We Happy Few, la nostra recensione

Una semplice pillola può fare la differenza!

Annunciato nel 2015, la particolare avventura sviluppata dai canadesi di Compulsion Games e pubblicata da Gearbox, We Happy Few, è finalmente disponibile su PlayStation 4, Xbox One e PC. We Happy Few propone un’alternativa alla Gran Bretagna degli anni ’60, dove i media sono rigidamente governati, l’aristocrazia racchiude tutto il valore del paese, e la gente gironzola per la nebbia, attaccando chiunque non si conformi alla loro idea di tradizione e valori. Che mondo fantastico… vero?

I riferimenti ad autori, videogiochi, film ed eventi, si sprecano. Da George Orwell a Aldous Huxley, da Dishonored a Bioshock, da Equilibrium ad Arancia Meccanica, passando per i più recenti eventi che hanno scosso dalle fondamenta la Gran Bretagna. Non fatevi ingannare dalla grafica colorata e vivace, ogni elemento del gioco è pronto a mascherare ciò che veramente è accaduto nel mondo distopico di We Happy Few, offrendo in più di una occasione, uno sguardo ravvicinato di una Gran Bretagna oscura, pessimistica e oppressiva, dove la somministrazione di una pillola (la Gioia), mantiene in piedi l’intero teatrino creato ad hoc.

Uscire dai binari

Il colorato e terrificante We Happy Few è ambientato nel 1964 in una città inglese chiamata Wellington Wells, in cui un “Impero tedesco” non nazista ha vinto la Seconda Guerra Mondiale dopo che l’America ha scelto di rimanere neutrale. Durante l’occupazione tedesca, gli abitanti di Wellington Wells hanno fatto qualcosa di terribile – così terribile che hanno scelto di cancellare i loro ricordi con un allucinogeno euforico chiamato Gioia. Un paio di decenni più tardi, Wellington Wells è uno stato di polizia high-tech, dai mille colori, dove essere un “musone” senza droghe è illegale e ogni cittadino rispettabile sfoggia una maschera permanentemente sorridente. Le infrastrutture della città stanno cadendo a pezzi, una pestilenza sta contagiando i residenti, e la periferia è piena di individui resistenti alla Gioia e malcontenti.

Il personaggio principale del gioco è un impiegato burocratico della censura di nome Arthur Hastings, che si libera della sua finta gioia quando un articolo di giornale gli fa ritornare alla mente alcuni vecchi ricordi, fra i quali il fratello scomparso da tempo. Il gioco è diviso in atti e vede intrecciarsi il vissuto di tre protagonisti con diversi stili di gioco. Dopo aver iniziato con Arthur, si passa alla sua amica d’infanzia Sally Boyle, una farmacista incline ad uno stile furtivo, che sta segretamente (e illegalmente) allevando un bambino e si finisce nei panni di un vecchio vicino di Arthur, Ollie Starkey, un veterano militare che compensa con la forza bruta la mancanza di intelletto. Sebbene, le storie dei tre personaggi si intersecano in svariati punti della trama offrendo anche prospettive alternative sugli eventi della campagna e approfondendo la dinamica distopica, ognuno di essi cerca la redenzione per un particolare evento nefasto che non andremo a toccare per evitare eccessivi spoiler. Ciò che conta è il condiviso desiderio di libertà e di fuga che accomuna i tre, che in un mondo in cui il rimpianto e la tristezza sono alla stregua di un peccato capitale, non saranno affatto banali da raggiungere.

Ecco come sopravvivere

Concepito inizialmente come un’esperienza di sopravvivenza pura, gli sviluppatori hanno lavorato instancabilmente per ampliare la narrativa single player di We Happy Few, in risposta al desiderio del pubblico che ha provato il gioco circa un anno fa in Early Access, di esplorare ulteriormente il mondo del gioco. Di conseguenza, esistono numerosi parametri e meccaniche di gameplay che non si trovano tradizionalmente in un gioco incentrato sull’esplorazione. La fame, il sonno, la sete e la gestione delle ferite sono tutti fattori chiave per la sopravvivenza del giocatore. A livello superficiale queste meccaniche di sopravvivenza in realtà aiutano a concretizzare il realismo, creando un intenso bisogno di tenere costantemente d’occhio i bisogni specifici del personaggio. Un perfetto esempio di questo è lo zucchero nel sangue di Ollie, che deve essere gestito in ogni momento per evitare che possa influire sulla sua salute generale. Tuttavia, dopo ore di bilanciamento di questi particolari parametri, We Happy Few tende costantemente a diventare noioso e a tratti tedioso.

Anche la produzione di oggetti e arnesi utili per il prosieguo dell’avventura, utilizzando gli elementi trovati nell’ambiente di gioco, si rivela una costante fatica. Passi la realizzazione di unguenti, kit curativi, grimaldelli, ciò che spesso potrebbe portarci ad affrontare situazioni complicate, e la necessità di dover creare vestiti unici per mantenere la coerenza con ogni nuova area che stiamo visitando. Se gli abitanti del posto percepiscono che qualcosa non va, che si tratti di un capo di abbigliamento troppo sofisticato per quel luogo o di giocatori che agiscono come se non avessero preso la consueta dose di gioia, immediatamente attirerà la loro attenzione che si manifesterà in un crescendo di odio e violenza. Una volta però che i giocatori hanno assunto la pillola di Gioia o inavvertitamente hanno bevuto da un rubinetto d’acqua contaminato dalla particolare sostanza chimica, l’intero mondo tetro, ostile, distopico e chi più ne ha più ne metta si trasforma completamente. È quasi come se andassimo ad osservare il tutto da un negativo fotografico, solo che si vede qualcosa di molto più positivo. L’impatto è talmente notevole che il personaggio sullo schermo comincerà a roteare allegramente le braccia per esagerare i movimenti. Solo le persone felici lo fanno, giusto?

Drogarsi si, ma senza esagerare

I personaggi, anche sotto l’effetto di droghe, mantengono ancora intatta la loro intelligenza. Si rendono conto di tutto ciò che sta succedendo e devono, in più di una occasione, affrontare anche la graduale scomparsa degli effetti del farmaco, comprese allucinazioni, visione offuscata e persino vomito. Prendere la Gioia non è qualcosa che dovrebbe essere fatto alla leggera, in quanto può anche avere un impatto a lungo termine. Infatti, assumere troppa Gioia, potrebbe portare a reazioni esagerate che non staremo qui a raccontarvi. Basta ricordare di non abusare della particolare pillola, in quanto le dosi si andranno a cumulare l’una con l’altra. Fate attenzione!

Un Combat System da lasciare perplessi

Non potevamo non parlare, seppur brevemente, del sistema di combattimento. Un po’ alla Dishonored se proprio dobbiamo fare un paragone, ma molto meno “sofisticato”. La meccanica di combattimento ruota esclusivamente intorno ai pugni, ci saremmo aspettati che il sistema fosse molto più strutturato e snello. A schermo abbiamo una barra di energia, che si consuma rapidamente (anche quando corriamo) e si ricarica piuttosto lentamente, limitando il numero di colpi o parate che possono essere eseguiti in un certo lasso di tempo. Il tutto quindi si limita a parare al momento giusto, contrattaccare con un gancio destro o uno spintone e attendere che la barra, una volta esaurita, si ricarichi. C’è da dire che non si ha mai la sensazione di avere il pieno controllo, considerando anche che i colpi spesso o vanno a vuoto o non offrono un chiaro feedback se il nemico abbia subito o meno un danno. Purtroppo, questo non migliora molto quando vengono introdotte le armi. Tutte le armi subiranno rapidamente danni e si degraderanno nel tempo. Proprio quello di cui avevamo bisogno, un altro elemento da tenere costantemente in considerazione se non vogliamo trovarci in seria difficoltà al momento meno opportuno. La cosa simpatica (o forse no) è che i nemici prediligeranno l’attacco corpo a corpo, nonostante abbiano dei moschetti in mano. Una meccanica non sicuramente realistica che sinceramente non riusciamo proprio a capire.

Ulteriore elemento di confusione, manco avessimo fatto noi abuso di stupefacenti, è che in diverse occasioni, magari dopo essere usciti miracolosamente vincitori da un combattimento all’ultimo sangue, continuiamo a sanguinare copiosamente, non riuscendo a curarci in tempo e morendo miseramente. Non ci aiuta molto neanche la mediocre funzione di auto-salvataggio (che vi consigliamo di ignorare a favore di un salvataggio manuale), che nella stragrande maggioranza delle volte in cui siamo dipartiti prematuramente ci costringerà a rigiocare daccapo l’intera battaglia.

Un mondo di colori

Graficamente We Happy Few si presenta in maniera altalenante. Gli sviluppatori si sono palesemente ispirati al pluripremiato Bioshock, realizzando un sano mix di esplorazione, furtività e mazzate. La scelta di ricercare il giusto bilanciamento fra realismo e grafica in stile cartone, funziona. We Happy Few eccelle significativamente per quanto riguarda gli ambienti di gioco.  Le impostazioni scure e tetre si trasformano completamente sotto gli effetti della droga in un meraviglioso alternarsi di arcobaleni psichedelici e rose. L’atmosfera inquietante è fondamentale per rendere credibile il passaggio. Tutto, dall’aspetto fisico degli NPC al modo in cui interagiscono, sarà trasformato all’istante. Purtroppo, dobbiamo segnalare una serie di problemi sul fronte tecnico. Nella versione da noi testata (PlayStation 4 Pro) ci sono stati alcuni cali di frame rate abbastanza fastidiosi, così come alcuni problemi di compenetrazione e i caricamenti sono piuttosto lunghi.

Il gioco presenta soltanto i sottotitoli in italiano, mentre i dialoghi rimangono in lingua originale. Da segnalare alcune problematiche relative ai sottotitoli, in particolar modo è capitato in svariate occasioni che i sottotitoli non comparissero o che la traduzione a schermo restasse in lingua anglosassone. Nulla di particolarmente problematico sia chiaro, ma che a nostro avviso non dovrebbe proprio accadere. Di buona fattura le musiche che ben si adattano allo stile di We Happy Few.

We Happy Few
6.5 / 10 4News.it
Acquista suAmazon.it
Disponibile suPS4, XBOX One, PC
Pro
    - La Gioia cambia radicalmente la percezione degli ambienti di gioco
    - Narrativamente convincente
    - Periodo storico e ambientazioni intriganti
Contro
    - Il combattimento risulta essere sciatto e impreciso
    - Molte delle meccaniche di sopravvivenza sembrano superflue
    - Qualche bug di troppo
    - Graficamente si poteva fare di più
Riassunto
We Happy Few è un gioco unico nel suo genere. È dotato di ambienti meravigliosi, una buona colonna sonora, umorismo contorto e una storia a tratti magnetica. Soltanto per queste caratteristiche meriterebbe un elogio. Purtroppo, a non convincere è proprio il gioco in se, che risulta essere poco brillante, con un Combat System bruttino, meccaniche stealth soltanto abbozzate e una IA deficitaria. A quanto pare Compulsion Games ha osato troppo, e il risultato finale non ci ha convinti. La sensazione che abbiamo avuto è stata quella di trovarci di fronte a un titolo che, nonostante i tre anni di accesso anticipato, necessitasse di un altro po' di tempo per essere ottimizzato al meglio. Allo stato attuale, We Happy Few è soltanto una buona avventura che si è persa nella sua stessa ambizione.
Gameplay
Grafica
Sonoro
Longevità
Giudizio finale

Se questo articolo vi è piaciuto, supportateci iscrivendovi ai nostri social:
YouTube | Telegram | Facebook | Gruppo FB | Twitch | Twitter | Instagram

Seguici sui nostri social media



PRO


CONTRO

Riccardo Amalfitano
Riccardo Amalfitano
Videogiocatore sin dalla "tenera" età, amante anche di manga, cinema e serie TV. Ho dimenticato qualcosa? Sicuramente!

2 Commenti

  1. Quindi il riassunto è: un titolo dal gameplay noioso che non convince e pieno di bug ma con una storia carina, diamogli un 7.5

Rispondi

Ultimi Articoli

Related articles

Follow us on Social Media