Recensione Visions of Mana, il ritorno della serie con un capitolo imperdibile

Visions of Mana è come un vecchio amico che non si incontra da tanto, troppo tempo. Sono infatti passati ben 17 anni dal precedente capitolo principale della serie di action RPG nata dalle costole di Final Fantasy. Un gap temporale consistente, solo marginalmente colmato dai remake di Secret of Mana e Trials of Mana per una IP da sempre non proprio fortunatissima, scemata di rilevanza al progressivo allontanamento dall’era SNES. Triste e recente esempio, le voci che danno addirittura già in chiusura il team di sviluppo del capitolo di cui vi parliamo oggi (NetEase Games sarebbe infatti in procinto di cessare Ouka Studios).

Proprio come l’amico fraterno di cui sopra, ci siamo approcciato al nuovo episodio della serie Mana colmi di emozione e nostalgia, mentre con il pensiero corriamo già a quando (e se) lo riabbrecceremo in futuro. Visions of Mana si è rivelato essere un grandioso ritorno ai fasti della visone di Koichi Ishii, sebbene non riesca a brillare della stessa intensità del leggendario capitolo del 1993 (l’originale Secret of Mana).

Pubblicato da Square-Enix, il titolo è disponibile dal 29 Agosto per PlayStation 4, PlayStation 5, Xbox One, Xbox Series e PC (via Steam).


Versione testata: PlayStation 5


L’importante è il viaggio

Il mondo di Visions of Mana non è una realtà semplice in cui vivere. Ogni quattro anni, persone da tutto il mondo vengono scelte in qualità di Alms ed affiancate da una Soul Guard per compiere un pellegrinaggio verso l’Albero del Mana. Il viaggio ha lo scopo ultimo di offrire in sacrificio le anime stesse degli Alm, in modo che la fonte di Mana del pianeta possa continuare a prosperare. La posta in gioco è terribile: continuare a salvaguardare la fragilità del mondo e la sopravvivenza di tutte le forme di vita. Hinna viene selezionata come Alm del Fuoco del villaggio di Tianeea, con lei la guardia Val: il loro malinconico viaggio li porterà tuttavia a mettere in discussione il proprio ruolo in questo rito e, chissà, trovare una soluzione alternativa.

Si tratta di una premessa unica per la serie ma che attinge da altri immaginari (su tutti, Final Fantasy X) per conferire alla storia tematiche legate all’amore, al lutto, al senso di responsabilità, alla speranza ed al significato della vita. Una trama a nostro avviso estremamente solida, ma che molto spesso decide di “giocare sul sicuro” senza prendersi particolari rischi. In generale ci troviamo di fronte ad un plot indubbiamente affascinante, ricco di colpi di scena e svolte inattese… ma non così tanto. Gran parte del merito della godibilità della storia passa dalla caratterizzazione dei personaggi, sempre ben tratteggiati e con rapporti interrazionali che si sviluppano nel corso dell’avventura.

Ma il mondo stesso è un assoluto protagonista di Visions of Mana. Traendo ispirazione dall’estetica di Secret of Mana e dall’environment design della serie Xenoblade Chronicles, il risultato finale è da lasciare senza fiato grazie a ricchezza ed eterogeneità delle ambientazioni. Il merito si divide, ovviamente, con il team artistico, in grado di dare fondo non solo all’intera palette cromatica, con accostamenti soavi e brillanti, ma anche di arricchire il titolo con un character design curato dal prolifico HACCAN ed un monster design seguito da Koichi Ishii in persona. Forse lo stile visivo dell’artista giapponese famoso per il lavoro su Avalon Code e Fire Emblem potrebbe non essere nelle corde di tutti, ma resta innegabile il suo sforzo ed il tratto caratteristico. Anche la pregevole colonna sonora tocca tutti i tasti giusti, grazie al trio esperto formato da Hiroki Kikuta, Tsuyoshi Sekito e Ryo Yamazaki.

Gambe in spalla

Ludicamente, il fulcro di Visions of Mana si divide tra focus sull’esplorazione del mondo ed attenzione riposta al sistema di combattimento.

Come accenavamo, il mondo di Visions è grande e bellissimo esteticamente, ma anche molto divertente da esplorare. Macro aree interconnesse formano un pianeta fantasy splendido, in cui il giocatore potrà esplorarne ogni angolo con la mobilità propria degli action adventure più estrosi. Spazio dunque a doppi salti, dash aerei, forzieri nascosti, cavalcature (anche aeree e nautiche), zone inaccessibili da recupare più avanti in stile metroidvania e così via. Si tratta di un aspetto di primo piano della produzione che, similmente alla scelta attuata in The Legend of Zelda: Breath of the Wild, toglie altresì un pò di spazio ai dungeon tradizionali. O meglio, ci sono, ma risultano meri divertissement piuttosto che una portata principale.

Non ci sentiamo di criticare la scelta vista la bellezza della world map, anche se tuttavia gli sviluppatori avrebbero potuto migliorare il senso di gratificazione legato all’esplorazione. Capita spesso infatti di trovare tesori incredibilmente nascosti con all’interno… niente di che. Allo stesso modo risultano un pò sbiadite le side quest, che spesso si riducono a meri incarichi di fetch. Il mondo compensa molto, ma si poteva fare qualcosa di più.

Il mondo di gioco è davvero bello e spesso vi fermerete ad ammirarlo.

Il sistema di combattimento, dal canto suo, sebbene possa sembrare semplice di primo impatto, si articola sulla sinergia di differenti fattori. Anzitutto, ci sono otto classi elementali da assegnare ai giocatori, ciascuna legata (tendenzialmente) a differenti armi, bonus e malus. Le passività sono un elemento stabile di ciascuna classe, mentre la maggior parte delle abilità attive sbloccabili entrano a far parte dello specifico bagaglio individuale del personaggio. Il risultato è una capacità ibridativa molto spinta che permette ai giocatori di “creare” i personaggi più adatti ai propri gusti.

In quest’ottica, anche gli equipaggiamenti svolgono un ruolo chiave, grazie agli slot per i semi abilità. Fino a dieci perk possono dunque essere assegnati a ciascun personaggio, oltre ad arma ed armatura di ordinanza. Sommate alle variabili delle classi ed otterrete un potenziale davvero ragguardevole.

Gli Elemental Vessel trovano anche una utilità diretta in battaglia, con specifiche abilità che possono essere attivate per sovvertire le sorti degli scontri. Queste, sommate agli attacci Elemental Break e Class Strikes, possono creare sinergie interessanti che si declinano sul sistema “sasso carta forbice” elementale del titolo (condiviso anche dai nemici).

Il risultato finale è un combat interessante ed inaspettatamente articolato ma che ha il difetto di venire a galla solo se spinto a difficoltà maggiori. Il bilanciamento standard, infatti, mortifica un pò troppo gli spunti più raffinati del sistema ideato da Ouka Studios, banalizzando l’andamento di gran parte degli scontri rendendoli piatti e caotici. Molto meglio alzare l’asticella ad Hard il prima possibile, per poter apprezzare al meglio il lavoro svolto dal team giapponese.

Le abilità sono molte e dovrete imparare a concatenarle soprattutto a difficoltà superiori.

1994 vs 2024

Visions of Mana rispecchia completamente il proposito di Koichi Ishii: realizzare un nuovo capitolo della serie con lo spirito inalterato del passato, ma una veste adatta al mondo videoludico contemporaneo.

La missione, in questo senso, è indubbiamente riuscita. Visions si struttura e si gioca proprio come un JRPG degli anni ’90. Ne ha il feeling essenziale, l’atmosfera, il modo di costruire l’incedere. Ci sono addirittura elementi che si sono persi con le generazioni videoludiche, che non vi anticipiamo molto (anche se qualcosa lo vedrete dalle immagini a corredo di questa recensione). Per tutti questi motivi, chi ha vissuto quell’epoca aurea del genere non potrà che amare il quinto capitolo della serie Mana.

Il combat è divertente ma esige difficoltà superiori per essere maggiormente apprezzato.

Viceversa, il problema si può porre laddove si sia impermeabili al modo di fare videogiochi di trenta anni fa.

Per alcuni sarà quasi impossibile sorvolare su una storia fin troppo tradizionale, su un sistema di side quest ripetitivo, su un bilanciamento non perfetto. E soprattutto sarà molto complicato passare sopra ad una impostazione così radicalmente ancorata ai dettami del passato, anche al netto di un comparto tecnico che maschera i suoi limiti con la direzione artistica. Un prodotto che può essere dunque percepito più per inguaribili nostalgici che per nuovi fan del genere.

Quale è la verità? A nostro avviso, come spesso accade, pensiamo si ponga ad una salomonica metà strada. Da un lato Visions of Mana tende la mano agli appassionati di lunga data, preservando il profilo classico della produzione. Dall’altro lato, guarda con speranza ad una nuova platea di acquirenti, che possano apprezzare proprio le qualità che hanno reso amata la serie, impreziosita dalle novità del quinto capitolo. Il risultato è un viaggio che merita di essere intrapreso, a prescindere dalla destinazione finale.

Qualcosa che un tempo era la regola ed oggi è l’eccezione: la world map da sorvolare.

Commento finale

Visions of Mana segna il ritorno di una delle serie Square Enix meno festeggiate degli ultimi anni, ma non per questo meno rilevante. Il team di Ouka Studios realizza un titolo intrinsecamente classico in impostazione, narrativa e feeling, ma tarato per un pubblico contemporaneo. Il risultato è un Mana mai così piacevole da giocare, ricco di contenuti con un spirito deliziosamente retrò, nonché un combat system profondo e gratificante. Tuttavia, proprio per il suo tradizionalismo fortemente voluto e ricercato, il titolo potrebbe essere fin troppo nostalgico per far presa su una platea moderna. Per tutti gli altri, sarà un dolce naufragare in questo mare di ricordi.

8.0

Visions of Mana


Visions of Mana segna il ritorno di una delle serie Square Enix meno festeggiate degli ultimi anni, ma non per questo meno rilevante. Il team di Ouka Studios realizza un titolo intrinsecamente classico in impostazione, narrativa e feeling, ma tarato per un pubblico contemporaneo. Il risultato è un Mana mai così piacevole da giocare, ricco di contenuti con un spirito deliziosamente retrò, nonché un combat system profondo e gratificante. Tuttavia, proprio per il suo tradizionalismo fortemente voluto e ricercato, il titolo potrebbe essere fin troppo nostalgico per far presa su una platea moderna. Per tutti gli altri, sarà un dolce naufragare in questo mare di ricordi.

PRO

Esteticamente bellissimo | Sistema di combattimento profondo e stratificato | Orgogliosamente classico |

CONTRO

Storia emozionante ma molto tradizionale | Più attenzione all'esplorazione che non ai dungeon | Bilanciamento di base troppo permissivo |

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