Violenza giovanile, Gordon Brown punta il dito contro i videogiochi

Dove il progresso miete le sue vittime. La violenza giovanile problema grave in Regno Unito.

violenza

La violenza torna da protagonista, questa volta, però, in una coreografia tutta inglese. Le cinque città che tolgono per un attimo dalla menti del mondo l’idea che la violenza sia un primato americano, sono Londra, Liverpool, Manchester, Birmingham e Nottingham. Lo scenario, purtroppo, è quello che dovrebbe avere come soggetto soltanto una festa, il Natale, e a seguirlo il capodanno, legati da quei giorni di allegria che dovrebbero trasmettere in tutti un po’ di serenità. E invece, ciò che ha rovinato i giorni a Gordon Brown, primo ministro del regno unito, e non solo a lui, sono state ancora vittime della violenza gratuita che pare ormai essere diventata quasi innata nei giovani d’oggi. Un “virus” che pare scuotere ogni angolo di questo pianeta. Tre vittime solo il giorno di natale, protagonista assoluto dei decessi, un coltello impugnato da un ragazzo qualsiasi, un ragazzo normale, un ragazzo.

Viene dunque spontaneo, soprattutto ad una carica politica che riveste un così importante ruolo, trovare al più presto provvedimenti da adottare. Ed il primo, seppur ancora solo verbale, non ha tardato affatto ad arrivare. Lo stesso Gordon Brown, infatti, si è lanciato ad accusare il fatto, ingaggiando nel suo esposto, come forse è giusto che sia, i videogiochi e i programmi televisivi, accusandoli di essere, anche loro, responsabili.

A questo punto, però, sarebbe doveroso un esame di coscienza, o almeno una piccola riflessione: sempre più, i mas media e le case produttrici di giochi di tutti i tipi, fanno uso gratuito di violenza, ma, come insegna una delle regole più semplici dell’economia, laddove c’e offerta c’e domanda. E’ difficile pensare che sia la seconda a dipendere dalla prima, tutto è più semplice, invece, se si fa il ragionamento contrario. E’ quindi chiaro e semplice che se i prodotti vengono venduti, è perche qualcuno indubbiamente li compra. Dove sta l’inghippo? Se pensassimo che tutti coloro che si ergono contro la violenza ogni qualvolta accade un fatto di cronaca come questo, siano consumatori che non sono soliti acquistare prodotti del genere, ci renderemmo forse conto che tra i dati sulle vendite qualcosa non quadra, così come analizzando l’audience dei programmi televisivi: numeri troppi esigui per dati cosi vasti!


Ecco che allora facilmente si arriva a delle conclusioni. Forse troppo spesso ci dilettiamo a prendere parte a dibattiti largamente condivisi, purché siano proposti da altri. Ma ciò che manca è forse la capacità propria di distinguere il “bene” dal “male”. Troppo presi forse dalla società del “tanto lo fanno tutti”. E forse troppo deboli, in quanto genitori, per crescere figure forti, con un proprio carattere, d’innanzi alle quali diventino inoffensivi i modelli proposti da questa società. Modelli per i quali mai, nessuno, si è opposto veramente con impegno. Modelli “negativi” per i quali però è sempre esistita una “domanda”, che ne facesse lievitare “l’offerta”. Laddove un progresso, sempre crescente, ne rende incontrollabile lo sviluppo.
Un progresso quindi che dobbiamo essere in grado di affrontare, davanti al quale far valere il nostro libero arbitrio e la facoltà di scegliere, che è solo nostra.
Sono dunque i videogiochi, la causa di tutto? O l’irrazionalità e la debolezza di un essere umano sempre meno indipendente e libero?

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