A quasi un’anno dalla originaria release in Accesso Anticipato, The Outlast Trials si presenta all’appuntamento della release completa estendendo la propria platea anche al pubblico console. Un esperimento coraggioso, quello del team Red Barrels, che torna sulla propria IP di successo stravolgendone le fondamenta al fine di crearne una nuova interpretazione multiplayer. Inseguendo esempi celebri come Dead by Daylight, gli sviluppatori mettono da parte le precedenti esperienze single player lineari in favore di qualcosa di diverso ma non per questo meno inquietante.
La formula è infatti semplice. Prendere Outlast e calarlo in un contesto slegato dagli eventi già narrati, adatto ad ospitare la compresenza di più giocatori impegnati a risolvere compiti mortali. Insomma, quel pizzico di Saw che non guasta mai. Il risultato è invece decisamente meno scontato. Il rischio di banalizzare e rovinare l’atmosfera irripetibile della serie era infatti concreto. Ci siamo dunque approcciati al titolo con grande cautela e adesso possiamo dirvi cosa ne pensiamo.
The Outlast Trials sarà disponibile dal 5 Marzo per PC (via Steam), PlayStation 4, PlayStation 5, Xbox One ed Xbox Series.
Versione testata: PlayStation5
Il paziente è agitato
Siamo nel pieno della Guerra Fredda. La sinistra Murkoff Corporation, attraverso una campagna pubblicitaria fuorviante, recluta cavie umane per testare metodi avanzati di lavaggio del cervello e controllo del comportamento. Ben al di là della kubrickiana cura Ludovico, le sperimentazioni portano i malcapitati soggetti al ripudio del proprio passato e dell’abituale comportamento, in favore di inquietanti e sadici test volti a misurare la resistenza alla paura, alla violenza ed alla follia. Il tutto in nome del progresso, della scienza… e del bieco profitto.
The Outlast Trials decide di giocarsi la carta del prequel, andando ad ambientarsi in un periodo temporale antecedente a quello dei precedenti episodi. Una scelta intelligente per permettere al team di sviluppo non solo di cambiare le carte in tavola ludicamente, ma anche narrativamente. Il titolo infatti può essere fruito anche se si tratta del proprio primo Outlast, senza conoscere le implicazioni future degli esperimenti della Murkoff Corporation. Ed ancor più alla luce dell’anonimato del vostro alter ego.
Trials riesce, nonostante il cambio di setting e mood, a preservare tutte le caratteristiche più terrificanti dell’IP. A partire dall’atmosfera malsana e lugubre passando per la componente splatter e snuff movie, il nuovo capitolo è capace di offrire alcune delle location più ispirate ed alcuni dei villain più deviati della serie. Le fonti di ispirazioni sono piuttosto palesi, partendo dal già citato brand cinematografico con il glaciale Jigsaw fino ad arrivare al molto meno banale e mai troppo rimpianto Manhunt (sia il capostipite, sia soprattutto il controverso sequel).
Ma gran parte del merito lo hanno anche gli artisti del team canadese, capaci di tratteggiare fascinose ambientazioni metanarrative. Senza indugiare in spoiler, possiamo dirvi ad esempio che la prima vera missione vi porterà all’interno di una stazione di polizia “ricreata” ad arte come location designata per uno specifico test psicologico. In tutto questo, la realizzazione tecnica vanta texture dettagliate ed illuminazioni convincenti ma soprattutto un comparto audio assolutamente tetro ed agghiacciante. Il lavoro, su questo versante, è ottimo come sempre.
Ansia in compagnia
Come ha fatto Red Barrels a declinare la formula di Outlast ad un titolo prettamente multiplayer oriented?
Anzitutto, il team di sviluppo ha sapientemente scelto una storia che permettesse di giustificare non solo l’esistenza di veri e propri “test” eterogenei, ma anche la compresenza di più giocatori. La Murkoff Corporation infatti pone il player nei panni di una generica cavia che, a partire dal dormitorio centrale della struttura “medica”, dovrà affrontare le Trials e le sfide MK.
Le Trials non sono altro che i capitoli di storia nel senso più tradizionale del termine, “terapie” immersive che invitano il giocatore ad affrontare livelli con obiettivi multipli e strutturati. Affrontabili anche in solitaria, le Trials sono pensate per una cooperazione possibile tra giocatori che dovranno fare fronte comune per avere successo e portare a casa la pelle. Le sfide MK sono invece pensate esplicitamente per il multiplayer e consistono in “terapie” più brevi, ambientate all’interno delle mappe esistenti ma modificate, rielaborate o semplicemente ridotte.
Completare tanto le prime, quanto le seconde, permette di incrementare lo status della vostra “cartella clinica” come soggetto che sta avanzando nel proprio percorso di “cura”. Tradotto, il gioco vi premierà con nuovi oggetti per customizzare l’avatar o abbellire la vostra stanza. Ma soprattutto vi darà accesso a strumenti e perk da poter sfruttare a vostro vantaggio.
Nonostante il core gameplay sia rimasto il solito (ovvero basato sull’evitare lo scontro diretto coi nemici, nascondendosi e scappando), Murkoff ha deciso di darvi una mano. Ecco dunque che andando avanti avrete la possibilità di migliorare le vostre capacità stealth (ad esempio, guardando attraverso i muri) oppure gadget utili a rallentare gli avversari (magari tramortendoli o accecandoli). Sarà poi possibile ricorrere anche a particolari specialisti che vi permetteranno di accedere ad abilità aggiuntive. La farmacista Emily Barrow potrà aiutarvi con le sue prescrizioni mediche, l’ingegnere Cornelius sarà la persona da contattare per nuove funzionalità dei vostri gingilli mentre Dorris… beh, il contrabbando non ha mai fatto male per la sopravvivenza, no?
Ammazzo… il tempo
The Outlast Trials appare dunque come un prodotto curato che ha beneficiato evidentemente dei mesi di Accesso Anticipato. Non solo per il bilanciamento generale delle sue componenti, ma anche per il consolidamento dell’offerta ludica e dell’infrastruttura multiplayer. Tuttavia, a malincuore, ci sono alcuni aspetti della produzione che proprio non ci hanno convinto.
Non ci giriamo intorno più di troppo: la scelta di trasformare il titolo, storicamente un survival horror single player, in un titolo multigiocatore con spruzzi di GaaS, non ci ha convinto. Per una moltitudine di ragioni.
Anzitutto, la scelta di plasmare il gameplay della serie per “funzionare” in un contesto cooperativo ha avuto ripercussioni sul modo di pensare ed interpretare il level e game design. I generosi spazi di manovra, gli obiettivi tendenzialmente ripetitivi, l’influsso degli strumenti e dei “perk” sono una chiara eredità di un titolo sviluppato con l’idea di far partecipare più giocatori. Il che non è in sé e per sé sbagliato, ma tende a tradire gran parte della filosofia propria della serie. La sensazione di “aver perso qualcosa rispetto al passato” è palpabile anche nelle missioni principali. Anche se affrontabili in solitaria, in esse si avvertono fortemente i paletti ludici fissati in sede di sviluppo.
E se il gameplay, sotto questo punto di vista, segna un passo indietro concettuale rispetto al passato, è nell’atmosfera delle partite online che si inscena la vera mattanza.
Outlast ha visto le proprie fortune nel saper instillare l’ansia e l’oppressione nell’animo dei propri fan, calati in contesti terrificanti con poca illuminazione ed ancor meno risorse. Se alle modifiche strutturali già citate ci aggiungiamo la possibilità di vivere ogni momento con altri tre compagni umani, beh, il rischio che sorge è palese.
Immaginate infatti di trovarvi in una situazione che, in punta di sceneggiatura, richiede una collaborazione puntuale e silenziosa tra i giocatori viste le ronde in atto di avversari mortali. Ecco, immaginatevi di veder finire una scena del genere “a tarallucci e vino” con schiamazzi da ogni parte. Se vi urta sentire chiacchiere e commenti durante la visione di un film al cinema perché pregiudica l’atmosfera… immaginate di veder ridotto una sessione horror al pari di uno Scary Movie. Per noi è un grande no. A patto di non avere altri tre amici che vogliono viversela allo stesso modo… altrimenti il matchmaking casuale potrebbe realmente rovinarvi l’esperienza sinistra di Trials.
Anche la struttura always online non ha esattamente entusiasmato i nostri test. Ci siamo addirittura trovati a dover ricominciare da capo la fase iniziale a causa di una improvvisa disconnessione. Indubbiamente si tratta di problemi che verranno risolti, ma ci domandiamo se era davvero il caso di chiedere una connessione continua anche per giocare in solitaria.
Commento finale
The Outlast Trials è un esperimento ardito da parte di Red Barrels, che mette da parte la struttura consolidata che ha decretato il successo della serie in favore di una nuova interpretazione votata al multiplayer online. L’inquietudine e l’orrore sono presenze costanti, così come la ricchezza contenutistica arricchita da un supporto sulla carta interessante. Quello che tuttavia non ci ha convinto al 100% è proprio la scelta stessa di affrontare un’avventura in stile Outlast con altre persone, visti i limiti strutturali necessari per “far funzionare” il gameplay in cooperativa oltre all’inevitabile crollo dell’atmosfera opprimente data dalla solitudine. Se siete fan del genere ed avete un buon gruppo per vivere nel modo giusto il titolo, Trials vi potrà appassionare e terrorizzare. Se invece avete intenzione di giocarlo con giocatori casuali o in single player, la produzione potrebbe mostrare tutte le sue falle.