Recensione Stranger of Paradise Final Fantasy Origin

Chi mi conosce sa quanto ho aspettato questo momento, il momento in cui – finalmente – posso parlare in maniera libera e concreta di Stranger of Paradise Final Fantasy Origin, uno dei titoli più discussi dell’intera stagione videoludica. Da grande appassionato di soulslike e del lavoro svolto del Team Ninja con Nioh e Nioh 2, nonché da ragazzino cresciuto col mito dei vari Final Fantasy nel cuore, non potevo rimanere insensibile nei confronti della produzione, che ha sin da subito mostrato di voler combinare i due mondi sopracitati in un mix videoludico potenzialmente devastante.


Versione testata: PS5


E badate bene che ho usato, non a caso, la parola “potenzialmente”. Invero, lo sviluppo del titolo non è stato dei migliori e sin dalla sua presentazione si è avvertito che qualcosa potesse essere andato storto nello sviluppo che, nel tempo, ha dimostrato sempre e comunque di avere qualche incertezza di troppo, soprattutto a livello tecnico/stilistico e narrativo. Sotto questa asfissiante e fastidiosissima coltre di incertezze, però, Stranger of Paradise Final Fantasy Origin ha dimostrato di avere anche tante potenzialità, tanti spunti interessanti, su cui capeggia sicuramente il gameplay e in particolare il combat system, presi a pié pari dall’ossatura generale di Nioh e Nioh 2 e trasposti nella nuova IP con uno stile che già dalle prime ore sembrava avere più di qualche buona premessa su cui basarsi.

E, dopo aver provato le varie demo, mi sono sempre più tranquillizzato in tal senso, soprattutto poi con la versione finale del gioco e con la final Demo, decisamente più curate e bilanciate, anche tenendo conto del feedback dei giocatori. No, non posso dirvi che Stranger of Paradise Final Fantasy Origin sia un capolavoro, ma posso garantirvi che, superati i dubbi iniziali, il gioco potrà regalarvi tante ore di divertimento, specialmente se, come me, siete tra quelli affascinati più di quanto dovrebbero dalla “morte” videoludica.

Stranger of Paradise Final Fantasy Origin: cronache di una storia poco comprensibile

Lo voglio dire subito e senza girarci intorno più di tanto: il comparto narrativo e tematico su cui si sorregge Stranger of Paradise Final Fantasy Origin è certamente l’aspetto più carente della produzione. E, purtroppo, lo si era capito sin da subito, sin dai primissimi trailer di presentazione (in cui Square Enix ha anche spoilerato parecchio, tra le altre cose), con cui il gioco si è presentato ai nastri di partenza di questa nuova avventura con una scrittura tanto debole quanto poco comprensibile. Il viaggio di di Jack, Ash e Jed (e degli altri che si aggiungeranno successivamente al cast) alla ricerca di Caos e col desiderio irrefrenabile di ucciderlo, senza un apparente motivazione, parte infatti con un espediente che ha generato un’infinità di meme e di momenti esilaranti sul web, che hanno dato un po’ il là a tutte le paure legate proprio alla debolezza generale del racconto, purtroppo in larga parte da confermare in fase di recensione. Tralasciando tutta la componente “divertente” che si è generata intorno a quanto detto poco sopra, il vero problema nasce quando ci si rende conto che la realtà non è molto lontana. Il comparto narrativo, per quanto provi ad attingere all’universo di Final Fantasy con alcuni riferimenti anche interessanti, rimane pressoché inconcludente per tutta la durata, seguendo un po’ quello stilema già intravisto, in particolare, nel primo Nioh.

Il gioco infatti mette nelle mani del giocatore pochi momenti per entrare veramente in confidenza con i personaggi e con la storia in generale, quest’ultima che risulta quasi mai in grado di progredire realmente, rimanendo sempre e comunque un mero elemento di sfondo e di contorno. Per quanto questo aspetto potesse funzionare con Nioh, nato e pensato proprio per avere un focus principale più sul gameplay che sulla storia in sé, è chiaro che volendo attingere a un universo narrativo tanto ricco e sfaccettato, pur comunque in veste di spin-off, questa stessa formula non può ripagare alla stesso modo. Il peso di quel nome è fin troppo evidente, e lo sarebbe anche senza il suffisso Final Fantasy, poiché veramente ho trovato tutto l’incidere della storia troppo blando e poco ispirato, al di là dell’essere o meno legato all’universo di Nomura & co. A ciò si aggiunge anche il pesante fardello generato dalla scrittura del cast, veramente sottotono e spaventosamente dozzinale. Tutti i personaggi di Stranger of Paradise Final Fantasy Origin, salvandone qualcuno, sono infatti quasi sempre poveri di stile e di personalità, rendendo l’immersività generale a dir poco nulla, un aspetto complessivamente grave per un prodotto del genere. Con questo però non voglio dire che non ci sia un filone generale o che il tutto rimanga non spiegato e avvolto nell’oblio fino alla fine, ma niente vi farà mai veramente cambiare idea sulle considerazioni che ho fatto poco sopra.

Una struttura ludica pensata per tutti i gusti

Tornando alle – tante – similitudini con Nioh e Nioh 2, ho amato tantissimo quelle relative al gameplay, che sono veramente tante e vanno dalla struttura del combat system fino a quella ludica, con alcune variazioni sul tema tanto evidenti quanto doverose. Sul piano strutturale, Stranger of Paradise Final Fantasy Origin è infatti praticamente identico ai suoi “predecessori” e presenta una formula di gioco molto semplice fatta da Missioni Principali e Secondarie, selezionabili in una sorta di Mappa interattiva gigantesca che fa anche da hub di preparazione agli scontri. Se le missioni principali si sbloccano andando avanti con la storia, le secondarie avanzano e si rendono disponibili in determinate circostanze e dopo aver completato le missioni principali, di cui molte delle secondarie sono una sorta di “spin-off” e si legano ad esse direttamente anche a livello di ambientazione e di scenario. In entrambi i casi, il cuore pulsante della produzione è rappresentato dall’esplorazione e ovviamente dal combattimento, giacché tutte le mappe di gioco, disegnate proprio ricalcando la formula “soulslike” di Nioh, vantano un level design intricato, fatto di scorciatoie e strade segrete da scoprire e soprattutto da un numero smodato di nemici da affrontare. E qui, onestamente, non posso che ritenermi molto soddisfatto di quanto visto. Per quanto le mappe risultino spesso piccole e poco ispirate dal punto di vista estetico, quest’ultime sono sempre ricche di contenuti, identificabili soprattutto con un loot di equipaggiamenti e armi spropositato. Rispetto alle prime demo, infatti, ho notato un aumento esponenziale degli equipaggiamenti rilasciati da parte dei nemici, il che rende proprio la voglia di combattere ancor più centrale e apre le porte a quello che, ovviamente, è l’aspetto più importante in termini di gameplay, ossia il combattimento.

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Proprio entrando nel merito, è evidente quanto Team Ninja abbia riposto gran parte delle sue energie in questo particolare, decisamente e senza mezzi termini l’aspetto più riuscito della produzione, al netto di alcune problematiche. Lo stilema generale è stato trasporto in maniera a dir poco evidente e a piè pari da Nioh e Nioh 2, con anche i comandi stessi che ricordano molto quelli dei titoli sopracitati, sbandierando in tal senso un lavoro di continuità stilistica impossibile da non apprezzare, specialmente per gli estimatori. Mi è sembrato veramente di esser tornato a smembrare orde e orde di Yokai con Stranger of Paradise, con il plus però di una vena ruolistica decisamente più marcata anche nel gameplay, ereditata dalla parte “Final Fantasiana” della barricata. Dalla saga fantasy per eccellenza, infatti, il titolo di Koei Tecmo eredita buona parte del suo bestiario e di conseguenza anche la gestione di debolezze elementali e punti di forza e deboli, in una formula generale che unisce in maniera molto convincente tanto la frenesia e la brutalità dei soulslike quanto la pianificazione e la gestione degli scontri e delle proprie forze, tipiche proprio dei giochi di ruolo giapponesi. La conoscenza del bestiario e dell’avversario ben si sposa con quella, appunto, delle proprie risorse, nello specifico dell’equipaggiamento ma soprattutto delle armi, le vere e proprie protagoniste della situazione e il cui utilizzo cambia radicalmente l’approccio al gioco. Partendo dal concetto base, in cui – ovviamente – nel gioco non troviamo più il ritmo Ki e le sue diramazioni sul gameplay stesso, in Stranger of Paradise Final Fantasy Origin l’impiego delle giuste armi apre un mondo di possibilità, poiché è il mezzo fondamentale per cambiare radicalmente il sistema di combattimento, attraverso un cambio di classi decisamente interessante e appagante.

Classi e abilità: divertimento e diversificazione

Al di là di un’impronta ludica complessivamente semplice ma stratificata, in cui – come da tradizione per il genere e per la software house – troviamo un sistema con attacchi pesanti, leggeri, schivate e parate all’ultimo istante, a fare la differenza nel titolo di Koei e del Team Ninja sono proprio le Classi, veramente tante e tutte ben congegnate e strutturate, e sopratutto diversificate. Il giocatore può sbloccare tantissime abilità semplicemente trovando ed equipaggiando un’arma e successivamente può utilizzarne due alla volta, divise tra classe principale e secondaria, switchabili liberamente e in qualunque momento con la semplice pressione del tasto Triangolo (o Y). Il grande lavoro svolto proprio sulle classi è evidente se si considera non soltanto la loro quantità ma soprattutto la differenziazione tra tutte loro, peraltro munite di un albero delle abilità personalissimo e unico per ognuna di esse. Ogni classe livella in maniera a sé stante (a patto di essere una delle due equipaggiate) e sblocca nuove combo e nuove abilità, da equipaggiare sfruttando i Comandi Rapidi L2+triangolo, quadrato e x, ad eccezione fatta per il O. Il tasto in questione è infatti adibito alla funzione “Lux”, ossia una sorta di “risveglio” con cui boostare le proprie statistiche e soprattutto parare i colpi nemici al momento giusto per assorbirne i tratti e scagliarli contro di loro, sfruttando così il discorso relativo alle debolezze elementali (e non solo) di cui parlavo poco sopra.

stranger of paradise final fantasy origin


Le abilità che si sbloccano, legate a uno o un altro ramo di una classe, possono essere usate anche cambiando dottrina, cosa che rende così la creazione delle “build” una dinamica più varia e sfaccettata di quanto possa sembrare. Ho veramente apprezzato questo sistema, anche perché ci sono veramente tante abilità da sbloccare e soprattutto perché il gameplay cambia veramente tanto cambiando le armi e di conseguenza le classi, cosa che rende l’esperienza di gioco molto profonda e rigiocabile. Livellare tutto è fondamentale, anche per un discorso relativo al livello di sfida, che seppur selezionabile nella sua forma “originale” è decisamente tarato verso l’alto. Anche la creatura più – sulla carta – debole può attentare con grande facilità alla vita dei protagonisti e tutto questo diventa sempre più evidente col passare delle ore, fino a raggiungere un livello generale decisamente ostico nelle fasi più avanzate del gioco. Di conseguenza, capire “cosa si vuole fare da grandi” è fondamentale per l’avanzamento, e devo dire che la grande libertà ludica data ai giocatori l’ho apprezzata veramente tanto. Venendo ai difetti, però, è chiaro come a livello di fluidità e di “movimenti” il gioco non sia sempre reattivissimo. Anche con le classi più veloci (tipo l’Assalitore) è sempre presente una di sorta di pesantezza generale, e molto spesso a farne le spese sono le hitbox, non sempre precisissime e certe volte difficili da gestire, specialmente contro i boss e i nemici più forti. Proprio sul piano dei boss, in chiusura, posso ritenermi soddisfatto di quanto visto, con un buon numero di nemici veramente ispirati e ostici da tirare giù che mi hanno regalato qualche ora di puro divertimento.

Tecnica e direzione artistica

A livello tecnico e artistico, non posso nascondere che Stranger of Paradise Final Fantasy Origin mi ha fatto scendere una lacrimuccia di troppo e non in senso strettamente positivo. Ho amato tanto infatti il design di alcune creature e di alcuni boss, così come quello di molte armature e armi, ma non posso non rimanere “scottato” dal lavoro svolto sull’art direction in generale, specialmente considerando aspetti quali gli scenari, il mondo di gioco e la gestione delle aree. Il titolo, in tal senso, eredita in qualche modo i “difetti” storici di Nioh e Nioh 2 soprattutto tenendo in considerazione il forte “stacco” tra il design proprio di personaggi umani e nemici vari e quello delle aree, eccessivamente povere dal punto di vista tecnico e, perché no, anche stilistico. Mi sono imbattuto infatti in molte zone artisticamente sbiadite e ripetute nel tempo, caratterizzate da una povertà in termini di pixel importante, e in generale la sensazione è quella di trovarsi tra le mani un prodotto fin troppo “vecchio” e rinunciatario è decisamente soverchiante. Con questo, però, non voglio dire che Stranger of Paradise non abbia scorci comunque riusciti, sia chiaro. Ho amato tanto alcuni passaggi, per quanto poveri anche in termini di giochi di luce e gestione dell’illuminazione, mi sono perso in alcuni luoghi che mi hanno ricordato tantissimo il viaggio di William Adams del primo Nioh, per quanto però non posso negare che mi sarebbe piaciuto poter parlare di un livello più avanzato in tal senso.

stranger of paradise final fantasy origin

Considerando anche la natura del gioco, è chiaro però che l’obiettivo principale a livello tecnico fosse quello di garantire stabilità e fluidità ai giocatori, e devo ammettere che Team Ninja ha saputo lavorare bene in tal senso, specialmente confrontando il gioco finale con le primissime demo. Il grande lavoro svolto per ottimizzare il tutto è stato encomiabile, e posso ritenermi soddisfatto soprattutto andando a sviscerare l’impegno profuso per migliore la fluidità e stabilità, dal mio punto di vista un aspetto fondamentale nell’analisi complessiva del prodotto. Selezionando la modalità Prestazioni, infatti, il gioco mantiene molto tranquillamente il frame-rate su livelli accettabili, che rendono l’esperienza complessivamente sempre godibile, per quanto – almeno su PS5 – alcune zone e alcune situazioni siano soggette a leggeri cali tutto sommato sporadici e di poco conto. La stabilità generale è comunque un aspetto da non sottovalutare, anche considerando la tipologia di gameplay frenetico e velocissimo, fatto di schivate e parate perfette, però viene messa spesso in discussione non tanto dal frame-rate ma dalla telecamera, che purtroppo troppo spesso diventa un nemico aggiuntivo, soprattutto con più nemici a schermo. In questi frangenti il lock sui nemici tende a “ruotare” troppo velocemente da un nemico all’altro, cosa che rende la qualità degli scontri decisamente meno positiva.

Nel complesso, e lo ribadiamo, in modalità Prestazione non abbiamo avuto grossi problemi, e devo dire che in generale il lavoro di ottimizzazione fatto sul gioco è decisamente importante e va sicuramente lodato. Molto buono, infine, è il comparto sonoro: il mix tra pezzi metal modernissimi e super eccitanti e brani più “solenni” e tradizionali, che accompagnano il viaggio dei nostri eroi, funziona alla grande e devo dire che anche il doppiaggio inglese mi è parso buono, per quanto quello giapponese sia sicuramente due spanne sopra. Complessivamente è valida anche la localizzazione italiana, anche se alcuni passaggi non li ho trovati esattamente a fuoco.

Commento finale

Stranger of Paradise Final Fantasy Origin è un prodotto molto acerbo, che manca di coraggio sotto diversi aspetti ma che comunque mostra un grande potenziale. Il solidissimo gameplay ereditato con forza dai Nioh ed esteso in salsa ruolistica, affondando proprio nello stilema tipico dell’universo di Final Fantasy, non viene supportato adeguatamente da una narrazione incredibilmente povera e che non riesce ad abbracciare il brand di riferimento con la stessa convinzione del gameplay, rimanendo sempre e soltanto un elemento di contorno di poco conto. A ciò si aggiunge anche un comparto tecnico troppo indeciso e arretrato, che in certi casi (hitbox, legnosità, telecamera) compromette in parte anche il gameplay, la cui cura è comunque evidente soprattutto se si tiene in conto l’ottimo sistema di classi, decisamente molto interessante. Nel complesso, comunque, non posso che consigliare il gioco a chi ha amato Nioh e Nioh 2 e in generale a chi è appassionato dell’universo dei “soulslike”, che si ritroverà per le mani un prodotto comunque solido e appagante. Il resto dei giocatori, probabilmente, forse è meglio se decide di guardare altrove.

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Stranger of Paradise Final Fantasy Origin


Stranger of Paradise Final Fantasy Origin è un prodotto molto acerbo, che manca di coraggio sotto diversi aspetti ma che comunque mostra un grande potenziale. Il solidissimo gameplay ereditato con forza dai Nioh ed esteso in salsa ruolistica, affondando proprio nello stilema tipico dell’universo di Final Fantasy, non viene supportato adeguatamente da una narrazione incredibilmente povera e che non riesce ad abbracciare il brand di riferimento con la stessa convinzione del gameplay, rimanendo sempre e soltanto un elemento di contorno di poco conto. A ciò si aggiunge anche un comparto tecnico troppo indeciso e arretrato, che in certi casi (hitbox, legnosità, telecamera) compromette in parte anche il gameplay, la cui cura è comunque evidente soprattutto se si tiene in conto l’ottimo sistema di classi, decisamente molto interessante. Nel complesso, comunque, non posso che consigliare il gioco a chi ha amato Nioh e Nioh 2 e in generale a chi è appassionato dell’universo dei “soulslike”, che si ritroverà per le mani un prodotto comunque solido e appagante. Il resto dei giocatori, probabilmente, forse è meglio se decide di guardare altrove.

PRO

Sistema di combattimento intrigante e appagante, tante classi diverse tra loro, tante missioni con tante ricompense

CONTRO

Trama inconsistente, personaggi poco interessanti e banali, comparto grafico non al top

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