Recensione Homefront: The Revolution

Che la rivoluzione abbia inizio.

Versione testata: PlayStation 4.

Seguendo le orme di Kaos Studios e Digital Extremes, sviluppatori del primo capitolo uscito cinque anni fa, Dambuster Studios in collaborazione con Deep Silver si è dedicata alla realizzazione del secondo capitolo, tale Homefront: The Revolution, acquisendo i diritti della serie per cercare di proporla sotto nuove spoglie e rinnovarla. Ricordiamo che il primo Homefront riuscì, nonostante le varie polemiche e i dubbi nati sia per la campagna pubblicitaria sia per i temi trattati, ad ottenere comunque un discreto successo, chiaramente non dei migliori ma di sicuro non tralasciabile (QUI trovate la nostra recensione, ancora nella vecchia “struttura” di anni fa). Ma quando una IP passa da uno sviluppatore ad un altro, c’è sempre il rischio che le idee del “nuovo arrivato” vadano a modificare troppo una serie e che questa, soprattutto se già non era partita molto bene, finisca per fare definitivamente un brutto salto nel dimenticatoio. Alla luce di ciò, i ragazzi di Dambuster Studios saranno stati in grado di sviluppare un titolo interessante capace di soddisfare le aspettative? Scopritelo con la nostra recensione.

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Dall’oppressione nasce la speranza

Non mi soffermerò molto sulla trama, che forse è la parte “meno deludente” del gioco, per evitare di fare troppi spoiler, perciò vi darò una breve infarinatura per darvi modo di capire per lo meno in quale contesto storico in cui è ambientato il gioco. 

In un futuro dove l’America sarà preda di una gigantesca crisi economica, la Corea del Nord approfitterà di questa occasione per sottometterla al suo dominio e privarla dell’indipendenza. Nasce così la sottomissione Nord Coreana. Ogni regime dittatoriale votato alla violenza ed all’oppressione crea di conseguenza un movimento ribelle a questo sistema, scatenando una vera e propria guerra civile interna. Qui entreremo in scena noi, che grazie alla Resistenza cercheremo di risanare una Philadelphia ormai corrosa e calpestata da questa dittatura coreana. Sotto questo punto di vista, Homefront: The Revolution centra in pieno il bersaglio, riuscendo nell’intento di mostrare un mondo tetro e in decadimento facendo leva su una situazione che propone una realtà alternativa, seppur decisamente utopistica. Lo sviluppatore riesce comunque nell’obiettivo di instillare un desiderio di “rivoluzione” nel giocatore.

Qualcosa di nuovo?

Per quanto riguarda il gameplay, con rammarico devo ammettere che il gioco non porta con sé assolutamente nulla di nuovo; anzi, in certi aspetti regredisce rispetto alla qualità media di altri titoli dello stesso genere. E per andare nello specifico, sto parlando della tanto trascurata Intelligenza Artificiale, che potrebbe essere riassunta in un’unica ma significativa parola: stupida. Tutti i personaggi presenti nel gioco, che ci crediate o meno, devono avere qualche strano deficit, a livelli simili se non peggiori di quelli visti in Crysis 2. In ambito I.A., riesce a cavarsela un po’ meglio alle difficoltà più elevate, ma questo non giustifica quanto scritto poco fa.

Esclusa questa (grande) pecca, il gioco in sé non soffre di grosse mancanze, ma la tematica della rivoluzione poteva essere un pretesto per introdurre qualche nuova, interessante meccanica di gioco, e invece Dambuster Studios non propone alcuna novità. Ironicamente, proprio per questo Homefront: The Revolution delude: nel suo intento di non risultare troppo di nicchia ma, come per gli altri FPS, cercando di accaparrarsi una vasta fetta di utenza seppur proponendo elementi “differenti”, è finito con l’inciampare nelle sue stesse scarpe, ottenendo un risultato inferiore agli altri titoli che voleva imitare.

Il sistema di crafting è il medesimo presente in molti altri giochi del genere che lo adottano, basato quindi sul ritrovamento e sull’utilizzo di materiali per creare armamenti di supporto utili al compimento delle missioni. Lo stesso vale per le armi, acquistabili e potenziabili tramite dei mercanti posizionati in vari punti presenti nella mappa. A completare questo quadro mediocre, inoltre, si aggiunge una stancante ripetitività delle missioni, per nulla piacevoli ed abbastanza ovvie. Forse ciò che le rende meno pesanti è il fatto che lo sviluppatore abbia implementato una buona modalità cooperativa, pertanto posiamo fare gruppo con alcuni amici per dare un po’ più di brio alla Resistenza.

“Adagiarsi sugli allori”

In questa parte della recensione voglio soffermarmi maggiormente su quanto ho già accennato nel paragrafo precendente, ovvero la totale mancanza di qualsiasi tipo di innovazione. Non è nuovo che le case sviluppatrici siano sempre meno disposte a portare nuove meccaniche nei futuri videogiochi, e anche se non faccio nomi praticamente tutti sapete a quali studi in particolare mi sto riferendo. In questo senso, sembra che anche Dambuster Studios, nella paura di proporre qualcosa di innovativo e rischiare di fallire in questo passo, abbia direttamente deviato dalla “via della distinzione”, preferendo una strada decisamente più battuta.

Certo, sarebbe potuta andare anche peggio, ma tentare per lo meno di discostarsi da altri colossi del genere non sarebbe stata un’idea così malvagia; proseguendo per la strada intrapresa, invece, Dambuster Studios è andata inevitabilmente a “scontrarsi” con altri colossi del genere e, in questo caso, le probabilità di farsi notare sono molto basse, soprattutto se non si offre nulla di innovativo. Questo non significa affatto che il gioco stia avendo più disapprovazione del dovuto e sia da buttare, tutt’altro, ma la concorrenza attuale è vasta e spietata e in pochi decidono di buttarsi su qualcosa di “nuovo”.

HTR screen

Un ulteriore buco nell’acqua

Il Cry Engine è probabilmente uno dei motori grafici più imponenti di sempre, capace di dar vita a “perle visive” come la serie di Crysis, capostipite e punta di diamante proprio di questo engine, oppure il più recente Ryse: Son of Rome. Nonostante Homefront: The Revolution si basi su questo motore dalle enormi potenzialità, non si può affatto dire che raggiunga i livelli tecnici dei titoli prima menzionati: innanzitutto, il gioco soffre la presenza di parecchie textures a bassa risoluzione affiancate a quelle in alta risoluzione. Ma la nota dolente dell’intero comparto tecnico non è questa, bensì una ancora peggiore: sebbene la versione testata sia su console, PlayStation 4 nello specifico, il frame rate è a dir poco ridicolo, non per il fatto di essere bloccato a 30 fps, ma per i pesanti cali che si aggirano attorno ai 20 fps. Generalmente, in ogni caso, i frame per secondo non vanno oltre i 25-27 stabili, e questo è sinonimo di una pessima realizzazione tecnica del tutto ingiustificabile, poiché come accennato poco fa il titolo non è un gioiello grafico.

Inoltre, non di rado si verificano svariati bug che impediscono addirittura la prosecuzione della partita stessa, costringendoci a dover letteralmente ricaricare l’ultimo salvataggio nella speranza di aver risolto il problema. Nel mio caso in particolare mi è capitato di caricare una partita e di restare bloccato, in grado solamente di muovere la telecamera.

Ultima ciliegina sulla torta (si intuisce che non è in senso positivo?) sono i caricamenti decisamente troppo lunghi, in quanto si parla di almeno 40 secondi in media, e assolutamente spiacevoli per l’esperienza del giocatore. Ma voglio darvi anche una buona notizia: secondo recenti notizie, sembra che Dambuster Studios sia al lavoro per eliminare o correggere le varie carenze tecniche del titolo – fortunatamente. Insomma, come ormai di moda, i giochi si terminano a suon di patch, magari di dimensioni bibliche. Ed è un peccato che questo capitolo di Homefront abbia avuto questa sorte, perché l’idea di renderlo come open world non è affatto male, ma lo sviluppatore ha giocato molto male le sue carte.

Commento finale

Homefront: The Revolution è una buona occasione sprecata e difficilmente verrà ricordato positivamente dalla maggior parte dei giocatori. Certo, non è sicuramente un titolo da cestinare direttamente, ma il fatto di non vantare nulla di innovativo né tantomeno un comparto tecnico decente lo penalizza praticamente sotto ogni punto di vista. Ed è un peccato, perché propone un contesto interessante e ben ispirato basato sulla decadenza di una delle superpotenze mondiali, la cui unica speranza è, come dice il titolo stesso, una rivoluzione messa in atto dalla Resistenza. Le probabilità che il gioco di Dambuster Studios ha di emergere in un mercato spietato come quello attuale sono veramente basse, e l’unico modo per tentare in questa azione era appunto l’introduzione di meccaniche di gioco innovative. Insomma, Homefront: The Revolution potrà sicuramente piacere ai fan del genere che non sono particolarmente esigenti e che, una volta tanto, vogliono provare qualcosa di leggermente “diverso” dal solito, magari cooperando con altri amici per incrementare il divertimento. Diversamente, non c’è alcun motivo per cui un affezionato di altri FPS debba passare a questo gioco, e seppure sia cruda, questa è la verità.

Pro Contro 
– Contesto futuristico interessante
– Buona personalizzazione di armi e personaggi
– Missioni ripetitive

– Pessima realizzazione tecnica

– Intelligenza Artificiale al di sotto degli standard attuali
– Nessun tipo di innovazione a livello di gameplay
  Voto Globale: 55 
 
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