Versione testata: Xbox Series X
Insediarsi, con successo, nel sempre più complicato mondo dei survival horror è una missione molto complessa.
In tanti, negli ultimi anni, hanno provato a replicare il successo di perle quali Silent Hill e Fatal Frame, finendo però spesso col fallire rovinosamente. Del resto, un buon titolo horror per fare veramente breccia nel cuore dei giocatori ha bisogno di una traccia veramente autentica, che riesca in qualche modo a soddisfare la sete dei giocatori più esigenti.
Perché, e non è un mistero, gli appassionati del genere sono sempre più numerosi ma il numero di titoli a tema è sempre più esiguo. Per questo motivo, l’annuncio di The Medium ha da subito lanciato in visibilio tantissimi videogiocatori. L’opera di Bloober Team, che in quest’anni ha già dimostrato grande affinità col genere, è arrivata sul mercato con grandi ambizioni. Gli autori di Layers of Fear e di Observer ci hanno riprovato, portando su schermo un horror psicologico e dai connotati estremamente affascinanti.
La lotta “mentale” della protagonista è un po’ il filo conduttore di tutta la storia, una storia che sa attaccare la mente del giocatore con la giusta dose di terrore e angoscia. Trattandosi di due elementi fondamentali per la buona riuscita di un prodotto del genere, le buone premesse intorno alla produzione sembrano avere tutte le carte in regola per essere soddisfatte.
Ma, a conti fatti, come si comporta la prima vera esclusiva Xbox di questa next-gen iniziata soltanto da qualche mese? La risposta non è semplice. The Medium è un prodotto incredibilmente controverso, complesso, così come la storia che racconta e il modo in cui la racconta.
Alla fine della giostra siamo però convinti che saprà fare la gioia di chi è cresciuto a pane e Silent Hill, seppur alcuni passaggi hanno dimostrato tutte le limitazioni di una software house che ha ancora tanto da dimostrare.
The Medium: una storia matura e ricca di spunti interessanti
L’incipit narrativo di The Medium, a dirla tutta, sulle prime non sembra dei più originali. La protagonista, Marianne, porta con sé un fardello tanto pesante quanto importante. Sin dalla giovane età (addirittura dai tre anni) ella può vedere gli spiriti dei defunti e soprattutto può comunicare con loro.
Per l’esattezza, Marianne è in grado di varcare il mondo dei “vivi” per addentrarsi in una realtà spiritica ed ultraterrena. Di conseguenza, la sua esistenza non è stata delle più semplici.
In suo “soccorso”, quand’era ancora soltanto una bambina, è arrivato Jack, suo padre adottivo, una figura incredibilmente importante nella crescita del nostro alter ego.
La morte di Jack, di fatto l’evento con cui inizia l’avventura, rappresenta lo starting point di tutta l’avventura. La perdita del padre spinge la ragazza a tornare nel luogo in cui è cresciuta, per dare l’ultimo saluto a colui che l’ha aiutata in una vita finora per nulla facile.
Nella stessa giornata, però, la vita di Marianne è ancora una volta pronta per essere stravolta dagli eventi. Una misteriosa figura, di nome Thomas, entra in contatto con la protagonista, dimostrando di avere sin troppe informazioni su di lei.
La giovane è infatti tormentata da un incubo ricorrente in cui assiste all’omicidio di una giovane donna per mano di un individuo sconosciuto. Thomas sembra avere (o almeno lo sostiene) le risposte che la protagonista sta cercando da una vita intera. Per trovarle è necessario che si rechi nel resort Niwa, un luogo non del tutto casuale.
L’hotel è infatti stato teatro di efferati omicidi e misteriosi sparizioni, ed è proprio da lì che parte la nostra avventura. Pur senza brillare in maniera eclatante per originalità, la storia di The Medium si rivela adulta, ben scritta e ricca di colpi di scena.
E, fidatevi, vale la pena essere vissuta per tutte le circa dieci ore di gioco necessarie per completare l’avventura.
Il viaggio nella mente di Marianne, un personaggio ben scritto e ottimamente portato avanti, vale sicuramente il prezzo del biglietto. Impersonare un protagonista tanto tormentato è sicuramente un di più, e siamo contenti della sua evoluzione. Bloober Team ha saputo, da questo punto di vista, superare ampiamente le aspettative della vigilia, offrendo ai giocatori una protagonista mai banale.
The Medium: un gioco per tutti i gusti?
Inutile girarci intorno: il vero tratto distintivo della produzione è sicuramente quello legato al giocare in contemporanea su due linee separate. Esplorare simultaneamente sia il mondo reale sia quello spiritico è una chicca di primissimo livello. I due mondi, per quanto diversi e separati, sono indissolubilmente legati tra loro e l’esperienza di gioco viene fortemente influenzata da questo aspetto.
I due mondi sono infatti interconnessi dal punto di vista ludico e il loro influenzarsi in continuazione rappresenta un aspetto fondamentale dell’esperienza ludica. Per superare gli enigmi, che poi è un po’ l’aspetto principale di The Medium, è doveroso esplorare entrambe le dimensioni. Le due realtà vivono di “blocchi” superabili soltanto attraverso la “collaborazione”, ossia il ritrovamento e la risoluzione di enigmi che richiedono la piena conoscenza di entrambe. A ciò si aggiunge, oltre allo sblocco di una sorta di potere che si attiva nell’Oltremondo, anche una terza dimensione, quella extracorporea.
Per superare alcune sezioni è infatti necessario, tramite la pressione continua del tasto B, abbandonare il proprio corpo, e lasciare che sia lo spirito di Marianne a circumnavigare il minaccioso mondo spiritico. Pur risultando sulle prime battute un elemento “sfasato” in realtà quest’ultimo è molto ben bilanciato. In forma spiritica Marianne è in grado di superare praticamente ogni singolo ostacolo, certo, ma si espone a un nemico ancor più minaccioso: il tempo. Marianne, infatti, non può rimanere per troppo tempo lontana del suo corpo. La pena per averso troppo tempo, è ovviamente la fine del viaggio, un viaggio più minaccioso di quanto si potrebbe immaginare.
Esatto, minaccioso. E non a caso abbiamo utilizzato questo termine. Il mondo spiritico non è popolato soltanto da spiriti innocenti e di buon cuore. Nell’Oltremondo vive una creatura nota come le “Fauci”, un essere che da la caccia alla nostra protagonista con un insistenza tipica del buon Nemesis.
Sfuggire alla creatura mette in mostra un altro tratto importante della produzione: l’ assenza di combattimento. Dimenticatevi, dunque, scontri a fuoco e azzuffate varie: in The Medium la chiave di tutto è l’ingegno.
L’astuzia e l’abilità di leggere le situazioni sono fondamentali per far volgere il tutto a vostro favore e non soltanto in battaglia. L’opera di Bloober Team, del resto, si basa principalmente sulla risoluzione di enigmi e puzzle ambientali. Nella maggior parte dei casi questi sono abbastanza semplici da portare a termine ma spingono il giocatore a mantenere sempre alta l’asticella dell’attenzione.
Il diavolo, del resto, si nasconde sempre nei dettagli, e sono proprio questi ultimi a risultare determinanti in più di un occasione. Per trovare il giusto elemento è dunque necessario attingere a tutte le abilità della protagonista, compresa la sua abilità di varcare i piani dimensionali.
Peccato però che questa meccanica, potenzialmente imponente, si rivela in realtà fin troppo abbozzata e insipida, per quanto possa risultare sicuramente molto interessante.
Abbiamo avuto la perenne sensazione che il “dualismo” del gioco si sia esteso anche proprio alla sua fruizione. Ogni buona idea, per quanto valida, sembra però perdersi un po’ in sé stessa, per quanto comunque complessivamente il tutto funziona.
Luci e ombre di un comparto tecnico e artistico dalla duplice natura
Anche da un punto di vista squisitamente tecnico e artistico, l’opera più ambiziosa di Bloober Team è accompagnata dalla stessa duplice natura da cui è pervasa l’intera produzione.
Il concetto di “dualismo” si estende, se vogliamo involontariamente, anche al comparto estetico, caratterizzato appunto da una qualità complessivamente altalenante. Se sul fronte strettamente estetico The Medium centra in pieno la missione, riuscendo a risultare memorabile e incredibilmente ispirato, lo stesso non si può dire del comparto tecnico. La cittadina di Niwa è comunque splendida, e richiama in tutto e per tutto quell’angoscia e quell’aura spettrale di titoli come Silent Hill, prodotto da cui il titolo si rifà molto sia per struttura sia per concezioni tematica. Bella da vedere e splendida da “vivere”, insomma, tanto quanto il mondo spettrale, la vera perla della produzione.
La realtà alternativa in cui la protagonista si cala, ispirata al lavoro del pittore Zdvislaw Bekinski, è un qualcosa di strepitoso da vedere e che già da solo può valere il prezzo del biglietto. Grottesca, angosciante, terrificante e allo stesso tempo silenziosa e malinconica, essa riesce, grazie alla cura con la quale è stata riproposta, a lasciare un segno importante nella mente e nel cuore dei giocatori. Ciò è dovuto alla bravura del team nel dare quella sensazione di continuità (doverosa) tra i due mondi, in cui è quasi doveroso fermarsi a notare tutte quelle piccole differenze.
Tutto questo viene impreziosito da un’ottima costruzione tecnica, in cui si possono elogiare elementi quali l’illuminazione e la gestione delle ombre, ben sorretti da un discreto utilizzo del Ray tracing. Il vero peccato è legato alla mole poligonale. Se nel complesso infatti tutto è ricreato ad hoc, sono proprio le “forme” date ai corpi, e in particolare ai volti dei personaggi, a sembrare rimaste bloccati nel passato.
Non ci sentiamo certo di soffermarci più di tanto su questo aspetto, certo, ma forse ci saremmo aspettati qualcosina in più da questo punto di vista. In alcuni momenti inoltre abbiamo assistito a cali di frame e a vari problemi di natura tecnica (texture slavate, caricamenti in ritardo ecc) di cui avremmo fatto volentieri a meno.
Niente da dire, invece, sul comparto sonoro. La soundtrack che accompagna il viaggio di Marianne è semplicemente splendida e perfettamente calzante. Essa aiuta altresì ad immergersi ancora di più nelle atmosfere del gioco. Proprio tornando al discorso immersività è doveroso consigliarvi di giocare con le cuffie. Le voci, i suoni e i rumori di sottofondo sono un tratto fondamentale di The Medium, e amplificano ancor di più quella natura “sensoriale” insita nel DNA del titolo stesso.
Commento finale
The Medium è un ottimo gioco, incapace di sfondare il muro del capolavoro ma comunque incredibilmente valido.
In un periodo tanto orfano di produzioni del genere, la piccola perla di Bloober Team riesce ad offrire al giocatore una storia di primissimo livello, ben scritta e ben raccontata, accompagnata da un immaginario tanto affascinante quanto inquietante.
Il vero problema di The Medium risiede nel gameplay. Le buone idee della vigilia sono difatti sin troppo abbozzate, finendo per risultare, alla lunga, ripetitive e mal gestite. A ciò si aggiunge anche una veste tecnico/grafica dalle due facce, che in alcuni momenti ci ha lasciato interdetti considerando anche la console di riferimento della produzione stessa.
Nel complesso, l’ultima fatica di Bloober Team è comunque un’opera con una grande identità, che vale la pena sicuramente di essere vissuta in tutta la sua interezza, chiudendo però un occhio sui limiti sopracitati.