In un periodo tanto controverso e triste, Capcom allieta le nostre giornate con il nuovo Resident Evil 3 Remake. Siamo tornati a vivere l’orrore a Raccoon City e siamo pronti a farne testimonianza.
Versione testata: PC
Correva l’anno 1999, ancora si pagava con la lira e l’album Californication batteva ogni record di vendita. Non esistevano smartphone, smart TV, polemiche social e quant’altro, e per passare il tempo si trovavano vie molto più semplici e congeniali. Non esistevano console war, poiché le due regine del mercato erano PlayStation e l’indimenticabile Nintendo 64. In questo panorama, con una serie che già aveva mostrato i suoi muscoli e deciso il mercato – insieme ai Final Fantasy di Nomura -, Capcom rilasciava al mondo Resident Evil 3: Nemesis. E, esattamente in questo triste e poco allegro periodo, lo ha rifatto, donandoci un prodotto sublime: Resident Evil 3 Remake.
Dopo 21 lunghissimi anni, siamo tornati nella vecchia Raccoon City, oggi in una nuova e bellissima veste, e l’abbiamo vissuta con lo stesso nodo in gola legato all’incertezza dell’esistenza e alla persistente minaccia di un nemico tanto letale, che mai come in questo titolo ci fa sentire piccoli, inermi e – in fin dei conti – inutili. Le nostre uniche possibilità di sopravvivenza, legate all’esistenza di un vaccino, giocoforza non fa altro che rafforzare il parallelismo con la nostra attuale realtà. Ovviamente non voluto e nemmeno pianificato, ma sublime.
“Vestiti da Jill Valentine che io faccio il tuo Nemesis”
Parafrasando un famoso brano, ciò che realmente funziona in questo titolo è il rapporto tra Jill Valentine e il Nemesis. Funziona, è incalzante e perfetto. Il nemico è sparito dal titolo del gioco, e basta. Una mossa sicuramente voluta, per far sì che le nuove leve non si aspettino una minaccia così feroce e insistente all’interno del gioco. Jill esiste perché il Nemesis esiste, e viceversa. Le loro esistenze sono così elegantemente intricate che è un piacere assistere alla loro evoluzione – psicologica per la prima e fisica per la seconda – durante tutta la narrazione. Ma partiamo con ordine.
Raccoon City, 27 settembre 1998. Dopo aver avuto un incubo, l’agente S.T.A.R.S. Jill Valentine si appresta a coricarsi. Tuttavia, una chiamata di un collega la obbliga a fuggire. Nemmeno il tempo di staccare il telefono che una gigantesca creatura irrompe nella sua stanza tramite la parete e tenta immediatamente di ucciderla. Da lì ha inizio una rocambolesca fuga da quell’entità, ed è sicuramente quello il momento in cui la vita di Jill cambierà profondamente.
Già dalle prima battute si può notare come Resident Evil 3 Remake punti tantissimo sull’incutere ansia e timore. La fuga dal condominio della nostra agente è disperata, claustrofobica, sempre in allerta con la paura che quel mostro possa afferrarci e ucciderci. E durante queste sequenze continuerà a marcarci, a tentare di compiere il suo scopo, e lo fa davvero se aspettiamo o sbagliamo una mossa. Lui non è una marionetta, uno sprite o un avatar messo lì per farci saltare dalla sedia. Lui uccide per davvero.
Usciti dal palazzo inizierà il vero prologo, dove ci verranno mostrate le principali meccaniche del titolo. E poi torna lui. Proprio mentre stiamo per farcela, proprio mentre stiamo per lasciare definitivamente Raccoon City. E lui continuerà a tornare, sempre. Perché è noi che vuole e noi non siamo disposti a lasciarci a lui. Sono meccaniche che funzionano. Ogni volta che quella bestia appare a schermo, il cuore si stringe e la disperazione avanza. Non si sa come batterlo, sembra invincibile. Ci rincorre, e a quale velocità! Possiamo sempre e solo scappare, sino a dei determinati momenti in cui siamo costretti a girarci e ad affrontarlo.
La crescita di Jill la troviamo e la viviamo in questi dettagli. Inizialmente è impaurita, lei – come noi che la guidiamo – pensa solo a scappare, a trovare un rifugio sicuro, dove convincersi che quello che sta vivendo non è vero. Ma arriva il momento in cui si stufa, non ne può più. E solo allora da preda diventa cacciatrice, e noi con lei. Arriva il momento in cui capiamo che esiste solo un modo per lasciarci tutto alle spalle. E quel modo è un fucile con tanti proiettili per il nostro gigantesco cacciatore.
Il loro rapporto finisce all’opposto di come è iniziato. Durante il corso del gioco la paura e l’ansia lasciano posto alla sicurezza nei propri mezzi. Mentalmente pensiamo sempre che il peggio sia passato, e questo ci dà la forza per affrontare ancor di più le nuove minacce che si prospettano all’orizzonte. Non abbiamo più timore, non abbiamo più la stretta al cuore. Anzi, non vediamo l’ora di porre fine alla misera esistenza di un essere che ormai è solo lo spettro di ciò che inizialmente era.
Non potresti vivere senza di me
Nel corso dell’avventura faremo conoscenza di altri personaggi, più o meno importanti. Dall’agente S.T.A.R.S. Brad Vickers agli agenti U.B.C.S. Carlos Olivera, Nikolai Zinoviev, Mikhail Victor e Tyrell Patrick. La bellezza di questi secondari e comprimari risiede sicuramente nella loro caratterizzazione. Ognuno di loro – eccetto Brad, ma lo lascio scoprire a voi che giocherete il titolo il perché – è unico, e, a differenza di molti giochi dove i secondari quasi vengono dimenticati, facilmente possono essere distinti in base ai tratti caratteriali.
Nel corso dell’avventura, in diverse sessioni vestiremo i panni di Carlos Olivera. Le sessioni con questo personaggio sono molto più action e meno survival rispetto alle fasi con Jill, e questa differenza è solamente benefica nell’economia della narrazione. Questo per diversi motivi, di seguito elencati:
- Carlos è un agente incaricato di evacuare la città ed è attrezzato con del vero armamento militare, Jill viene colta di sorpresa e la sua fuga è rocambolesca e disperata;
- Jill brancola nel buio, Carlos ha Tyrell che gli copre le spalle e gli mostra il percorso, guidandolo;
- Carlos non ha un armadio vivente che cerca incessantemente di ucciderlo alle calcagna.
Anche in questo caso, il loro rapporto funziona benissimo. La loro alchimia è percepibile dal primo momento che si incontrano, e continua a crescere di tono scena dopo scena. Anche il tocco action movie dato alle cutscene è perfetto, ed è il collante ideale per tenere inalterata la qualità e la frenesia della narrazione. In Resident Evil 3 Remake non ci si riposa mai. E prima lo comprendi prima vivi l’avventura come deve essere vissuta.
Super girl
Dopo aver fatto un cappello riguardante narrazione e protagonisti, è l’ora di passare all’azione. Prima o poi un’arma deve essere impugnata e questo è il momento. Il titolo offre poche armi, sei per Jill e tre per Carlos. Ma ognuna è animata in modo unico. Mentre il secondo è uno specialista nel medio/lungo raggio, con un fucile d’assalto di tutto rispetto, la prima deve arrangiarsi con delle pistole, un fucile a pompa e un lanciagranate. Questa differenza obbliga il giocatore a cambiare l’approccio in base al personaggio che controlla. Più scanzonato con Carlos, più prudente con Jill.
Mano a mano che si sale di difficoltà, inoltre, la mancanza di munizioni impatta pesantemente sul gameplay e sul gunplay, obbligando l’utente a studiare la mappa e a sfruttare situazioni ambientali che consentano di pulire una zona con pochissimi colpi rispetto alla scelta di stare a sparare uno a uno agli zombie. L’ambiente, appunto, è un grandissimo amico: trappole elettriche, barili esplosivi, mine di prossimità. C’è una discreta varietà di utensili e oggetti da volgere a proprio beneficio, basta approfittarne.
Un peccato che gli enigmi si contino sulle dita di una mano, esattamente tre casseforti e due armadietti con combinazione. La sfida che presentano è accurata e costringe il giocatore a guardarsi bene attorno, e per questo motivo personalmente ne avrei gradito qualcuno in più.
Il backtracking, invece, è stupendo. È incredibile come il gioco ti costringa in alcune fasi a tornare sui tuoi passi per aprire quella cassaforte o scardinare quel lucchetto o quant’altro. E lo fa senza essere pesante. Non si ha mai quell’effetto del “Oddio, poteva fare altro anziché perdere tempo”. Tutt’altro, pare che lo scopo principale diventi “perdere tempo”.
La colonna sonora è vagamente accennata, lasciando tutto in mano ai rumori ambientali. Una scelta che premia, poiché non sentire musica non ti fa né capire l’eventuale situazione di pericolo né alienare dal contesto. Sei in una città infestata da zombie, devi sopravvivere. L’orecchio – e il cuore – si concentra sui cigolii, sui passi, su rumori a distanza, su sbiascichi e stridii metallici che annunciano che nemici stanno venendo a prenderti, e non certo per salutarti.
Raccoon City nel cuore
Sebbene la storia principale sia decisamente corta, il gioco non finisce con i titoli di coda. Personalmente, la mia prima partita, completamente all’ignaro delle meccaniche, l’ho terminata in quasi 5 ore. Tuttavia, il gioco presenta un simpatico sistema di sfide che ti consente di sbloccare oggetti e trucchi da un negozio virtuale. Non solo, il titolo presenta due difficoltà nascoste, sboccabili completando ogni volta il gioco alla massima difficoltà in quel momento possibile.
Infine, ogni difficoltà presenta una classifica da scalare per ottenere il grado S, grado che viene assegnato sul numero di salvataggi effettuati e tempo impiegato a terminare il gioco. Ma ci si immerge talmente tanto in Raccoon City che la prima cosa che mi è venuta da fare appena ho completato la trama è stata riavviare una nuova partita. E mentre sto scrivendo sto quasi al termine del secondo – e non ultimo – playthrough.
Insomma, le polemiche sterili al lancio riguardanti la durata sono state soffiate via come la polvere in una giornata ventosa, poiché il titolo offre talmente tante sfide che difficilmente ci si vuole arrendere alla prima partita come se fosse finita lì, e nient’altro.
Componente online
Resident Evil 3 Remake offre anche un’appendice online, intitolata Resident Evil: Resistance. La stessa è in grado di offrire qualche ora di svago a chi, tra una partita e un’altra, vuole interagire con altri giocatori. Il suo stile asimmetrico differisce dai canoni standard della serie, e fa forza sulla base dell’idea di qualsiasi multiplayer: giocare con altre persone.
Se gli altri non giocano ognuno per sé, la modalità è anche divertente. Non solo, la capacità di poter controllare avversari storici della serie quali i Tyrant e altri farà gola a parecchia utenza, e senza dubbio l’idea di giocare a fare i cattivi farà breccia nel cuore di non pochi fan.
In sintesi, la modalità è carina, ma deve essere presa come un’appendice. Resident Evil 3 Remake è al 99% l’avventura di Jill Valentine, e basta.
Commento finale
Resident Evil 3 Remake è un titolo che merita attenzioni e acquisto. Le critiche che gli sono piovute addosso nei giorni precedenti il lancio sono state ingiuste poiché Capcom ha offerto un prodotto sì corto ma curato, con una narrazione solida e un gameplay granitico. Ridurre il tutto alla breve durata della storia non fa bene né al prodotto né a un mercato che – a quanto pare – sembra si stia reindirizzando verso gli open world, lasciando cadere in un ingiusto limbo di indifferenza titoli che certe meccaniche non le offrono a discapito di altre molto più strutturate.
Per fare un parallelismo, Resident Evil 3 Remake offre una durata base simile a Hellblade: Senua’s Sacrifice e – come lo stesso – merita l’acquisto indipendentemente dal prezzo al quale è proposto. Scappare da Nemesis è un po’ come scappare dai problemi. Puoi fuggire dove vuoi, ma non ti sarai mai liberato finché non ti giri e decidi finalmente di affrontarli.