Degno ritorno di una serie antica quanto Final Fantasy.
Versione testata da 4news.it: PlayStation Vita (disponibile anche su PS4 e PC).
Quando si parla di serie RPG longeve, i fan del genere sanno benissimo che antico come Final Fantasy c’è soltanto Ys. Due lettere che restano in piedi dal 1987, quando il capostipite del franchise esordì sul mercato giapponese, per arrivare in Europa solo in un secondo momento. Da allora la saga di Nihon Falcom ha deciso di proseguire su una strada molto particolare: invece di optare per la numerazione progressiva di episodi sempre nuovi, si è dedicata al ripensamento dei suoi primi panni. Così, dagli anni duemila, abbiamo visto arrivare sul mercato porting, remake, e via dicendo dedicati a svariate piattaforme.
Lacrimosa of Dana spezza la catena, dopo ben sette anni dall’ultimo episodio di Ys Seven. La strada qui è decisamente volta alle novità, per un genere che si è contaminato sempre più con l’hack and slash duro e puro. Abbiamo spolpato il titolo su PlayStation Vita, ma al di là del fattore tecnico l’avventura è stata identica, ed è fruibile attualmente anche su PlayStation 4 e PC. Dopo ore ed ore di gioco siamo pronti a dirvi cosa ne pensiamo dell’ultimo travagliato ma longevo prodotto di Nihon Falcom.
Maledetti Kraken
YS VIII: Lacrimosa of Dana è un prodotto perfettamente godibile anche per i neofiti della serie. Il protagonista è Adol Christin, nome noto per chi ha giocato i precedenti sette titoli. Se infatti la conoscenza degli eventi pregressi non è richiesta, è vero che le chicche e i rimandi ai veterani della serie sono disseminati un po’ ovunque, ed è sicuramente una nota di merito per un arco narrativo rispettoso della continuity e completo. Adol funge un po’ da narratore interno/esterno alla vicenda, a seconda dei casi, raccontando le varie imprese che gli sono capitate e che lo hanno visto protagonista.
L’abile spadaccino si ritrova questa volta imbarcato come marinaio tuttofare sul veliero “Lombardia” (l’Italia è più famosa di quanto pensiamo?). Però i problemi arrivano subito, e la nave durante i primi minuti di gioco viene attaccata e fatta a pezzetti da un gigantesco mostro marino con il ben noto nome di Kraken. Il demone, infatti, infesta le acque nei pressi della maledetta Isola di Seiren, costringendo i passeggeri a naufragare proprio sull’inospitale isola deserta, da cui si mormora che nessuno abbia mai fatto ritorno. Ovviamente noi dimostreremo il contrario.
Adol quindi si metterà alla ricerca degli altri sopravvissuti e sarà inoltre incaricato dal capitano della Lombardia di esplorare e mappare l’intera isola, al fine di trovare i materiali e l’equipaggio necessario per mettere in atto un disperato piano di fuga. Il primo passo sarà dunque la costruzione di una base operativa, il cosiddetto Castway Village, in cui verranno radunati i naufraghi ritrovati da Adol. E qui iniziano le novità degne di nota, fermo restando che la narrazione è longeva e convincente.
Le novità più corpose riguardano i personaggi
Come già avveniva nei vari capitoli della serie di Suikoden, i personaggi reclutati da Adol, una volta trasferitisi nel villaggio, apriranno nuovi “negozi” o comunque supporteranno come possibile il cast di avventurieri. Per esempio, la bella Catherine metterà a disposizione del protagonista una fucina di ventura per craftare e migliorare l’equipaggiamento, mentre Alison e Kiergaard gestiranno rispettivamente una piccola bottega di accessori e l’infermeria.
Il fatto è che, al di là delle meccaniche gameplay, ciascuno dei vari naufraghi svolge un ruolo molto importante, per non dire fondamentale, all’interno della storia, nonché una serie di interessanti sidequest utili sia per aumentare l’approvazione
generale nei confronti del protagonista (fattore primario da cui dipenderà il finale ottenuto al termine della vasta campagna principale), sia per approfondire la caratterizzazione degli stessi.
Lo sforzo compiuto dallo sviluppatore nel dare un ruolo chiave ed un minimo di background a ciascuno degli NPC ci è parso degno di lode, però non pensate che ci strapperemo i capelli per il ruolo di ciascuno di essi e nello scoprire i dettagli minuziosi del loro passato.
C’è anche un’altra novità molto importante all’interno della serie Ys: la presenza di una co-protagonista femminile. E ci fermiamo qui, perché altrimenti dovremmo cadere negli spoiler e dire troppo, rischiando di rovinarvi l’esperienza di gioco. Sappiate che le sacerdotesse a Siren sono molto più importanti di quanto possiate credere…
Esplorazione, battaglie e una grafica un po’ ballerina
Le meccaniche alla base di Ys VIII: Lacrimosa of Dana sono fondamentalmente due: l’esplorazione e le battaglie. L’isola di gioco è immensa e suddivisa in varie micro aree che piano piano diventeranno disponibili per il giocatore proseguendo all’interno dell’avventura. Sono anche particolarmente variegate, anche se tutte sanno di già visto, il genere è stato del resto molto praticato negli ultimi anni e un comparto artistico molto anonimo non migliora le cose.
Ovviamente, siccome il crafting è così importante, si potrebbe temere che il backtracking diventi alla lunga quanto meno frustrante. E invece no: perché intelligentemente gli sviluppatori hanno posizionato cristalli di teletrasporto prima di ogni area importante, che fungono come luogo dove salvare i dati e velocizzano gli spostamenti.
Gli scontri mescolano una giusta dose di RPG nell’equipaggiamento selezionato e di action nelle battaglie vere e proprie, rendendo il titolo godibile anche per il pubblico occidentale. Peccato che tutto sia retto da un comparto tecnico appena discreto, che sicuramente ha più di un tentennamento su PlayStation Vita e si comporta al meglio su PC. La grafica semplicemente resta ancorata all’era PlayStation 3, ma non è che Ys sia mai stato noto per il colpo d’occhio gradevole: contano più la storia da raccontare e i rapporti tra i personaggi e il protagonista. Certo, questa non vuole essere una scusa, ma solo un’osservazione.
Commento Finale
Ys VIII: Lacrimosa of Dana va bene per chi si approccia alla serie per la prima volta, ed è perfetto per chi la frequenta da tempi remoti. Divertente, longevo, con alcune punti innovativi molto interessanti, non raggiunge un voto più importante soltanto perchè tecnicamente è rimasto indietro anni luce rispetto alla concorrenza. A parte qualche scivolone qui e là nella regia e la solita monotonia connaturata al genere, l’avventura ci ha stregati per una trentina di ore.