gioco, risultano di buona qualità, abilmente alternate a quelle, ovviamente in maggioranza, che sfruttano invece l’Unreal Engine 4.
Uncanny Valley
Riguardo le cutscene “standard”, queste meritano un piccolo paragrafo a parte perché, purtroppo, ricordano quelle tristemente famose di Mass Effect – Andromeda al lancio: i personaggi risultano poco espressivi e il labiale molto raramente coincide con il movimento delle bocche, rendendo ogni interazione con i numerosissimi NPC poco coinvolgente, fatte salve solamente le cutscene in cui siano presenti momenti “action”, di solito ben animate e ritmate (sempre ad esclusione delle animazioni facciali).
La sensazione è che Appeal si sia concentrata più sul lato gameplay che sul lato visivo, lasciando l’immersione e il world building ai testi e agli scambi di battute tra Talan e Umani (interessante e utile la scelta di inserire un glossario attivabile a comando sulla HUD durante le cutscene con opzioni di dialogo) e ai caustici commenti ad alta voce del nostro protagonista, Cutter Slade.
Fluidità (non-Newtoniana)
Sfortunatamente altra nota dolente e, forse, la meno facilmente perdonabile, è la bassa e (spesso inspiegabilmente) fluttuante fluidità di Outcast. Lo stuttering elevato e i cali di FPS, come riportato, purtroppo, anche da Vincenzo su PS5, sono frequenti e ben lontani dai 60 FPS fissi che un gioco così votato alle azioni rapide e repentine richiederebbe.
In diverse occasioni, che fosse in volo con jetpack nelle foreste di Adelpha o nei popolatissimi (probabilmente troppo per l’ormai datato Unreal Engine 4) villaggi dei Talan, abbiamo subito notevoli cali di FPS o, direttamente, microscopici freeze, pregiudicando in parte il punto forte del gameplay: la libertà di movimento e il generale senso di libertà donatici dal jetpack e dallo sviluppo fortemente verticale di alcune aree di gioco.
Sonoramente nel Mezzo
Dal punto di vista del sonoro il titolo risulta senza infamia e senza lode, con musiche di accompagnamento piacevoli e mai invadenti, anzi, spesso perfettamente cariche di epicità e tensione… ma, come contraltare, il mixaggio sonoro delle voci è mediocre e, all’infuori dei personaggi principali, il doppiaggio non eccelle per coinvolgimento emotivo, costringendoci, in parte, a lavorare in prima persona con i settaggi nel menu dell’audio e a sopportare momenti di dialogo appesantiti, come segnalato in precedenza, da animazioni facciali minime e ulteriormente gravati da doppiatori poco coinvolgenti.
Va spezzata una lancia in favore dei suoni ambientali che. nonostante i sopracitati “tweak” da fare nel menu, risultano credibili e “vivi”, facilitando il non semplice compito di immedesimazione nel mondo di gioco.
Commento finale (Che ai Talan serve il loro Ulukai)
Outcast – A New Beginning avrebbe il potenziale per essere una gemma rara, ma a causa di un po’ troppi problemi tecnici (alcuni dei quali, speriamo, saranno risolti dopo il day-one), fatica a staccarsi dal terreno e a brillare quanto potrebbe.
Il gameplay, come già evidenziato nella recensione PS5, risulta, per quanto ripetitivo, coinvolgente e non noioso, e la parte di world-building, per quanto non originale, risulta ben curata e approfondita, ma i problemi di fluidità e la poca cura per le animazioni facciali dei personaggi (con i quali dovremo parlare molto spesso) intaccano fortemente il titolo di Appeal Studios, facendo ricredere un po’ coloro che attendevano con gioia il ritorno dell’universo narrativo di Adelpha e rischiando di scoraggiare nuovi appassionati, anche visto il prezzo (in offerta su Steam fino al 15/03/24 a 49,79 €, poi a prezzo pieno di 59,99 €, e non scontato a 69,99 su Ps Store) comunque in linea con quello di alcuni giochi tripla A.