The world is full of stories, and from time to time they permit themselves to be told.
Versione testata PlayStation 4
Forse non tutti sanno che le prime tracce di Prey risalgono a quasi un ventennio fa. Infatti il primo capitolo della serie con il sottotitolo A Talon Brave Game è stato inizialmente annunciato dalla 3D Realms nel 1995. I primi concetti furono sviluppati da Tom Hall (noto principalmente per Commander Keen, Wolfenstein 3D e per aver fondato id Software con i colleghi John Romero, John Carmack, e Adrian Carmack), insieme al suo team Developers of Incredible Power, con il quale aveva da poco terminato Rise of the Triad; la trama, sebbene appena abbozzata, prevedeva il rapimento del protagonista, chiamato Talon, da parte di una razza aliena.
Dopo un anno e mezzo di lavoro il progetto era ormai arrivato ad un buon punto, tanto che in alcune interviste lo stesso Tom Hall si dichiarò speranzoso di terminare il gioco entro le festività natalizie del 1996; ma in agosto, le cose presero una piega diversa, infatti l’ideatore di Commander Keen lasciò la 3D Realms e buona parte del team presentò la lettera di dimissioni. 3D Realms decise allora di ingaggiare Paul Schuytema, che introdusse l’idea di un’ambientazione su un enorme astronave aliena e successivamente, l’elemento cardine del gioco rappresentato dai portali. Tra il 1997 e il 1998 furono pubblicati diversi video, che mostravano l’avanzato stato di sviluppo del motore grafico. Purtroppo, come testimoniato dal programmatore William Scarboro, vennero alla luce degli enormi problemi tecnici che riguardavano la realizzazione stessa dei portali. Tale problematica portarono sia Paul Schuytema che lo stesso Scarboro, ad abbandonare il team.
Nel novembre 1998 fu ingaggiata Corrinne Yu; le intenzioni di 3D Realms erano di farle scrivere un nuovo, moderno motore grafico da utilizzare in Prey, ma la programmatrice venne licenziata dopo poco più di un anno. Da quel momento, il progetto venne praticamente accantonato e dimenticato per diversi anni. Soltanto nel 2001, 3D Realms, rispolverò il progetto, prese in licenza il motore grafico alla base di Doom 3 e affidò il lavoro alla Human Head Studios la quale è riuscita a pubblicare il gioco completo nel 2006.
Diciamo che la stessa sciagurata sorte è toccata all’attuale Prey, il quale era stato inizialmente concepito come sequel e che invece si è trovato ad essere bloccato in corso d’opera per poi essere addirittura cancellato nel 2014. Soltanto nel corso dell’E3 2016, Bethesda Softworks in collaborazione con Arkane Studios (Dishonored) ha annunciato Prey come rivisitazione del gioco originale. Tutto questo travagliato lavoro è davvero valso la pena? Scopritelo nella nostra recensione di Prey!
Qualcosa di nuovo, qualcosa di vecchio
La trama di Prey ricorda molto un’opera sci-fi mista ad elementi horror, misteriosi e surreali. Talos I è una stazione di ricerca che orbita intorno alla Luna, a circa 385000 chilometri dalla Terra, dove l’attività umana ha richiamato decenni prima l’attenzione dei Typhon, una razza aliena antropomorfa dotata di particolari poteri. Acquisita dalla TranStar Corporation, tecnici e scienziati studiano da vicino la composizione molecolare dei Typhon organismi alieni pericolosi e ostili con l’obiettivo di produrre i Neuromod, degli innesti cerebrali che permettono di assorbire i poteri dei Typhon e migliorare le capacità dei soggetti in cui vengono impiantati.
All’interno di Talos I, da suo fratello Alex, si risveglia il ricercatore Morgan Yu. Durante una serie di test iniziali qualcosa va storto e uno degli scienziati viene attaccata da un Typhon fuori controllo. Morgan scoprirà che i sistemi di contenimento dei soggetti sperimentali hanno fallito, e i Typhon hanno infestato tutte le divisioni della struttura. Come nere metastasi di materiale alieno si estendono negli hangar di carico e nelle sale del supporto vitale. I loro corpi fibrosi assomigliano a neuroni marcescenti; si muovono a scatti, e riescono ad agire sull’etere psicoattivo per cambiare la percezione che il cervello umano ha di loro, apparendo come innocui oggetti comuni. I Neuromod hanno in qualche maniera interferito con la memoria di Morgan. Il protagonista deve procedere a tentoni, tentare di ricostruire l’accaduto, capire se fidarsi del fratello Alex o delle intelligenze artificiali, a guidarlo verso la verità sarà l’operatore robotico January, programmato dallo stesso Morgan, mentre Alex proverà a fornire una propria versione dei fatti.
Dopo aver selezionato il sesso del nostro protagonista, sin dai primi istanti di gioco, soprattutto se avete giocato ad una delle serie meglio riuscite degli ultimi dieci anni: BioShock, avrete quella strana sensazione di dejà vu come se foste a casa vostra e quindi di aver già esplorato i vari corridoi e le stanze che compongono Talos I. Nulla è lasciato al caso e tutto ciò che ci circonda, oltre alla notevole struttura narrativa proposta da Arkane Studios ci darà un senso di immedesimazione che mancava veramente da tantissimo tempo. I diversi finali sbloccabili non saranno altro che il risultato delle nostre azioni e decisioni, il che oltre a fornirci interessanti spunti, ci “costringe” a rigiocare Prey dopo averlo terminato. Per tale motivo è difficile quantificare la durata del gioco, perché su Talos I ci sono veramente tantissime cose da fare e non vi stancherete mai di farle, anzi ne vorrete sempre di più, di più e ancora di più.
Dimenticatevi dei vari Doom e dei Wolfenstein: The New Order o Old Blood che siano, qui siamo veramente lontani dagli sparatutto classici e convenzionali che negli ultimi tre anni sono ritornati prepotentemente alla ribalta e al successo di pubblico come non si vedeva da anni. Certo, in Prey non mancano le sezioni di shooting ma non rappresentano la componente portante dell’intera produzione ed infatti non è neanche quella meglio riuscita, risultando piuttosto rigida e poco precisa quando per forza di cose dovremo farci strada a suon di pallottole fra i Typhon che cercheranno di metterci i bastoni fra le ruote.
L’esplorazione diventerà un fattore importantissimo e irrinunciabile indipendentemente dal vostro stile e approccio di gioco; grazie ai file audio, alle mail leggibili sui vari terminali accessibili, documenti di varia natura e anche estratti di libri e pubblicazioni scientifiche si andrà piano piano a delineare una struttura narrativa solida e soprattutto fresca e interessante lasciando ad ogni singolo giocatore quella libertà di interpretare le cose come meglio crede. Inoltre, ritrovandoci inizialmente armati di una grossa chiave inglese, oltre ad avere quella sensazione di essere praticamente inermi dinanzi alla minaccia incombente, saremo costretti ad aguzzare l’ingegno e l’inventiva per proseguire nel nostro cammino verso le risposte che stiamo cercando. Ogni risorsa, ogni componente che riusciremo a raccattare avrà un suo preciso utilizzo e la gestione oculata del nostro inventario rappresenta la sottile linea tra il sopravvivere e il fare una brutta fine.
Le risorse accumulate potranno essere utilizzate per crearne di nuove. Infatti sparsi per Talos I ci sono i riciclatori di materiali, che permettono di inserire elementi apparentemente inutili per modificarli e ottenere invece componenti di fondamentale importanza. A loro volta questi, dovranno essere utilizzati nell’assemblatore di materiali, ovvero un macchinario che Morgan può utilizzare per costruire armi, munizioni, equipaggiamenti e un inventario più capiente. Quindi ogni volta che vi troverete davanti ad un riciclatore e ad un assemblatore, perdete qualche minuto per risistemare il vostro inventario e creare ciò che vi serve.
Inoltre, la presenza dei Neuromod, recuperabili girovagando negli intrigati corridoio di Talos I, permetteranno di migliorare talune capacità del nostro “confuso” protagonista. Le skill tree disponibili sono: Scienza, Ingegneria e Sicurezza. Nella prima rientrano: Medico e Hacking; avremo la possibilità di migliorare innanzitutto la nostra salute ma anche la conoscenza medica del protagonista che gli garantirà una serie di utili bonus. Potremo migliorare le capacità di hacking del buon Morgan, in modo tale da rendergli un po’ più semplice la vita, aprendo serrature altrimenti inaccessibili e casseforti contenenti preziose e utilissime risorse.
Naturalmente nessuno vi vieta di andare in giro a spulciare i vari documenti per ricercare un determinato codice o una combinazione che vi verrà richiesta. In Ingegneria avremo: Sollevamento, Riparazione, Esperto in Materiali e Impatto Calibrato; potenziando tali attributi, sarà più facile non soltanto gestire le risorse disponibili ma interagire con l’ambiente di gioco e con oggetti di varia natura. Infine in Sicurezza avremo: Armi da Fuoco, Condizionamento, Focus Combattivo e Furtività. Non c’è bisogno di particolari spiegazioni, in quanto oltre a dipendere molto dal vostro approccio di gioco e dallo stile comunque prescelto, vi andranno a migliorare tutta la componente combattiva, di velocità dei movimenti e di rilevamento da parte del nemico.
Sebbene vi sia la possibilità concreta di migliorare le caratteristiche e le abilità disponibili, non ci sarà mai quella sensazione di confidenza con i movimenti e le dinamiche di gameplay inserite da Arkane Studios. Purtroppo i comandi risultano essere fin troppo legnosi e sebbene l’input lag su console sia stato migliorato tramite una patch correttiva, continua a rivelarsi a tratti frustrante e inoltre si noteranno piccoli movimenti anche se non stiamo facendo praticamente nulla, tanto da avermi fatto pensare che ci fosse qualcosa che non andava nel mio Dualshock 4.
Considerando che in diverse situazioni non riusciremo bene a capire come affrontare i nemici nel migliore dei modi, ritrovandoci ad essere presi alle spalle o a non riuscire a colpire, se non dopo svariati colpi, i velocissimi Typhon, è comprensibile come un miglior sistema di gestione di tali dinamiche sarebbe stato apprezzato di più. L’intero sistema soffre enormemente nelle situazioni più concitate di gioco, rendendo l’approccio confuso e deludente. Mi è capitato svariate volte di fare una brutta fine senza aver ben capito quale sia stata la dinamica degli eventi. Ed è per questo che Prey non può essere approcciato come uno sparatutto qualsiasi, ma richiederà una certa pratica nel gestire i vari comandi e di analisi delle situazioni che ci si porranno dinanzi.
I Neuromod se gestiti nel modo giusto, oltre ad obbligarci ad interpretare il gameplay in una determinata direzione, risulteranno essere molto utili in diverse situazioni altrimenti piuttosto ardue da affrontare. Prey spinge quindi il giocatore a sperimentare e a non limitarsi ad un singolo approccio; anzi è richiesta la capacità di adattarsi alle specifiche situazioni e ad alternare fasi più finalizzare all’azione vera e propria, ma realmente fluide e appaganti, a dinamiche stealth mai perfettamente azzeccate ma utili se si vuole evitare lo scontro frontale con i nemici fino ad arrivare a situazioni che richiedono di essere più ponderati per poter essere gestite adeguatamente. Questo bilanciamento, unito al sistema di crafting, comunque ci fa apprezzare il lavoro svolto da Arkane Studios, anche se, a costo di risultare noioso, i comandi potevano essere gestiti meglio.
Mimic
Dal punto di vista puramente tecnico c’è da dire che il passaggio dal vecchio motore grafico Void al CryEngine c’è e si vede. Lo stile grafico è comunque riconoscibile e non si discosta particolarmente da quello dell’ultimo e ottimo Dishonored 2. Persistono determinati difettucci, ad aree ben realizzate, sia per estensione e sia per level design si alternano elementi un po’ bruttini da vedere e texture in bassa risoluzione. C’è comunque da dire che Bethesda non ha mai ricercato una grafica ai limiti del fotorealismo e quindi anche in Prey il comparto grafico va bene così com’è e funziona davvero alla perfezione, offrendo in talune circostanze, anche degli scorci memorabili.
La difficoltà media è davvero impegnativa in quanto l’intelligenza artificiale dei nemici è finemente realizzata, rendendoli il più delle volte imprevedibili nei movimenti e nell’approccio che avranno vedendoci. La versione da noi testata PlayStation 4 si è dimostrata molto stabile in praticamente tutte le situazioni, riuscendo a gestire un grande quantitativo di elementi a schermo senza alcuna incertezza. Bellissima la colonna sonora, realizzata dal compositore di Doom, la quale sembra essere quasi un inno all’esplorazione e alla scoperta. Superbo il doppiaggio in italiano il quale risulta essere praticamente perfetto in ogni dialogo. Nota negativa alla gestione dei caricamenti, non tanto a seguito dell’immancabile game over ma nel caricamento fra una lobby di Talos I e l’altra.
- - Trama profonda e convincente
- - Diversi approcci disponibili
- - Longevità elevata
- - Non è per tutti
- - Caricamenti eccessivi
- - Comandi un tantino legnosi