Muccino torna in America per raccontare una triste storia
Sette Anime
Due anni dopo il debutto americano con “La Ricerca della Felicità”, Gabriele Muccino torna dietro la cinepresa dirigendo ancora una volta un Will Smith diverso da quello che siamo soliti riconoscere. Non è un supereroe, un agente in nero o chissà cos’altro, ma un uomo qualunque che afflitto dal dolore decide di aiutare sette estranei: senza alcun motivo apparente, Ben Thomas, cerca la propria redenzione.
La sofferenza di un uomo, la felicità di sette persone
Accompagnato dall’affascinante Rosario Dawson (a dispetto del nomesi tratta di una donna), Will Smith riesce ad interpretare alla perfezione un uomo che esprime sofferenza dalle più piccole espressioni. E’ distrutto dal dolore e si sente in debito con il mondo, sceglie di premiare sette persone tra quelle che secondo le sue ricerche meritano migliore sorte di quella che è capitata loro.
Sin dalle prime sequenze si capisce comunque che Sette Anime non pretende di innovare, d’altra parte riesce a catturare, con merito, l’attenzione dello spettatore tramite appositi flashback inseriti con maestria in momenti culminanti, in perfetto stile hollywoodiano.
A volte sembra quasi che il regista voglia volutamente spingere il pubblico a piangere tramite scene dal forte impatto emotivo girate al solo scopo di intrattenere lo spettatore e suscitargli non solo lacrime ma anche curiosità sulla vicenda personale di Ben. Vicenda che definire drammatica è un eufemismo, ma con taluni passaggi che funzionano da tappo contro l’eccessiva deriva emotiva scatenata dagli eventi. Un po’ a voler cercare disperatamente il lato positivo anche nelle cose più tristi.
Inutile comunque negare il talento di Muccino, regista italiano che tanto piace a Hollywood, capace di coinvolgere il pubblico dall’inizio alla fine, senza un attimo di pausa. Sembra quasi di vivere insieme a Ben Thomas quella storia, quei momenti. La cinepresa si allontana raramente dal corpo dell’ottimo Will Smith nei panni di Ben Thomas, ma allo stesso tempo gli è distante anni luce perchè l’oggetto della sua ripresa è in realtà l’anima tormentata di un uomo che per uno stupido errore vive una vita che “insignificante sarebbe già una promozione”. E’ così che allora riceviamo le immagini di un attore capace di calarsi nei panni di un essere sconvolto dalla sofferenza e dal dolore ma capace di nasconderlo, con un sorriso, a tutte quelle esistenze che, secondo lui, meritano una vita migliore di quella che sono costretti a vivere.
Tra queste spicca Rosario Dawson nei panni di una donna affetta da una grave malattia cardiaca, che con una normalità disarmante veste i panni di una donna che avrebbe voglia di fare tante cose che, invece, la sua vita le nega. Desidera correre senza la paura di rimanere a corto d’ossigeno, portare a spasso il suo bell’alano da compagnia e poter viaggiare senza dover essere guardata a vista dai propri medici. E’ per questo che Sette Anime è capace di parlare anche e, forse soprattutto di amore, l’amore di un uomo per la vita e tutte le sue manifestazioni di bontà e di semplicità.
Sette Anime è tutto questo: una storia triste. Commovente. A tratti insopportabile per il male che vi si annida dentro. Ma capace anche di regalare sorrisi, amore e una vita migliore a chi è stato costretto, fino a quel momento, a soffrire, ognuno per i propri motivi. Proprio come Ben Thomas. Un uomo sofferente e depresso ma capace di rialzare la testa e credere nuovamente in se stesso fino ai momenti finali della pellicola. Per lacrime che, da sole, valgono il prezzo del biglietto.
Giudizio complessivo: Buono.
Scala Giudizio:
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